Paolo Conti, Corriere della Sera 8/5/2014, 8 maggio 2014
QUEI DUBBI DEL MINISTERO SULLE OPERE ACQUISTATE
ROMA — «Qualunque sia lunedì la decisione del Consiglio della Scala, io la rispetterò». Solo una frase, secca ma chiara. Tarda mattinata di ieri. Il ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, è appena uscito dal lungo colloquio (un’ora) con il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. Che è arrivato nella storica sede del Collegio Romano come primo cittadino di Milano e, insieme, come presidente del Consiglio di amministrazione della Scala, figure che coincidono a norma di statuto scaligero.
La questione, si sa, è incandescente tanto per Roma quanto per Milano. Sia Franceschini che Pisapia sanno quanto pesi la Scala nella prospettiva di Expo 2015. È il più prestigioso marchio culturale della Patria del Melodramma e, insieme, del mondo. Impensabile partire con una clamorosa stonatura, per dirla in termini musicali. Proprio per questo Salvo Nastasi, direttore generale dello Spettacolo dal vivo del ministero per i Beni culturali, aveva inviato tre settimane fa una dettagliata lettera di richiesta di chiarimenti e di materiali sugli accordi che Alexander Pereira, sovrintendente della Scala designato per settembre 2014, ha raggiunto con Helga Rabl-Stadler, presidente del Festival di Salisburgo di cui Pereira è direttore artistico uscente.
Le cifre e le condizioni sono note da tempo: Pereira, da «consulente della città di Milano» e sovrintendente designato, si impegna ad acquistare da Salisburgo quattro spettacoli con un’operazione da 690 mila di euro. La mossa di Nastasi, studiata a tavolino col ministro Franceschini, rappresenta un segnale chiarissimo: cara Scala, rispettiamo la vostra autonomia ma lo Stato, come socio fondatore, vuole vederci chiaro. Ci spiegate nel dettaglio come stanno le cose?
Ma se qualcuno, magari da Milano, ieri sperava che sarebbe stato Franceschini a togliere Pisapia da una situazione gravemente imbarazzante «suggerendo» con chiarezza la chiusura del rapporto di Pereira con la Scala, ha sbagliato i calcoli. Il ministro è stato netto: tocca al Consiglio della Scala esaminare una pratica che lo stesso Cda ha aperto designando Pereira. Nei corridoi del Collegio Romano ieri si respirava aria pesantissima nei confronti dell’operazione.
Tanti, dettagliati gli interrogativi nel cuore dell’amministrazione centrale dei beni culturali e dello spettacolo (dove, al di là dei luoghi comuni, lavorano professionisti molto preparati). Primo: questo carteggio tra i due Pereira (direttore artistico di Salisburgo e futuro sovrintendente scaligero) non è un evidente caso di conflitto d’interessi? Secondo: è vero o non è vero che Salisburgo e la Scala hanno palcoscenici molto diversi e quindi il riadattamento degli allestimenti eventualmente acquistati costerebbe altro denaro? Terzo: il Pereira designato sovrintendente, ma oggi solo «consulente della città di Milano», ha un autentico potere di firma e di decisione nella sua attuale posizione contrattuale? Quarto: riceve percentuali sulle operazioni? E ieri c’era chi a Roma sussurrava: non ci fosse l’autonomia e la decisione toccasse al ministero, Pereira già sarebbe fuori.
La lettera di Nastasi è ancora priva di risposta. Il ministero (socio della Fondazione, siede con i consiglieri designati dall’ex ministro Lorenzo Ornaghi, Alessandro Tuzzi e Margherita Zambon) la attende dal Consiglio di lunedì. Se si dovesse votare su Pereira, i consiglieri del ministero chiederebbero a Roma l’indicazione di voto. La risposta è già bella pronta.