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 2014  maggio 08 Giovedì calendario

Biografia di Gabriele D’Annunzio

Pescara 12 marzo 1863 - Gardone Riviera (Brescia) 1° marzo 1938. Poeta italiano. Militare, aviatore. Politico (deputato negli anni 1897-1900), capofila degli interventisti alla vigilia della Prima guerra mondiale e dei sostenitori della «vittoria mutilata» alla fine.
• Quando cominciò la Prima guerra mondiale, aveva già compiuto 51 anni e la sua vita di poeta e scrittore poteva dirsi, salvo qualche eccezione, conclusa. Si avvicinava al suo apice quella di agitatore politico e uomo d’azione. «Diede forma suggestiva, elegante e teatrale agli umori dell’Italia nuova (…): un’Italia convinta di poter contare, spinta dall’orgogliosa, aggressiva affermazione della sua identità. (…) La sua grande capacità: combinare dinamicamente classicismo e modernità».
• Nel 1914 era in Francia, dove s’era rifugiato quattro anni prima per sfuggire ai creditori (viveva costantemente al di sopra delle sue pur non modeste possibilità). In Italia aveva pubblicato giovanissimo le prime liriche e novelle, nel 1883 si era sposato con la duchessina Maria Hardouin di Gallese (da cui ebbe tre figli) e se n’era separato a causa delle molte relazioni con altre donne, aveva lavorato a Roma come redattore alla Tribuna, aveva scritto i romanzi Il piacere (1889), L’innocente (1892), Il fuoco (1900), il dramma La città morta (1898), Le novelle della Pescara (1902), le tragedie Francesca da Rimini (1901) e La figlia di Iorio (1904), i primi tre libri delle Laudi (1903-04). Aveva avuto, a cavallo dei due secoli, una relazione durata una decina d’anni con Eleonora Duse, musa ispiratrice dei lavori teatrali e forse la donna che più amò. Nel 1915, invitato all’inaugurazione a Quarto di un monumento ai Mille, il ritorno in Italia. In quell’occasione, il 5 maggio, pronunciò il primo di una serie di infiammati discorsi sulla necessità di aprire le ostilità contro l’Austria. E verso la fine di quelle «radiose giornate di maggio» l’Italia dichiarò guerra. D’Annunzio si arruolò volontario, nonostante l’età (senza però abbandonare le sue consuetudini: licenze frequenti, incontri galanti, lusso e palazzi veneziani). Rimasto ferito durante un raid aereo, perse un occhio. La cosiddetta beffa di Buccari (11 febbraio 1918) e il volo su Vienna (9 agosto 1918) fecero di lui un eroe nazionale.
• Nell’immediato dopoguerra si fece interprete dell’indignazione dei reduci («Vittoria nostra, non sarai mutilata», scriveva già il 24 ottobre 1918 sul Corriere della Sera, ai primi avvisi di una retromarcia inglese sulle clausole del Patto di Londra). Guidò l’occupazione di Fiume (12 settembre 1919), che proclamò italiana e tenne, per più di un anno, come reggente. Si ritirò quindi sul lago di Garda, confidando per qualche tempo in una chiamata a salvatore della patria che dal re non arrivò mai, né tanto meno da Mussolini.