Paolo Mastrolilli, La Stampa 8/5/2014, 8 maggio 2014
JACK MA, IL CINESE CHE PIACE AL PARTITO SBARCA A WALL STREET
Il mio unico rimpianto è non essere nato in tempo di guerra. Sarei stato un generale, e mi chiedo sempre quanto successo avrei avuto». Nemmeno Steve Jobs, devoto alle pacifiche filosofie orientali, più che agli scritti di Sun Tzu, si era mai azzardato a spararla così grossa. Ma questa è l’essenza di Jack Ma, la ragione profonda per cui è riuscito a trasformare Alibaba da improvvisato esperimento nel soggiorno della sua casa di Hangzhou, a colosso del commercio online valutato fino a 200 miliardi di dollari. Perciò ha annunciato una prossima quotazione sulla piazza di New York, dove punta a far impallidire persino i 16 miliardi raccolti da Mark Zuckerberg nel 2012 con Facebook.
Nel 1995 Jack era un semplice insegnante trentunenne di inglese, posto faticosamente conquistato dopo aver fallito ben due volte l’esame di ingresso all’università. Accese un computer e fece la prima navigazione su Internet della sua vita, cercando due parole: birra e Cina. Il risultato, cioè zero siti, lo fece riflettere. Decise allora di costruire la sua pagina, pur sapendo poco o nulla di tecnologia, e una volta finito invitò amici e giornalisti a vederla: «Ci misi tre ore e mezza a scaricare metà homepage. Nel frattempo giocammo a carte, bevemmo, mangiammo. Però riuscii a dimostrare che Internet esisteva». Il risultato stavolta lo esaltò, al punto che decise di mollare il lavoro di insegnante, per dedicarsi completamente al commercio in rete. Creò China Pages, e ligio alla teoria secondo cui per avere successo doveva andare d’accordo col governo, si presentò ai funzionari locali chiedendo sostegno: solo commercio - assicurò - per dare opportunità alla Cina e sottrarle agli stranieri. Fallì, e si mise a lavorare per il ministero del Commercio costruendo pagine web. Ma nel 1999 ci riprovò, riuscendo stavolta a fondare Alibaba. Il motivo del nome? «Aprire il sesamo del commercio alle aziende della Cina», e ai suoi consumatori online, che secondo McKinsey nel 2020 spenderanno più soldi di Usa, Gran Bretagna, Germania, Giappone e Francia messe insieme. Infatti già ora Alibaba, con 20.884 dipendenti e tre siti, Taobao, Tmall e Juhuasuan, gestisce le transazioni di 231 milioni di utenti per 248 miliardi di dollari, ossia più che Amazon e eBay messe insieme. Numeri di una nazione dove già operano molte aziende digitali - tipo il motore di ricerca Baidu - e che si appresta a scavalcare gli Usa come prima potenza economica mondiale.
Jack è cresciuto andando d’accordo col regime, invece di sfidarlo. Al punto che quando scorporò il sistema di pagamento online Alipay senza informare il consiglio di amministrazione, si difese paragonandosi a Deng Xiaoping: «Ho fatto come lui a Tiananmen. Per ottenere stabilità, dovette prendere una decisione crudele». Con i suoi sottoposti, però, è sempre stato il motivatore in capo: «Vi perdonerò gli errori, ma non perdonerò mai che non facciate nulla». Il 10 settembre del 2009, per festeggiare il decimo anniversario di Alibaba, salì sul palco con una parrucca bionda, cantando «Can You Feel the Love Tonight?» davanti a 16.000 dipendenti estasiati. «Se vogliamo avere pubblicità gratuita - disse loro durante un discorso ripreso nel documentario biografico di Porter Erisman “Crocodile in the Yangtze” - dobbiamo dire cose folli». Sul palcoscenico di New York, prossimamente, per andare alla conquista del mondo intero.