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 2010  settembre 29 Mercoledì calendario

ROMA-MILANO, L´ARTE DI VOLERSI MALE

Malpensa contro Fiumicino. Il circuito di Monza contro le strade dell´Eur. Bossi contro tutti. Passano i secoli, ma il più antico derby d´Italia – quello tra Milano e Roma – non vuol proprio saperne di andare in pensione.
Oggi a rinverdire - in tutti i sensi - i fasti di questa poco nobile tradizione orale è il Senatur, che con la sua libera traduzione dell´acronimo Spqr ha riacceso le polemiche tra Tevere e Naviglio.
I luoghi comuni, sempre gli stessi nei secoli, li conosciamo tutti. Forse Tangentopoli impedisce a Milano di fregiarsi ancora a cuor leggero del titolo di "capitale morale". Ma la «cultura del Brambillismo», come dice il segretario generale del Censis Giuseppe De Rita ha parole d´ordine chiare. Roma è «ladrona». In Brianza e a Milano si lavora e si produce, sotto il Cupolone si spreca denaro pubblico. Vero? «Ma va là - dice la saggia Franca Valeri, meneghina di nascita, capitolina d´adozione - . Certo, quando sono arrivata qua 50 anni fa mi sembrava di essere sempre in vacanza. Ma oggi il tempo ha avvicinato le due città. A Roma si lavora come a Milano. Milanesi e romani sono diversi come inglesi e i francesi, ma solo per il peso della loro storia. Il resto sono volgari sciocchezze».
I numeri le danno ragione. Certo la Lombardia ha un Pil/procapite superiore del 10% al Lazio. Il Campidoglio ha oltre 400 auto blu contro le 221 di Palazzo Marino. La realtà però è che a Roma nascono tante imprese come a Milano, si consumano meno reati e per quanto riguarda la qualità della vita (dalle precipitazioni atmosferiche al numero di ristoranti) nel Derby d´Italia non c´è partita. E - forse non a caso - il numero dei suicidi sotto la Madonnina è in proporzione molto superiore a quello capitolino.
«I tempi sono cambiati - ride amaro Gigi Proietti - . Cinquant´anni fa si litigava tra le due città a Campanile sera, per divertimento. Oggi, purtroppo, non si gioca più. Hai voglia a dir folklore...». «È un segno dei tempi - spiega De Rita - . Siamo in pieno rinculo identitario, causa crisi: non siamo più nessuno, non riusciamo a prevedere il nostro futuro e ci rinserriamo nelle vecchie certezze: siamo lombardi, veneti, ex democristiani, ex comunisti...». La primazia di Milano in alcuni campi - lo ammette anche lui - c´è, anche se non siamo più negli anni del boom: «È la capitale della finanza, della moda, della tecnica». Sotto la Madonnina si comprano più libri, fiorisce un mondo del volontariato più attivo. «Ma Milano resta una capitale settoriale - continua il numero uno del Censis - e non avrà mai l´aura di capitale istituzionale che - a Roma, come Parigi e Londra - è garantita dalla storia».
Sarà, ma sopra il Po non la pensano così. E volano gli stracci. Bossi - scottato dalla sconfitta su Malpensa - vuol trasferire sul Naviglio il Tesoro e la Consob. La Padania tuona contro il familismo all´amatriciana dei Cesaroni («non rispecchiano l´Italia»). Il governatore del Veneto Luca Zaia verga una missiva di fuoco ai vertici Mediaset contestando l´accento bergamasco dell´agente scelto Giovanni Brenta («culturame razzista contro il nord, fonte di forte incazzatura», ipse dixit) nella serie "Distretto di Polizia. Francesco Totti, da vero Gladiatur, dà appuntamento al Senatur sotto il Colosseo per chiarire il significato di Spqr. Roba da far impallidire il cantautore Alberto Fortis e il suo preveggente «Io vi odio a voi romani».
Certo, in ballo ci sono i posizionamenti pre-elettorali. Ma si litiga su tutto. Venezia si lamenta per le mostre del cinema a Roma («meglio due che zero», ride Proietti) e per la guerra fratricida sulle Olimpiadi 2020. Milano per le sfilate a Piazza di Spagna. Il sindaco Alemanno, dopo aver accarezzato a lungo il ritorno delle corse per bighe nella capitale ha alzato il tiro sulla Formula Uno facendo imbestialire Monza. «L´eleganza di una volta è andata a farsi benedire, in Italia trionfano volgarità e imbroglio, senza divisioni geografiche» conclude Franca Valeri. E in effetti - con i tempi che corrono - c´è da aver nostalgia della volgarità leggera del Nanni Moretti di "Ecce Bombo" che la diatriba tra le due città la riduceva a una questione di grammatica: «Silvia, non la Silvia. Fica, non figa. Cacare e non cagare. Siamo a Roma, non a Milano!».
Oggi tra porci e ladroni tira un´altra aria: «A noi del profondo centro ne hanno dette di tutti i colori», scherza Proietti. «Io sono convinto che Milano non è Bossi, lì mi sono sempre trovato benissimo», dice. La Madonnina «fa bene a tener alta la sua cultura dell´efficienza - aggiunge De Rita - purché non significhi sedersi al bar e dire che tutti gli altri sono ladroni. L´offesa non aumenta la forza identitaria». Certo oggi Roma, ammette, «non interpreta in modo decoroso» il suo ruolo naturale di capitale d´Italia: «Tra camerieri che cercano di spingerti nei ristoranti e tavolini all´aperto, io Spqr lo tradurrei come "Sono portapiatti questi romani"». Rispetto a porci, almeno, è già un passo avanti.