Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 29/9/2010, 29 settembre 2010
PENSIERO LIBERO CONTRO LA MAFIA
Le dichiarazioni di Silvio Berlusconi sulla mafia, si ispirano a modelli illustri. Il boss Luciano Liggio, intervistato da Enzo Biagi per Rai1 il 20 marzo 1989, argomentò: “Quando il giudice mi ha interrogato mi sono accorto che mi trovavo di fronte a un ammalato. Se dietro a varie scrivanie dello Stato ci sono degli psicotici la colpa non è mia. Perché non fanno delle visite adeguate a questa gente prima di affidare loro un ufficio?”. Non poteva immaginare, il boss corleonese maestro di Riina e Provenzano, che 14 anni dopo un presidente del Consiglio avrebbe dichiarato, sulla sua scia, al quotidiano britannico The Spectator: “Questi giudici sono doppiamente matti! Per prima cosa, perché lo sono politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro, è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana”. (…) Poi se la prendeva con chi aveva avuto la malaugurata idea di inventare La Piovra: “Speriamo di non fare più queste cose sulla mafia come La Piovra, perché questo è stato un disastro che abbiamo combinato insieme in giro per il mondo. Non ce ne siamo resi conto. Ma tutto questo ha dato del nostro Paese un’immagine veramente negativa”. Immediato il plauso di Riina: “Ha ragione il presidente Berlusconi, tutte queste cose sono invenzioni, tutte cose da tragediatori che discreditano l’Italia e la nostra bella Sicilia. Si dicono tante cose cattive con questa storia di Cosa Nostra, della mafia, che fanno scappare la gente. Ma quale mafia, quale piovra, sono romanzi...”. (…) Nessuno stupore, dunque, se l’unico politico italiano che non si è mai congratulato con la polizia per la cattura di Bernardo Provenzano è stato proprio il Cavaliere, all’epoca presidente del Consiglio. E nessuna meraviglia quando, alla vigilia delle elezioni del 2008 prima Dell’Utri poi Berlusconi definirono “eroe” Vittorio Mangano, il mafioso sanguinario loro amico ed ex dipendente. (…) Un anno e mezzo dopo il Cavaliere tornato al governo completò l’opera. In un pubblico discorso a Olbia, raccontò una barzelletta sul silenzio omertoso (pardon, eroico) dei siciliani, poi se la prese con i film e i libri contro la mafia: “Se trovo chi ha fatto le nove serie de La Piovra e chi scrive libri sulla mafia che vanno in giro in tutto il mondo a farci fare una bella figura, giuro che li strozzo. (…) Serie televisive come La Piovra e libri come Gomorra fanno cattiva pubblicità all’Italia nel mondo, promuovendo la mafia”. Questi testi non glieli scrive nessuno: gli vengono così, dal profondo del cuore o di qualche altro organo meno vitale. (…) Il rischio, per il Cavaliere e i suoi cari, è che Cosa Nostra perda davvero la pazienza, come avvenne nel 1992 con gli assassinii degli uomini-cerniera fra mafia e politica, Salvo Lima e Ignazio Salvo. Già, perché la legge anti-pentiti del 2001 gli scudi fiscali, l’asta dei beni sequestrati, i progetti di riforma del concorso esterno, il bavaglio alle intercettazioni emersi nell’attuale legislatura sono utilissimi ai mafiosi che stanno fuori. (…) In un clima come questo, che evidenzia una trattativa mai chiusa, anzi tuttora in corso, occorrerebbe una classe politica che parla una sola lingua, possibilmente non biforcuta. Invece, agli avvertimenti dei mafiosi, fanno seguito ammiccamenti, strizzatine d’occhio, quando non addirittura pubblici elogi dell’omertà. Questo libro ha questo significato alto: pronuncia parole chiare, nette e definitive che tutti i politici, se potessero, dovrebbero semplicemente copiare, mandare a memoria e ripetere in ogni occasione. Chi lo acquista compie un gesto dal doppio valore: reagire al “dialogo” berlusconiano con la mafia per le “riforme condivise” con la criminalità organizzata e non, e sostenere la libertà d’informazione in tempi di bavaglio. Chi lo acquista entra in sintonia con gli autori che hanno deciso di rispondere per le rime all’editto di Olbia. Sono 23 scrittori che provengono dal giornalismo, dall’università, dall’associazionismo e da sperimentazioni letterarie. Chiusi in una stanza come carbonari, si sono guardati negli occhi: “Allora, che si fa?”. La risposta è stata immediata, all’unisono: “Bè, se lui vuole strozzare chi scrive di mafia, allora dovrà strozzarci tutti”. L’assemblea si è conclusa tra risate e applausi. La forza di quest’antologia sta tutta nella capacità di diventare un “collettivo”, una voce tra le voci che sale dalla società, anzi dalla strada, dal campo, e alterna indagini sociali, inchieste giornalistiche, racconti letterari e saggi scientifici con un linguaggio divulgativo accessibile a tutti. (…) Un’esplorazione dei fattori materiali e culturali che consentono al crimine organizzato di soggiogare persone, comunità, territori, economie, istituzioni. Ma anche una ricerca sulle risorse a cui è possibile attingere per liberare i corpi e le coscienze. Storie vissute, sudate, pensate. Nessuna tessera, nessuna etichetta di comodo: pensiero libero. Una scrittura arrabbiata, sgradevole , scomoda, convinta della possibilità di attraversare i confini imposti da redazioni e salotti, “scuole di pensiero”, appartenenze di partito, di cricca, di accademia. Se Berlusconi pensava di strozzarne uno per educarne cento, ora ha trovato almeno 23 scrittori che lo sfidano a strozzarli tutti insieme. Non sarà facile, l’unione fa la forza.