ALBERTO GAINO, FRANCESCO GRIGNETTI, La Stampa 29/9/2010, pagine 19, 29 settembre 2010
Il leghista del Csm che mette a rischio il processo Eternit - L’imputato diventa giudice dei propri giudici, e anche qualcosa di più: questo è il paradosso che si è materializzato al Csm
Il leghista del Csm che mette a rischio il processo Eternit - L’imputato diventa giudice dei propri giudici, e anche qualcosa di più: questo è il paradosso che si è materializzato al Csm. Con la designazione del Parlamento dei nuovi consiglieri laici a Palazzo dei Marescialli arriva in estate anche l’esponente leghista Matteo Brigandì, noto per essere stato il «procuratore della Padania». E va alla prima commissione, che si occupa delle incompatibilità ambientali. Fra i casi giacenti da pochi mesi c’è quello sollevato per due giudici torinesi: Sandra Casacci e Fabrizia Pironti. Vedremo subito cosa Brigandì imputa loro. Ma subito va detto che una delle due è ora giudice a latere al processo Eternit: qualora le richieste di Brigandì dovessero essere accolte, tutto ripartirebbe da zero. Le due donne hanno relazioni stabili con noti legali torinesi. Che hanno puntualmente rinunciato a clienti imputati delle rispettive fidanzate. L’avvocato Renzo Capelletto, legato alla dottoressa Casacci, non ha mai dato adito ad alcun commento puntuto da parte di colleghi e magistrati. L’avvocato Fulvio Gianaria, fidanzato della dottoressa Pironti, ha esteso l’astensione al proprio studio professionale - uno dei maggiori della città - tant’è che il socio Alberto Mittone, ancora recentemente, ha disdetto il mandato conferitogli dalla Provincia di Torino e dal Comune di Casale Monferrato, parti civili al processo Eternit, non appena si è formato il collegio giudicante, che comprende Fabrizia Pironti. Lo scorso inverno, al Consiglio giudiziario torinese, il procuratore generale Marcello Maddalena segnalò l’opportunità del trasferimento di almeno una delle due colleghe ad una sezione civile del tribunale mentre se ne discuteva la composizione. La sua annotazione rimase a verbale, poi inviato al Csm per l’approvazione delle scelte decise in quella sede. E’ così che il piccolo caso è arrivato a Roma ed è stato smistato alla commissione competente di Palazzo dei Marescialli. A questo punto entra in scena Matteo Brigandì, che era stato posto agli arresti domiciliari nel luglio 2003, accusato di concorso in truffa alla Regione Piemonte di cui era assessore. La dottoressa Pironti lo rinviò a giudizio. L’esponente politico è stato condannato in primo grado e assolto in appello. Il principale teste d’accusa era un dirigente amministrativo della Regione: Brigandì rilasciò pesanti dichiarazioni nei suoi confronti che si tradussero in un suo nuovo rinvio a giudizio per diffamazione. A decidere quella volta è stata la dottoressa Casacci. E’ un fatto che, non appena è entrato a far parte della commissione del Csm, il consigliere Brigandì ha sollevato e sollecitato l’esame della incompatibilità ambientale dei suoi giudici con un’istanza all’ufficio di presidenza, ottenendo la quasi immediata apertura di un’istruttoria (la prossima settimana verrà sentito Maddalena). Il suo comportamento ha stupito un po’ tutti a Palazzo dei Marescialli, senza che si conoscesse l’antefatto. Due distinte memorie delle dottoresse Casacci e Pironti, inviate in questi giorni al Csm, hanno segnalato l’incompatibilità del loro «giudice» ed ex imputato. C’è quanto meno un precedente. Lo ricorda Rita Sanlorenzo, segretario generale di Magistratura democratica: «Il Tar ha annullato il provvedimento di incompatibilità ambientale della dottoressa Forleo indicando fra i motivi della sua decisione le pesanti dichiarazioni pubbliche di un componente laico della prima commissione del Csm mentre si esaminava il caso del giudice milanese. Nei confronti, poi, delle due colleghe torinesi non è mai stata rilevata dal Csm un’incompatibilità ambientale. I cui presupposti sono rapporti di matrimonio, di parentela o stabile convivenza». Il caso rischia di avere gravi ricadute processuali: la dottoressa Pironti è giudice a latere del più importante dibattimento in corso a Torino (il processo Eternit, 6 mila parti civili, richieste di risarcimento per 5 miliardi di euro). Rischia di ricominciare da capo dovesse essere trasferito il magistrato.