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 2014  maggio 07 Mercoledì calendario

VI SPIEGO PERCHE’ NON MI PIACE IL PAPA PIACIONE

Giuliano Ferrara non ama le presentazioni di libri, «tanto meno i miei». Però al Salone di Torino ci sarà, domani, giorno di aper­tura, guest star di un evento che, come i festival e le varie ker­messe dei consumi culturali, tende a evitare. Comunque, un anno fa accadde che il direttore del Salone di Torino, Ernesto Ferrero, indirizzasse al Foglio una lettera di simpatica lode al video di Ferrara travestito da Boccassini che canta Bella fi­glia dell’amore, dal Rigoletto di Verdi. «La cosa – un intellettua­le einaudiano che loda una pa­rodia scostumata del direttore del Foglio – mi lusingò tanto che gli telefonai per ringraziarlo di­cendogli che ero a sua disposi­zione per l’eternità...». Furono sufficienti pochi mesi. E Ferrero lo invi­tò al Salone, a scatola chiusa, per un one-man-show. «Poi da Piemme uscì il mio libro, o me­glio, mio e dei due cattolici tra­dizionalisti Gnocchi e Palma­ro, Questo Papa piace troppo, e dissi va bene, vengo a parlare del libro». E, solo dopo, arrivò la notizia della Santa Sede ospite del Salone. «Così per uno di quei casi che gli anglosassoni chiamano di serendipity, mi ritrovo senza volerlo a parlare nel posto giusto del libro giu­sto».
O meglio, del libro sbagliato.
«Insom­ma... Le tesi che sostenia­mo non sono eretiche. Pe­rò è vero che fra quaranta libri dedicati al Papa che escono ogni settimana, il nostro è l’uni­co al mondo­che può pia­cere o meno, sia ai tradizio­nalisti sia ai laici – in cui si critica Papa Francesco. Mentre tutti gioiscono per la Chiesa che finalmente ha ritrovato il suo Francesco, il Papa dei pove­ri, il Papa liberale, il Papa che sta trasformando il mondo... Mentre tutti lo osannano facen­dogli aria coi flabelli sulla sedia gestatoria, che intanto è diven­tata una Ford Focus, un po’ da clandestino dentro al Salo­ne dirò qual­cosa di diver­so».
Perché da clandesti­no? Ferrero dice che sarai la star.
«Mah, gli inserti culturali del­l’ultimo fine settimana hanno parlato di tutti gli ospiti, tranne me. Ma lo dico per divertimen­to, non con risentimento. E non andrò a Torino a fare il pro­vocatore. E poi non è vero che Papa Francesco non mi pia­ce...».
Ti piace, ma non ti piace che ad altri piaccia troppo.
«Non mi piace che il Papa venga lodato dagli opinion leader del mondo perché a lui pos­sono chiedere un cristianesi­mo senza conseguenze. Dico­no: siamo tutti parte di un uni­verso in cui c’è anche l’annun­cio di Gesù, e anche noi non cre­denti o scristianizzati, possia­mo partecipare, ma senza trop­pi sacrifici, senza rinunce, senza perseguire fini santi».
E tutto con la Sua benedizio­ne.
«Appunto. Vedi: uno può cri­ticare il Papa dal punto di vista del mondo, che negli ambienti secolari non ama i Papi... Pio XII e le ambiguità col nazismo, Wojtyla come crociato antico­munista, Ratzinger come Pan­zerkardinal...
Chi diceva que­ste cose era premiato, era l’al­fiere della libertà. Ma non si può criticare un Papa che si al­lea col mondo, che seduce il mondo, che si fa intervistare da Scalfari, il vero ateo devoto, per assolvere la sua coscienza. Un Papa al quale si dice: “Io non credo, ma soffro per questa mia condizione, però benedici­mi comunque”. E si pretende da lui che dica “va bene figlio­lo, fa’ quello che vuoi”... Ecco, quando critichi un Papa così, diventi una minoranza, che non piace né al Vaticano né ai laici. E forse, dicendo queste cose, non piacerò neppure al pubblico del Salone».
Al Salone il tema conduttore è il Bene. In una tua persona­le agenda morale e cultura­le, quali sono le cose più im­portanti da fare bene, oggi?
