Vincent Jauvert, Le Nouvel Observateur 29/9/2010, 29 settembre 2010
Victor Bout, alias Viktor Boulakin, alais Vadim Aminov, alias Vitali Sergitov, anche noto come il «mercante della morte», è il trafficante d’armi più pericoloso al mondo
Victor Bout, alias Viktor Boulakin, alais Vadim Aminov, alias Vitali Sergitov, anche noto come il «mercante della morte», è il trafficante d’armi più pericoloso al mondo. Russo, 43 anni, dopo due anni di detenzione nelle carceri di Bangkok, dove indossa l’uniforme arancione e porta le catene ai piedi, ha perso 30 chili ma porta ancora i baffi. Ha una figlia, Elizabeth, di 14 anni e una moglie, Alla Bout. Due anni fa è caduto in una trappola tesa da degli agenti americani che si sono fatti passare per dei rappresentati delle Farc che avevano bisogno di armi per alimentare i loro conflitti. È stato arrestato in fragranza di reato. La Casa Bianca ha chiesto l’estradizione e sembrava che l’avesse ottenuta tant’è che il 20 agosto Washington aveva organizzato tutto: un aereo dell’Air Force e un commando di 50 soldati pronti ad agire in caso di evasione. In più aveva promesso a Bangkok, in cambio del trafficante, tre elicotteri Black Hawks e 120 milioni di dollari di materiale militare. Ma il 24 agosto le autorità thailandesi hanno fatto marcia indietro: «Non ci sarà nessuna estradizione. Almeno non prima dell’udienza prevista il 4 ottobre», ha detto il Primo Ministro. Al momento la Thailandia si trova in mezzo alle opposte mire di due superpotenze, gli Usa e la Russia. Washington vuole l’estradizione, mentre Mosca si è impegnata in una vasta campagna per bloccarla. Secondo Juan Zarate, direttore delle operazioni di controspionaggio americane contro il trafficante d’armi, «il Cremlino si oppone all’estradizione perché Bout ha legami molto profondi con l’establishment russo». Di recente un ministro thai ha supplicato la Casa Bianca e il Cremlino di trovare un accordo entro il 4 ottobre per non lasciare la Thailandia sola davanti ad una decisione così importante. *** Bout, luogotenente, dopo aver studiato francese, spagnolo, farsi e portoghese alla scuola militare di lingue straniere viene mandato per anni, come ufficiale interprete, in Angola e poi in Mozambico. Nel 1992, dopo lo smantellamento dell’esercito sovietico, viene mandato in pensione d’ufficio all’età di 25 anni. Qualche mese dopo riappare in Belgio proprietario di una flotta di tre aerei militari Antonov del valore di 120 mila dollari, avuti grazie a generosi finanziatori sconosciuti («allora non era difficile trovare soldi», ha detto Bout in un’intervista dei primi anni 90). In meno di otto anni diventa il più grande trafficante di armi in Africa: Il suo nome «appariva in ogni conflitto che cercavamo di risolvere e aveva capacità logistiche di cui pochi Stati possono vantare» (Lee Wolosky, consigliere di Clinton). Nel 2000 la sua flotta è di 60 aerei Antonov. Le sue compagnie sono basate nello Swaziland, a Sharjah in Congo. Vende armi in 17 paesi (per lo più sotto embargo), ha più di trecento dipendenti, i suoi piloti sono stati addestrati a non farsi scoprire dai radar, a iscrivere false identità sugli apparecchi e ad atterrare su piste di fortuna. Alimenta con armi russe la guerra in Angola, è il principale fornitore di Charles Taylor in Liberia (oggi in prigione per crimini contro l’umanità), consegna migliaia di Kalashnikov durante il seconda guerra del Congo (rifornisce più di 20 gruppi armati e 8 paesi che partecipano al conflitto). A 32 anni è miliardario. In Liberia si fa pagare in «diamanti di sangue» che fa valutare da un esperto di pietre preziose che gli sta sempre al fianco. Altrove lo pagano in coltan (metallo strategico che viene usano in elettronica o per i motori di aerei). Nel 2000 Poutine fa grandi pulizie nel commercio di armi ma risparmia Bout, che si rifugia a Mosca dove viene protetto anche nel 2002 quando gli arriva il primo mandato d’arresto internazionale per violazione dell’embargo. Dalla madre Russia continua i suoi traffici, fornendo armi all’Iran nel 2005 e agli Hezbollah nel 2006. Secondo il tink tank americano Stratfor Bout avrebbe legami stretti con il braccio destro di Poutine, Igor Setchine, il vice primo ministro che tra le sue mansione ha la gestione del petrolio e del traffico di armi. Sempre secondo Stratfor i due si sarebbero conosciuti negli anni 80 in Mozambico, dove ancheSetchine faceva l’interprete. Ad avallare il legame con il Cremlino c’è anche la giornalista russa Yulia Latynina, che scrive: «Nel marzo del 2008 Bout si è fatto incastrare da agenti americani che si era fatti passare per rappresentanti della Farc - gruppo armano colombiano molto antiamericano - e dalle conversazioni registrate in cui si diceva capace di fornire centinaia di missili antiaerei di fabbricazione russa. Ed è impossibile che si ci possa procurare simili materiali sofisticati senza l’appoggio del Cremlino». Sempre secondo la giornalista russa, Mosca avrebbe utilizzato Bout per alimentare la lotta armata delle Farc in modo da infastidire Washington.