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 2014  maggio 07 Mercoledì calendario

ENRICO MENTANA – QUESTA VOLTA MI CONFESSO IO


Enrico Mentana, lei è uomo di successo, direttore del Tg di La7 e considerato uno dei giornalisti più autorevoli del Paese, si ritiene una persona felice? «Conosco la serenità dell’animo e ho la predisposizione a essere felice. Ma la vita stessa è fatta di gioie e dolori. Il mio privato è fatto di tanti figli (Giulio e Vittoria, avuti dalla moglie Michela Rocco di Torrepadula, Stefano e Alice, da precedenti relazioni, ndr), e il privato, per uno come me, che sono un volto conosciuto, non lo padroneggi in alcun modo. Anche perché non sono da solo, ma coinvolto con altre persone. Inevitabilmente si finisce in piazza».
La vita di Enrico Mentana negli ultimi anni racconta due parabole. Una fatta di gioia e successi (i numeri del Tg di La7 testimoniano una scommessa vinta), l’altra di dolore. La relazione con la moglie Michela Rocco di Torrepadula si è consumata da anni, ed Enrico vive una serenità ritrovata (nell’ultimo anno è stato sempre più vicino alla collega Francesca Fagnani), ma la moglie non perde occasione di “sparare” su Twitter contro di lui, spesso definendolo un padre assente, e contro chiunque gli stia accanto. «Faccio un punto d’onore a non partecipare a bagarre sui social. Ho sempre amato discutere tra le mura di casa. La vita privata ti possiede, non la padroneggi, soprattutto quando hai di fronte qualcuno più debole di te. Giornali e siti scrivono la qualunque. Non sarò io a dire chi ha torto o ragione».
Domanda. Direttore, lei si reputa un buon padre?
Risposta. «Amo i miei figli, sono la mia ragione di vita. Quantitativamente non sono stato un padre eccellente, ma qualitativamente sì».
D. Ha lasciato Twitter per evitare scontri privati?
R. «Twitter mi aveva coinvolto. Era diventato un lavoro e io di lavoro, tra Tg, radio e riviste, ne ho in abbondanza. Non stimo, però, chi si celebra sui social e non sopporto chi li usa per insultare».
D. Notizia di queste ore: Paolo Ruffini ha lasciato la direzione di La7 per Tv2000. Si sussurra che Mentana prenda sempre più potere.
R. «Sussurri inutili. Io faccio il Tg e mi occupo degli speciali. Non è vero che ho più voce in capitolo di altri. Santoro, Gruber e Formigli lavorano in completa autonomia. Lo chieda a loro».
D. Mentana è grillino o renziano?
R. «Dipende dalla stampa. Di solito la mattina scrivono che patteggio per Beppe e il pomeriggio per Matteo. Favole. La politica non è sudditanza o amicizia. Io, per esempio, ho intervistato Grillo per puro caso. Quel giorno avevo previsto una puntata di Bersaglio Mobile con Matteo Renzi, ma all’ultimo è saltata. Così ho alzato il telefono e ho chiesto a Grillo se avesse voglia di venire in studio, mi ha detto di sì. Nessuna dietrologia o patti segreti, come hanno scritto».
D. Silvio Berlusconi come lo vede?
R. «Lo vedo ancora in rodaggio. Oggi Berlusconi nelle sue prime uscite in tv non ha la forza di ribaltare il pronostico, ma lo conosco da un quarto di secolo: è un uomo capace di tutto. Il suo errore è stato non aver cresciuto un delfino. Un vero peccato. Anzi il delfino di Silvio è proprio Renzi».
D. Ci spieghi, per cortesia.
R. «Matteo è il leader del suo partito, come Silvio. Ci mette la faccia, come Silvio. Fa comunicazione politica in prima persona proprio come Silvio. Sono convinto che l’ex premier lo veda come una sua reincarnazione dall’altra parte. Renzi è un giovanotto che parla diretto e che si è laureato in politica studiando Berlusconi».
D. Renzi è l’ultima carta da giocare per salvare l’Italia?
R. «Sì. Se dovesse fallire, sarebbe un disastro. Ha voglia di vincere, coraggio e spregiudicatezza. Può risollevare il Paese, ma non sappiamo se sarà in grado di farlo. L’alternativa? Si chiama Grillo».
D. Grillo che ruolo giocherà in questa partita?
R. «Rappresenta un movimento che ha una sua radice. Ha creato un fenomeno di importanza mondiale, con numeri stratosferici. Ricorda la prima Lega Nord. Nel mio Tg ho trattato il Movimento 5 Stelle con equità. Al contrario invece di chi crede che non se ne debba parlare. Bel concetto di giornalismo e democrazia».
D. Cambiamo argomento: la sua Inter. Il nuovo presidente Thoir le ispira fiducia?
R. «Tohir fisicamente non è Clint Eastwood o George Clooney, passare dalla Madonnina a Giacarta è stato un colpo duro. Ma credo ancora nei miracoli, essere interisti vuol dire anche questo».