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 2014  maggio 08 Giovedì calendario

MASSACRI DEL POPOLO ARMENO LE RESPONSABILITÀ TURCHE OGGI


Nella sua rubrica del 1° maggio lei ascrive alla Armenia posizioni agli antipodi rispetto alla realtà documentata. Il mio non è un j’accuse all’onestà intellettuale dell’autore, né alla sua buona fede. D’altronde il Corriere è stato testimone eloquente del genocidio armeno. Sui protocolli armeno-turchi, la visita in Armenia del presidente turco Gul, del 6 settembre 2008 e non del 2007, fu iniziativa armena. Dopo un anno di mediazione elvetica, il 10 ottobre 2009, e non 2008, a Zurigo furono firmati due protocolli sull’istituzione di rapporti diplomatici e la normalizzazione dei rapporti bilaterali, inclusa l’apertura da parte turca del confine con l’Armenia. Presenti i ministri degli esteri francese, statunitense, russo, svizzero e l’Alto rappresentante Ue che chiesero alle parti (e tuttora chiedono alla Turchia) di ratificare i due protocolli senza precondizioni e in tempi ragionevoli. L’11 ottobre 2009, Erdogan precondizionò la ratifica dei protocolli a una soluzione pro-azera del conflitto del Nagorno-Karabach. Fu l’inizio del siluramento dei protocolli firmati il giorno prima. Contrariamente a quanto sostenuto da lei , i protocolli di Zurigo, i cui testi sono pubblici, non legavano la normalizzazione dei rapporti armeno turchi ai negoziati per il Nagorno-Karabach, ancora in corso sotto l’egida Osce. Invece, le dichiarazioni di Erdogan del 23 aprile scorso ai discendenti degli armeni sono state sorprendenti, anzi di un cinismo sorprendente. Erdogan ha parlato delle sofferenze di tutti i sudditi ottomani, mettendo sullo stesso piano vittime e carnefici. Fino a quando il premier turco definirà il genocidio armeno come un mero incidente della Prima guerra mondiale, con i bonari commenti di alcune voci della stampa internazionale, riuscirà nella sofisticazione del negazionismo di Stato turco. Io non reputo la sua dichiarazione del 23 aprile nient’altro che questo. Altri reputano le dichiarazioni di Erdogan troppo poco e troppo tardi. Bene, il 29 aprile Erdogan ha cinicamente chiesto: se ci fosse stato un genocidio, ci sarebbero ancora degli armeni in questo Paese (Turchia)? Che dire allora degli ebrei in Germania o dei tutsi in Ruanda? Dove lei ritiene non promettente la richiesta del presidente armeno alla Turchia di riconoscere il genocidio e liberarsi dal fardello della Storia, vorrei ricordare che tutti gli armeni attendono questo atto da 99 anni, ora insieme alla società civile turca e a quella parte di comunità internazionale che con atti di verità e libertà hanno riconosciuto il genocidio e invitato la Turchia a seguirli.
Sargis Ghazaryan
Ambasciatore Repubblica d’Armenia in Italia


Caro Ambasciatore,
Il nodo della questione resta quindi, per l’Armenia, il riconoscimento del genocidio. Spero che non le spiaccia se la definizione è sempre parsa a me e a altri osservatori o studiosi (fra cui il noto storico anglo-americano Bernard Lewis) storicamente scorretta. È genocida la politica di un governo che si propone la totale eliminazione di un gruppo etnico-religioso, come accadde per le comunità ebraiche durante il regime nazista. Ma nel caso degli armeni la situazione mi sembra diversa per almeno due ragioni.
In primo luogo la spietata repressione del 1915 colpì gli armeni della Turchia orientale, ma non fu estesa con le stesse modalità alle comunità di Istanbul e Smirne. In secondo luogo, la definizione non tiene conto del momento storico. La guerra era scoppiata da pochi mesi, l’esercito turco si era duramente scontrato con quello russo a Tabriz. Vi erano formazioni armene fra le forze zariste e gli insorti armeni, dopo essersi impadroniti della città di Van, ne avevano proclamato l’autonomia. Non è sorprendente, in tali circostanze, che gli armeni apparissero a Mosca come una pericolosa quinta colonna del nemico.
È molto probabile che al vertice del nazionalismo turco vi fosse il desiderio di cogliere l’occasione per liquidare la questione armena una volta per tutte; e i massacri durante la lunga marcia della morte verso Aleppo sono una delle pagine più sanguinose della storia ottomana. Ma non mi sembra che questo basti per definirli un genocidio e per attribuirne implicitamente la responsabilità morale dei turchi di oggi.