Costanzo Costantini, il Fatto Quotidiano 29/9/2010, 29 settembre 2010
I VITELLONI LITIGIOSI: FELLINI
& FLAIANO - Proseguono le manifestazioni in onore di Ennio Flaiano nella ricorrenza del centenario della nascita. Era nato a Pescara il 5 marzo del 1910 e morto a Roma il 20 novembre del 1972.
È sepolto nel cimitero di Maccarese (Fregene non ha un cimitero); anche la moglie e la figlia sono sepolte lì. Il 9 ottobre prossimo si svolgerà a Maccarese, nella Sala Conferenze di Via del Buttero, un dibattito su “Ennio Flaiano e il suo tempo” e verranno proiettati Tempo di uccidere, il film firmato da Giuliano Montaldo e un video di immagini inedite curato dal professore Mauro Canali in collaborazione con Rai-Storia (Fregene non ha neppure una sala per proiettarvi un film). Come è noto a tutti, Flaiano aveva formato con Federico Fellini, che aveva dieci anni meno di lui, una delle coppie più celebri e anche più litigiose, del cinema italiano.
Gli esordi:
Luci del varietà
FEDERICO Fellini ed Ennio Flaiano cominciano a lavorare insieme nel 1950, in Luci del varietà, nel quale il primo, autore del soggetto, figura come co-regista a fianco di Alberto Lattuada e il secondo come collaboratore alla sceneggiatura, redatta da Fellini, Lattuada e Tullio Pinelli, lo scrittore torinese che vive a Roma. Nel 1951-52 Flaiano collabora alla sceneggiatura de Lo sceicco bianco, con cui Fellini esordisce nella regia. Tratto da un soggetto di Michelangelo Antonioni e sceneggiato da Fellini e Pinelli, il film è accolto a Venezia con una stroncatura così feroce da togliere all’esordiente regista, secondo le sue parole, “ogni voglia di continuare”. Ma per fortuna del cinema continua, stabilendo con Flaiano un rapporto più stretto. Nel ’53 I vitelloni, per i quali Flaiano ha scritto con Fellini e Pinelli il soggetto e con Fellini la sceneggiatura, ottiene il Leone d’Oro a Venezia (recte: d’argento - nota di Dell’Arti). Nel 1953 Flaiano, che è giunto a Roma nel 1922, ha 43anni. Oltre che sceneggiatore e soggettista, è critico cinematografico e teatrale, giornalista, autore drammatico, romanziere. Nel 1945hascrittoLaguerraspiegataai poveri,undrammachel’annosuccessivo viene rappresentato all’Alecchino di Roma con vivo successo. Nel 1947 ha pubblicato Tempo di uccidere, un romanzo che nello stesso anno vince lo Strega, un premio letterario appenanatomagiàimportante.Dotato d’uno spiccato talento ironico e satirico nonché d’un umore paradossale ed esilarante, egli darà un contributo originale non soloalcinemadiFellinisinoaGiulietta degli spiriti ma, altresì, al cinema italiano e alla cultura del nostro paese. Ma è anche un bastian contrario,critico,ipercritico,imprevedibile , e non può non scontrarsiconFellini,chesiconsidera ungenioeinquantotaletendead imprimere ai suoi film un segno personale perentorio ed esclusivo. I litigi cominciano nel 1954, da La strada. All’inizio di quell’annoilgiornalistaMinoGuerrini,in unarticolopubblicatodalMondo, attribuisce a Fellini la seguente dichiarazione: “Oltre a dirigere il film io voglio essere l’autore del soggetto e un collaboratore alla sceneggiatura. In questo caso è sciocco chiedersi chi sia l’autore del film. Sarebbe come chiedere a un poeta se l’autore dei versi è lui oppure la carta e l’inchiostro che adopera”.
