Lettera43 8/5/2014, 8 maggio 2014
MATACENA INDIGESTA
Lo avevano arrestato ad agosto a Dubai dopo una condanna definitiva per concorso esterno in associazione a delinquere. Ma negli Emirati arabi il reato di mafia non esiste e da ottobre era tornato libero e latitante. Amedeo Matacena è l’uomo che secondo la procura di Reggio Calabria avrebbe ricevuto l’aiuto di Claudio Scajola. E per cui l’ex ministro è stato arrestato l’8 maggio.
Un collega, si potrebbe dire. Per anni a Roma, due volte deputato, Matacena ha fatto il suo ingresso in parlamento con la vittoria di Silvio Berlusconi nel 1994, all’epoca dell’«Italia è il Paese che amo», e ci è tornato nel 1996 direttamente nelle file di Forza Italia.
Rampollo di una famiglia di armatori e imprenditore a sua volta, è stato coinvolto in numerose inchieste e ha fornito parecchio lavoro alla giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio.
A luglio del 2012 è stato condannato a 5 anni e 4 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, per i suoi rapporti con le ’ndrine di Reggio Calabria e in particolare con il clan Rosmini. La sentenza è divenuta definitiva il 6 giugno del 2013. L’Interpol lo ha fermato negli Emirati Arabi ad agosto. Ma data l’assenza del reato di associazione mafiosa, non è stata concessa l’estradizione e l’ex parlamentare dopo due mesi è tornato latitante.
Secondo il procuratore della Repubblica, Federico Cafiero De Raho «godeva e gode tuttora di una rete di complicità ad alti livelli grazie alla quale è riuscito a sottrarsi all’arresto».
Per la procura di Reggio Calabria, Scajola lo avrebbe aiutato a pianificare la fuga in Libano, sulle orme del senatore forzista Marcello Dell’Utri.
Nato a Catania nel 1963, Matacena è figlio dell’omonimo armatore celebre per avere dato inizio al traghettamento nello Stretto di Messina. Ha due figli, uno avuto con la presentatrice Rai Alessandra Canale e il secondo con l’attuale moglie Chiara Rizzo, finita agli arresti assieme al marito e alla suocera Raffaella De Carolis e accusata di aver avuto contatti con Scajola per coprire la latitanza dell’ex parlamentare.
NELLA MAXI INCHIESTA OLIMPIA. I guai giudiziari dell’ex deputato di Forza Italia sono cominciati con la maxi inchiesta ’’Olimpia’’, l’indagine anti mafia con cui negli Anni 90 la procura di Reggio Calabria ricostruì molti eventi criminali, tra cui un centinaio di omicidi e soprattutto i rapporti tra ’ndrangheta-politica sviluppati nel capoluogo calabrese fin dai primi Anni ’80.
Nel 2010, dopo la condanna in primo grado, Matacena è stato assolto dalla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria. Ma la sentenza è stata annullata dalla Corte di Cassazione che, accogliendo un ricorso della Procura generale, e il 18 luglio 2012 Matacena è stato nuovamente condannato in appello.
«MATACENA È DISPONIBILE». Nelle motivazioni della decisione, i giudici della Cassazione hanno sostenuto che «evidentemente non si può stringere un ’accordo’ con una struttura mafiosa, se non avendo piena consapevolezza della sua esistenza e del suo modus operandi. Tanto basta per ritenere che Matacena ben sapesse di aver favorito la cosca dei Rosmini (e tanto lo sapeva da aver preteso la esenzione dal ’pizzo’)». Non solo, nelle motivazioni si sostiene anche che «è lo stesso vertice della cosca che afferma che Matacena non può essere sottoposto a estorsione, che in passato lo stesso ha ’sempre favorito’ l’associazione, che, anche nel presente, Matacena è disponibile».