«Il primo bene pubblico stri­tolato dai nostri tempi è il dirit­to di nascere senza essere aspi­rati da una macchina dentro il ventre di una donna. Il secon­do è tenere ferma la distinzio­ne tra ciò che è famiglia – un’al­leanza tra uomo e donna che si promettono per sempre e che in ragione di questa promessa vogliono perpetuare non la specie, ma la storia umana – e ciò che non lo è. Terzo: che uno possa morire come crede, an­che in quella zona grigia in cui finisce l’intervento dei medici, ma senza che si affermi nella so­cietà l’idea della buona morte. Attenzione, non chiedo la gale­ra per l’aborto o che sia abolito il divorzio. Ma che lo Stato non faccia dell’aborto,dell’eutana­sia, del matrimonio gay una bandiera ideologica. Se lo fa sbaglia. Non accetto la religio­ne di Stato dei modernisti di og­gi».
Mai si è parlato così tanto di crisi economica e dei valori.
Oggi si legge tutto all’inse­gna della negatività, del catastrofismo, della rabbia. Ma c’è anche del bene in giro.
Tu, dove lo vedi?
«Il maggior bene è la globaliz­zazione economica che ha por­tato un miliardo di individui fuori dalla povertà. Il bene è il commercio, il mercato, le rego­le del Wto. Poi, certo, il bene lo fanno anche i milioni di opera­tori della sanità e della carità che lavorano per alleviare le pe­ne infernali in cui si agitano gli uomini. E il bene lo fa chi fa be­ne il proprio lavoro».
La società tende a cancella­re la linea di demarcazione tra Bene e Male, scivolando nel relativismo. Una cosa che il mio padre spirituale di­ceva sempre essere il peggio­re dei peccati per il creden­te, e il peggiore dei rischi per il non credente.
«Il problema riguarda pro­prio il Papa: da gesuita, dice che dobbiamo usare il discer­nimento nelle cose, che per lui non è il relativismo (precisa­zione con le mani avanti). Ma lo deve dimostrare. Il discerni­mento dei gesuiti, oltre che un mezzo spirituale eccelso, nel­la storia della Compagnia è un invito alla relativizzazione dei criteri di vita e di morale. Il punto è che questo Papa ha messo il cuore al posto della ra­gione, mentre i suoi predeces­sori ci avevano abituato all’op­posto. Papa Francesco dice che l’intimità del rapporto con Dio è sovrana ed è il cuore che deve farla da padrone. Io non sono d’accordo: sono per un cristianesimo della ragione, della cultura, della civiltà».
Che un Papa debba privile­giare la ragione sul cuore è difficile da spiegare. Al Salo­ne, poi...
«In altri posti mi hanno tira­to le uova, o le bombe carta. Ma lì è gente molto civile».
Parliamo ancora del Bene, applicato alla parola-chiave democrazia: cosa fa bene al­la democrazia?
«L’opposizione di punti di vi­sta diversi. Se manca, ci sono solo omologazione, pensiero unico, il religiosamente e il po­liticamente corretto. Ecco per­ché in genere non mi piaccio­no i festival del consumo cultu­rale: sono un posto dove la gen­te ribadisce le idee già sentite dagli opinion leader sui soliti due-tre giornali».
E alla giustizia, cosa fa bene?
«La misericordia. La giusti­zia non esiste senza misericor­dia, così come la misericordia non può inficiare la giustizia. Non posso dirmi: faccio quel­lo che voglio perché poi c’è la misericordia, il perdono... La giustizia deve resistere sotto il peso sublime della misericor­dia. Lo dice anche il capo del Sant’Uffizio, il cardinale Mül­ler».
E l’Europa: è un Bene o un male?
«L’Europa più che altro ha bi­sogno di una benedizione. Io credo nell’Europa,ma un con­to è credere in un ideale, un conto nell’Europa reale che ve­diamo oggi».
Come si può fare del bene al­la conoscenza e alla cultu­ra?
«Perseguendo la verità, cioè discernendo tra bene e male. A questo servono la cultura e i libri. A comprendere cosa è og­gettivamente bene e cosa og­gettivamente male: se uno di­ce che la verità non esiste, è una relativizzazione, dipende dalle interpretazioni, è un nietzscheano che pretende la benedizione del Papa. Magari finirà così. Ma non ci credo».