Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
È certo che tra Firenze e Ugnano vaga un maniaco seriale che una o due volte all’anno carica una prostituta, la porta in aperta campagna o in un luogo oscuro e immondo come il sottocavalcavia di un’autostrada, la immobilizza, la sevizia con un bastone, se ne va lasciandola sanguinante. Quest’uomo è anche il responsabile della morte di Andrea, la prostituta che un ciclista ha visto penzolare, lunedì mattina, da una sbarra metallica dipinta di bianco?
• Non siamo sicuri?Siamo sicuri, ma non c’è ancora la prova scientifica che si otterrà analizzando il dna ricavato dalla saliva trovata sullo scotch con cui l’assassino ha legato Andrea.
• Gli altri tre casi sono assolutamente identici?
Molto simili. Luglio 2011 a Prato, marzo 2013 a Ugnano, 21 febbraio scorso a Calenzano. In questi tre casi è certo che ha agito la stessa persona, lo dice l’analisi compiuta dai carabinieri del Racis (Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche) sulla saliva: il maniaco ha strappato lo scotch con i denti e sono rimaste le tracce. Gli inquirenti sono sicuri che la stessa persona abbia agito almeno altre due volte, il 9 dicembre 2006 a Ugnano e il 3 ottobre 2009 a Calenzano. Anche qui si aspettano i riscontri biologici. I casi in cui è coinvolto questo maniaco sarebbero quindi come minimo sei. Ma sono certo molti di più, perché le prostitute non sono quasi mai disponibili alla denuncia. Carabinieri e polizia hanno un profilo genetico e una descrizione sommaria, ricavata dalla testimonianza di una prostituta aggredita due anni fa. Con questo materiale sono però ancora lontani dall’assassino: è evidentemente incensurato. Certo, c’è il dettaglio dello scotch, sempre proveniente dall’ospedale di Careggi. Bisogna indagare lì? È un infermiere o un medico o un impiegato di quella struttura? Quello scotch tra l’altro non si fabbrica più. Gli esperti dicono che in genere questo tipo di assassini si tradisce, e l’incrocio di dati dovrebbe rendere possibile, alla fine, l’identificazione.
• Che cosa sappiamo della donna ammazzata?
Si chiamava Andrea Cristina Zamfir, 26 anni, una figlioletta di due, un compagno italiano. Non aveva protettori. Quando aveva bisogno di soldi per farsi, andava a cercare qualche cliente alle Cascine. Minuta, fragile. Il maniaco l’ha portata in questa via del Cimitero, ha preteso che si lasciasse legare nella posa della crocifissione alla sbarra bianca che sotto il cavalcavia dell’A1 impedisce il passaggio delle macchine. L’ha posi seviziata con dei bastoni, e seviziandola le ha procurato danni irreparabili alle viscere. Andrea è morta in pochi minuti, come ha accertato l’autopsia. Il suo assassino l’ha lasciata sul posto ancora viva, agonizzante, con la testa reclinata all’indietro e sanguinante. Il ciclista, quando l’ha vista, tutta nuda tranne le scarpe da ginnastica e i calzini, ha quasi perso i sensi.
• Le altre donne accostate dal maniaco assomigliavano alla povera assassinata?
Anche le altre prostitute abbordate in precedenza risultano in genere di aspetto debole, di carattere incerto, drogate. Una, che fu trovata a vagare nuda sotto il cavalcavia, aveva problemi di testa. Il maniaco le cerca apposta così. Donne inermi, che nella sua mente risulta più gustoso sottoporre a ogni sorta di prepotenze. Martina, la prostituta italiana che l’ha scampata due anni fa, descrive l’uomo così: «Italiano, alto, fra i 50 e i 60 anni, grasso, calvo. Gentile finché stavamo in macchina, una bestia quando siamo arrivati sul posto. Sono scappata, lui mi ha rincorso. “Voglio vederti nuda”. Promisi che avrei fatto tutto quello che voleva. Nel portabagagli aveva un legno, dei cavi elettrici, il nastro adesivo. Mi legò a un palo, con le braccia incrociate davanti al viso, in piedi. Poi si avvicinò da dietro, prese quel legno e...». Tentò anche di torcerle i seni con una tenaglia, e lasciò stare quando gli arrivò un calcio all’altezza della patta. Scappò lasciandola legata e portandosi via vestiti, borsa, soldi, cellulare.
• Che gusto ci può essere a trattare una donna in questo modo...
Il professor Picozzi, criminologo, psichiatra, ordinario a Castellanza, spiega che si tratta di «power and control», il piacere sta non tanto nell’aggressione sessuale quanto nel dominio totale, nell’umiliazione. Mettere la vittima in croce o comunque immobilizzarla è un passaggio decisivo del rito. Abbandonare la vittima sul posto, legata, inerme, fa parte della sequenza, perché è la conferma che si tratta di un essere disumanizzato, diventato grazie alla potenza del maschio un oggetto e basta. All’origine di questa aberrazione stanno di solito traumi infantili, sevizie ricevute da piccoli e spesso una madre terribile, o vissuta come terribile. Non è un caso che i maniaci di questo genere siano il 99 per cento delle volte dei maschi. E le loro vittime, sempre, delle femmine.
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