Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Oggi Berlusconi compie 74 anni e festeggerà andando alla Camera a esporre i famosi cinque punti e chiedendo poi la fiducia. Appuntamento per le 11 di stamattina, poi dibattito e voto. I risultati dovrebbero arrivare intorno alle sette di sera.
• Cominciamo dai cinque punti.
Sud, giustizia, federalismo, fisco, sicurezza. È probabile che Berlusconi entri nei dettagli almeno su Sud e giustizia. Relativamente al Sud: è l’area in cui si decideranno le elezioni, quindi il premier illustrerà un piano di investimenti da 100 miliardi e dovrebbe scendere in particolari: questa o quella strada, questo o quel tratto ferroviario, eccetera. Altri dettagli – almeno a quello che si capisce fino a questo momento – verranno elencati quando parlerà di giustizia. Irrinunciabili il processo breve e il disegno di legge sulle intercettazioni. Qui bisognerà vedere fino a che punto spingerà il discorso: i finiani sono d’accordo sul processo breve, ma non vogliono nessuna norma retroattiva. Il mantra di Fini è: il Parlamento deve fare leggi per il bene generale e non per il vantaggio di un singolo soggetto. Bonaiuti assicura che il Cavaliere volerà alto, senza chiedere le dimissioni di Fini e senza attaccarlo.
• Poi che succede?
Il dibattito sarà preceduto da una riunione dei finiani per decidere il da farsi. Il voto di fiducia non è scontato. Intanto, bisognerà vedere come Berlusconi dirà quello che deve dire. Bocchino e gli altri controlleranno che la modulazione di Berlusconi sia coerente col programma elettorale presentato a suo tempo dal centro-destra: quelli del Fli si ritengono svincolati di fronte a proposte che non fossero in quel testo. Infine, Bocchino ha protestato perché il suo gruppo non è stato invitato alla preparazione del documento programmatico, cioè i finiani vogliono essere riconosciuti come terza gamba della maggioranza, le altre due essendo Pdl e Lega. Insomma, i finiani chiedono che gli altri li considerino già un partito, anche se, al momento della fondazione di questo partito (che ora non esiste, c’è solo il gruppo parlamentare), Fini a quanto pare si dimetterebbe. Il gruppo ha poi un altro problema: sono spaccati. Un’ala, capeggiata da Viespoli, Moffa, Baldassarri e Menia, sta con Fini, ma ipotizzando un percorso che ricucia il dissidio. Bocchino guida invece gli oltranzisti che puntano alla rottura. I moderati hanno anche prodotto un documento contro Bocchino, suscitando le ire di Fini il quale non si capacita che questi contrasti debbano essere resi pubblici.
• Come stiamo a voti?
Un bel rebus. I finiani hanno sempre detto che avrebbero votato la fiducia. Se lo faranno, il discorso di Berlusconi prenderà molti più voti dei 330 matematici e non ci saranno problemi. Se i 35 finiani dovessero astenersi, invece, si partirà da una maggioranza teorica di 295. A questi si devono aggiungere i cinque di NoiSud, i tre liberaldemocratici e i due dell’Alleanza di centro. E siamo a 305. Proprio ieri poi s’è saputo di altri sette transfughi, cinque dall’Udc (Mannino, Romano, Drago, Ruvolo e Pisacane, tutti siciliani) e due dall’Api, il movimento di Rutelli (Calearo e Cesario). E siamo a 312. La quota che mostra l’esistenza di una maggioranza assoluta è 316, e quindi non ci saremmo ancora. Tuttavia: il voto è segreto e nel segreto – lo abbiamo visto tante volte – può accadere di tutto. L’opposizione sarà davvero presente in massa? Tutti faranno quello che ci si aspetta? Consideri che gli onorevoli – anche se la garanzia della pensione è ormai a portata di mano - si seccano abbastanza di non prendere più lo stipendio in caso di scioglimento delle Camere.
• C’è questa storia che i sette transfughi si sarebbero fatti comprare.
Lo dice Bersani («è corruzione, ci vuole la magistratura»), lo scrive Repubblica, la prova non c’è. Repubblica ha intervistato due ex transfughi friulani, parlamentari che nella scorsa legislatura passarono dalla Lega a Forza Italia, e che adesso hanno una consulenza dal Pdl per una decina di mila euro al mese. È possibile che ci sia stato un vero mercato, anche se non capirei Calearo, che è un industriale e un uomo ricco e non lo vedo a pigliar bustarelle. Calearo peraltro è il caso che mi impressiona di più: era uno dei fiori all’occhiello di Veltroni, il candidato-imprenditore che con la sua presenza testimoniava la modernità dei democratici. Niente, è passato prima con Rutelli e oggi, a quanto pare, voterà per Berlusconi. La giustificazione è che «l’opposizione non esiste».
• Mettiamo che non si raggiungano i 316 voti. Il governo cade?
Questo dovrebbe chiederlo a Bossi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 29/9/2010]
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