Malcom Pagani, Il Fatto Quotidiano 8/5/2014, 8 maggio 2014
L’ODIO NAPOLI-ROMA: DAL VAFFA DI BAGNI AI SACCHETTI DI URINA
L’odio è un cesso che vola in aria. Una secchiata di piscio in testa dalla balaustra del San Paolo. Una trasferta d’inferno. Un messaggio senza senso né punteggiatura nel mare di Internet: “È scappato il porco tanto che poi è caduto visto che è una palla di merda ed è stato rotto e visto che è coniglio lui e altri venti ha sparato”. Una domanda retorica: “Ma non vi fate schifo pezzi di merda?”. Un fotogramma sgranato, una bandiera rifiutata, un mattinale di questura in cui le macerie diventano numeri che non spiegano genesi e sviluppo del dissidio.
Con i suoi frammenti di discorso amoroso, finì in pezzi anche il gemellaggio tra Napoli e Roma. Duecento chilometri scarsi di viaggio. Una tappa della memoria meno malinconica dell’ultima stazione dell’odio: Facebook. Sulla pagina che conta oltre 300 apprezzamenti e auspica libertà per “Gastone” De Santis, travisati come teppisti, in un’involontaria parodia degli insulti a microfono aperto sperimentati un lontano giorno da Radio Radicale, gli ultras se le danno agitando spranghe e dialettali minacce: “Ke goduria Gastone di sto cazzo ridotto a pezzi, lo hanno sfraciellato”. Ora che ventimila voci promettono dagli spalti campani terzi tempi non ecumenici: “Non finisce così”, il giudice sportivo commina pene che per alcuni denunciano l’impotenza del sistema e per altri ratificano la persecuzione e la vendetta. È l’unico sfondo ammesso per dimostrare di averlo più “duro” e riparare l’onore, ricordare il passato è un’esperienza più lisergica che nostalgica. Un’allucinazione. Tra Roma e Napoli, giurano cronache, immagini e annali, c’erano scambi di doni, abbracci pre gara, fiori e stendardi portati sotto entrambe la curve. Solido sogno in calcistica funzione antinordista tra fine ’70 e l’alba degli ’80, l’abbraccio tra le tifoserie di quello che con relativa fantasia, dagli schermi di 90° minuto, le improbabili cravatte al servizio di Valenti chiamavano derby del sud, si spezza definitivamente il 25 ottobre 1987. Napoli, già asilo del detestato laziale Giordano, ha lo scudetto sul petto e da qualche anno mette in distinta anche Maradona. La Roma fa sedere ancora Liedholm in panchina, ma non è più da tempo quella baronale di Falcao. I rapporti di forza sono mutati e in un giorno di autunno, prima che si dia il fischio d’inizio, il tradizionale scambio di vessilli in scena all’Olimpico non gode della reciprocità. Lo staffettista romanista è accolto dagli applausi della Nord, quello napoletano dagli ululati della Sud. Del resto si incaricano una testata dell’attaccante Careca al giallorosso Collovati, un gol annullato a Boniek e il pareggio del Napoli – sempre di testa, ma con grazia differente – del terzino Francini con la squadra di Ottavio Bianchi ridotta in 9 uomini. Salvatore Bagni (chiederà poi scusa) festeggia il gol e si lascia andare a un’esultanza a base di vaffanculo e gesti dell’ombrello. I romanisti urlano “merde ” ogni qual volta un uomo in azzurro, impegnato nell’ovvia melina, ha tra i piedi il pallone. Finisce con gli incidenti intorno al Tevere. Il lieto quadro di un’epoca, a iniziare dalla gara di ritorno, non si ricomporrà più. Adesso, mentre l’ordine pubblico di domani si trasforma in disordine fitto di ipotesi apocalittiche e disperate controffensive poliziesche in vista di Roma-Juventus dell’11 maggio prossimo (data scelta per il demenziale redde rationem da cani sciolti, gruppi organizzati e itineranti terzi incomodi a proprio agio nel teatro attorno al Coni che negli ultimi sei anni conta settanta accoltellamenti) si osservano con timore gli ultimi fotogrammi del film. Quelli datati giugno 2001, a Napoli, con 60 feriti (21 poliziotti), i romanisti chiusi in una gabbia, alla mercè del lancio di sacchetti d’urina, bombe carte e seggiolini, le cariche dentro la curva del Napoli e fuori dall’arena, e poi lacrimogeni, lame in azione, arresti, sassaiole, traffico ferroviario interrotto e beni pubblici devastati. Quelli del dicembre 2005 per un’altra partita di Coppa Italia. E quelli legati al caso del treno negato dell’agosto 2008. I napoletani si radunano per salire sull’intercity Modigliani in direzione Roma alle 8 di mattina. Un afflusso enorme che secondo la successiva sentenza di un giudice viene colpevolmente sottovaluto dall’imperizia di Trenitalia. I tifosi viaggiano come bestie. E da bestie, tra comunicati ufficiali che parlano di danni per 500 mila euro, ministri che danno notizia di 800 pregiudicati a bordo del treno e pestaggi all’arrivo, è il sottofinale che precede una dura battaglia legale. L’ultima di carta. L’ultima con un arbitro.
Malcom Pagani, Il Fatto Quotidiano 8/5/2014