Filippo Facci, Libero 29/9/2010, 29 settembre 2010
IL GRILLINO CHE È IN NOI
Io non la voglio la democrazia dal basso, intesa come troppo basso. Non lo voglio Beppe Grillo e la dittatura dell’ignoranza, l’arroganza in buona fede di questi presupponenti privi di umiltà, sprovvisti del vecchio e sacro timore di avere tutto da imparare, manchevoli di ogni reverenza verso ciò che non sanno, non capiscono, non hanno studiato. Non voglio la convalida politica e culturale dei loro idoli, dei loro comici, dei loro servi di procura, gente che viene adorata perché legittima a posteriori ogni analfabetismo, trasforma ogni giudizio in legittimità di giudizio, ogni apparenza in certezza, ogni capra qualunquista in elettore innocente. Non la voglio la democrazia elettronica degli anonimi, dei frustrati, di chi non perdona ciò che non possiede a chi lo possiede, non sopporto la prosopopea di chi non legge i giornali non perché c’è internet, ma solo perché non li ha mai letti in vita sua. Mi accontenterei non da solo di una classe politica che non straparli di «popolo» e poi circoli in auto blu da trent’anni, mi basterebbe, per cominciare, un Parlamento di eletti veri e non quindi di ex portaborse, tirapiedi, segretarie, amanti, incapaci, ansiosi da ricollocamento, vorrei che questi poveretti avessero il problema di piacere alle gente e non solo a Berlusconi, o il problema di piacere alla gente anche senza attaccarlo.