La Stampa 29/9/2010, pagine 46, 29 settembre 2010
Mia nonna suonava l’aspirapolvere - Meir Shalev è uno dei maggior scrittori israeliani, tradotto in tutto il mondo
Mia nonna suonava l’aspirapolvere - Meir Shalev è uno dei maggior scrittori israeliani, tradotto in tutto il mondo. È nato nel 1948: sua madre Batya apparteneva a una della famiglie fondatrici di Nahalal, la prima comune agricola sionista. Il padre era un famoso poeta. Nei suoi romanzi Shalev narra l’epopea rurale dei pionieri ebrei in Terra Promessa. In È andata così, che esce oggi per Feltrinelli (pp. 230, e16) lo scrittore si cimenta per la prima volta con la storia vera della sua famiglia, che per tanti anni è stata la fonte d’ispirazione della sua fantasia narrativa. Al centro di questa storia c’è una nonna maniaca della pulizia, contornata da una ricca galleria di personaggi-parenti e soprattutto da uno strabiliante aspirapolvere americano inviatole da quel doppio traditore di suo cognato che, invece di venire in Terra d’Israele a realizzare il sionismo socialista, è andato dall’altra parte dell’Oceano a far fortuna. Elena Loewenthal ha tradotto in italiano i suoi libri: anni di consuetudine letteraria hanno instaurato tra loro una serena, colloquiale confidenza. Pubblichiamo un dialogo tra lo scrittore e la sua traduttrice. *** LOEWENTHAL: «Qualcuno ha detto che quando traduci un libro prima o poi ti ritrovi a sbirciare nella camera da letto del suo autore. Allora, Meir Shalev, che cosa dovrei dire io, dopo dodici anni di tuoi libri tradotti in italiano? Che nemmeno la cucina, il salotto e la galleria di antenati in corridoio hanno più misteri…». SHALEV: «Mi risulta che questa storia sia ormai un affare di famiglia, visto che ci sono di mezzo anche i libri di una mia cugina, Zeruya Shalev - ma lei fa parte del ramo pazzerello di famiglia, sia chiaro. Però è proprio così, con la traduzione si crea una specie di intimità, quasi una parentela. Che ne diresti di un’ava come nonna Tonia?». LOEWENTHAL: «Non ho di sicuro preso da lei l’ossessione per la pulizia… Ma certo, traducendo È andata così, dove si racconta la sua storia, ho sentito un’aria di famiglia. Continui tuffi di memoria, senza più capire se era la memoria tua o la mia, un déjà vu di fantasie incontrate nei tuoi libri precendenti o una specie di immedesimazione affettiva. La tua Atlantide, il pozzo della memoria e della nostalgia, è Nahalal, la prima comune agricola fondata dai sionisti in Terra Promessa nel 1921. È quella famosa località a pianta circolare spesso oggetto di foto aeree, percorsa in tutta la sua circonferenza una bella mattina degli Anni 30 (forse), dal cavallo e dal carretto di famiglia, carico di uno strabiliante aspirapolvere americano che è, insieme a nonna Tonia, il protagonista di questo libro». SHALEV: «Ah, l’aspirapolvere di nonna Tonia, mi sembra di avere ancora nelle orecchie il suo ronzio ovattato. Anche se in vita mia non l’ho mai sentito con le mie orecchie (o forse sì, una volta, chissà…). Come sai, per me è anche una faccenda di melodie. Per questo, quando esce un mio libro tradotto, per prima cosa voglio sentire che musica ne viene fuori: me ne faccio leggere un brano e lo ascolto». LOEWENTHAL: «Me lo ricordo bene! Di solito, quando si arriva alla fine della frase, sei capace di proseguire in ebraico: sai praticamente tutto a memoria, e riconosci i tuoi libri anche se sono scritti in un’altra lingua. E da quando (eravamo in una libreria di Milano) sentisti una pagina di Per amore di una donna, il tuo primo romanzo tradotto in italiano, è nata una specie di intesa, fatta di parole stampate e emozioni condivise». SHALEV: «Altro che “come pochi giorni”, la frase che nella Bibbia indica il tempo percepito da Giacobbe per conquistare la sua amata. Quattordici anni passati in un baleno. Ho l’età dello Stato d’Israele e quando ripenso a quelle gite da Gerusalemme a Nahalal sul camion del latte per andare a trovare la nonna, mi sembra passata un’eternità». LOEWENTHAL: «Nato a Gerusalemme, sei tutt’altro che uno scrittore metropolitano: i tuoi libri sono ambientati in campagna, possibilmente nella valle di Iezreel; la città, Gerusalemme o Tel Aviv, compare sempre e solo come una fugace parentesi». SHALEV: «Sì, non sono certo un animale da città, anche se per parte di padre appartengo a Gerusalemme. Nahalal che descrivo in È andata così è il mio ambiente naturale. I suoi orizzonti che a mia madre allargavano i polmoni ogni volta che vi tornava. Il latte appena munto, le verdure fresche!». LOEWENTHAL: «Mi ricordo una mattina di tanti anni fa a Rapallo: prima di ricevere un prestigioso premio letterario, hai spazzato delicatamente via dal tavolo d’albergo le confezioni di marmellate, biscotti, croissant, e fatto colazione con una fetta di pane e olio. Così è il cibo dei tuoi libri, semplice ma vero. La mitica nonna Tonia non passerà certo alla storia per il suo brodo di pollo. Piuttosto per la sua insalata di patate bollite - altro che elaborati pranzi di Babette e madeleines…». SHALEV: «Ma questa è una storia vera, con tanto di personaggi veri e nomi veri! Se non che, come per tutte le storie della nostra famiglia, anch’essa contempla svariate versioni, ciascuna con le sue esagerazioni e aggiunte e rimozioni e migliorie…». LOEWENTHAL: «Dopo tanti anni di storie inventate, tradurre È andata così e connettersi con gli archetipi in carne, ossa e parole è stata un’emozione. Proprio come ritrovare dei parenti dopo tanti anni. Nonna Tonia, nonno Aronne, la loro prole, gli animali della fattoria - dal sussiegoso cavallo bianco alle galline in fuga per l’aia quando era ora di brodo - sono tutti vecchie e care conoscenze». SHALEV: «Sono passati tanti anni dalla morte di mia nonna e mia madre, eppure, da quando è uscito il libro, ci sono sempre fiori freschi sulle loro tombe. Si può forse sperare di ottenere qualcosa di più, da un romanzo?». LOEWENTHAL: «Certo che no. E dopo tanto tempo passato insieme a questa grande famiglia un po’ pazzerella - un ramo qui e un ramo là -, anche tradurre quest’ultimo, bellissimo libro è stato come lasciare un fiore su quelle tombe, con tanto affetto e un pizzico di nostalgia».