“Non contare
più su di me”
FLAIANOs’incazza e il 10 agosto successivo, poco prima che La strada venga presentato a Venezia, scrive su Cinema: “Per tre mesi ho parlato male di La strada. Questa, in fondo, la mia partecipazione”. Quando Flaiano s’incazza, Fellini si adopera per rabbonirlo, ma poiché non riesconoachiarireavoceilorodissensi incominciano a scriversi, aggravando irrimediabilmente le cose. In una lettera datata 24 aprile 1955, Flaiano rimbrotta Fellini per aver tenuto una conferenza stampa sul Bidone senza informare né lui né Pinelli, che avevano lavorato alla sceneggiatura per cinque mesi, e lo ricopre letteralmente di insulti, concludendo: “Siamo in pieno Rossellini, ma senza grandezza. Aquestopunto,caroFellini,devo onestamente dirti: continua pure, ma non contare più su di me”. È l’apertura ufficiale delle ostilità. Il 27 giugno del ’56 Fellini invia a Flaiano una lettera apparentemente affettuosa ma nella quale inserisce una delle sue perfidie: “Non deluderti sul conto mio, tanto sono quasi come te”. Nel Natale successivo gli invia un’altra lettera con la quale tenta una rappacificazione , dicendogli fra l’altro che spera di lavorare presto di nuovo con lui. Riprendono infatti a lavorare insieme, in La dolce vita e Otto e mezzo, ma nel ’64 esplodononuoviincidenti.SergioSaviane scrive sull’Espresso che la collaborazione tra Fellini e i suoi sceneggiatori (Flaiano, Pinelli, Brunello Rondi) è finita e il7giugnodel’65Flaianoscrive a Fellini che la loro collaborazione è davvero finita. Qualche tempo dopo Fellini dichiara: “Flaianononstendevamaterialmente, tecnicamente, le sceneggiature dei miei film, ma erano preziose le sue battute”. Questo è più che un insulto, è un manrovescio in pieno viso. I due non si vedono e non si scrivono più. Sembra tutto finito fra loro, ma continuano a interessarsi l’uno dell’altro, si spiano a distanza, per così dire. Allorché, nel’67, Fellini, stressato dalle difficoltà del Viaggio di G. Mastorna, viene ricoverato al Salvator Mundi, Flaiano corre a trovarlo,comefaràFelliniquando, nel marzo del 1970, Flaiano verrà ricoverato in una clinica romana per un infarto al miocardio.
L’ennesimo
incidente
MA ALL’INIZIO del ’72, un ennesimo incidente. Nel corso d’una delle interviste che mi concede periodicamente, Fellini mi dice che ammira Flaiano, ma “è un peccato che non si sia identificato completamenteconlapropriavocazione “, ossia che non abbia scritto altri romanzi. Flaiano si offende di nuovo, ma questa volta a torto. Era lui stesso ad accreditare di sé l’immagine d’uno scrittore pigro, discontinuo, frammentario. Era questo che lo distingueva dagli scrittori d’un libro al mese, era una sorta di stemma araldico (non diceva che avere successo era volgare?). La realtà è che Flaiano, spiritosissimo nei confronti degli altri, lo era un po’ meno quando era in gioco lui stesso. Ne è una riprova la vicenda di Un marziano a Roma, la commedia che nel 1960Gassmanavevamessoinscena al Lirico di Milano. Racconta la giornalista Giulia Massari: “Lo spettacolo registrò un insuccesso travolgente. Venne giù il teatro, ma per i fischi, non per gli applausi. Flaiano si aggirava fra il pubblicocomeunfolle.AlloraMinoMaccaridisse:‘L’insuccessoglihadato allatesta’.Eranoamicifraterni,ma non gli parlò per un anno a causa di quella battuta. Poiché ero scoppiata a ridere, Flaiano se la prese anche con me”. Ma le ragioni per cui Fellini e Flaiano giunsero al punto di rompere i rapporti sono forse più profonde. Flaiano covava in sé un’acuta frustrazione, non soloperchélagloriadeifilmdiFellini ai quali aveva collaborato ridondava soprattutto sul regista, ma anche perché avrebbe voluto fare il regista anche lui, ma non c’era riuscito.