PAOLO PASSARINI, La Stampa 29/9/2010, pagina 5, 29 settembre 2010
Adro, Napolitano con la Gelmini “Quei simboli vanno rimossi” - In occasione delle sue visite ufficiali all’estero, il presidente della Repubblica trova sempre il tempo per incontrare il personale della locale ambasciata italiana
Adro, Napolitano con la Gelmini “Quei simboli vanno rimossi” - In occasione delle sue visite ufficiali all’estero, il presidente della Repubblica trova sempre il tempo per incontrare il personale della locale ambasciata italiana. In genere, però, questo incontro avviene alla fine della visita, come atto di ringraziamento per il supporto ricevuto. Ieri, invece, Giorgio Napolitano ha anticipato l’incontro al primo giorno del suo soggiorno parigino e, alla luce di quanto ha detto e delle polemiche suscitate in patria dalla virulenta sortita anti-Roma da parte del ministro della Repubblica Umberto Bossi, è difficile pensare che questa scelta sia stata casuale. Non a caso, nella serata di ieri, il Quirinale ha anche diffuso una nota sulla scuola di Adro, nella quale il segretario generale, Donato Marra, informa che «il capo dello Stato ha apprezzato il passo compiuto dal ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini», invitando il sindaco «a rimuovere quelle esibizioni». Napolitano, aggiunge la nota, «ha ribadito la sua convinzione che nessun simbolo identificabile con una parte politica possa sostituire in sede pubblica quelli della nazione e dello Stato». Nel breve discorso pronunciato all’ambasciata italiana di Parigi, il presidente ha sottolineato un solo punto, quello della necessità di rafforzare l’unità nazionale. «La celebrazione del centocinquantesimo anniversario dello stato nazionale unitario -ha detto Napolitano- deve essere l’occasione per un rilancio del sentimento e della consapevolezza dell’unità nazionale». Si tratta, con tutta evidenza, di una sottolineatura del tutto coerente con quello che costituisce il tema principale del suo viaggio, che è proprio quello di dare una spinta ai numerosi eventi culturali che sono in programma nella capitale del paese che fornì un aiuto decisivo al successo della causa unitaria. E’ dunque del tutto normale che il presidente italiano, in visita a una capitale in cui rimbalzano le celebrazioni per il centocinquantenario dell’unità nazionale, ne sottolinei l’importanza. Resta tuttavia significativa quell’eccezione alla prassi normale, che conferisce nei fatti un’attualità politica più battente alla sua dichiarazione di ieri mattina. D’altra parte, anche se escludono in forma tassativa ogni possibile commento del presidente sia sulle dichiarazioni di Bossi sia sulle tensioni monegasche nella maggioranza, le fonti autorizzate rinviano, per il primo di questi due punti, all’intervento pronunciato da Napolitano lunedì scorso nella sala Giulio Cesare del Campidoglio, quando gli è stata conferita la cittadinanza romana «ad honorem». In quell’occasione, riferendosi a certe «reazioni di rigetto della comune eredità» come «la grandezza storica di Roma», il presidente sostenne che «nulla può giustificare la mortificazione della consapevolezza di un retaggio che rimane componente essenziale della nostra identità e del nostro messaggio come nazione italiana». Subito dopo citò uno degli ultimi discorsi di Cavour (marzo 1861, nove anni prima della breccia di Porta Pia), in cui lo statista piemontese spiegava come «senza Roma capitale d’Italia, l’Italia non si può costituire». «Roma -altra citazione di Cavour da parte di Napolitano- è la sola città d’Italia che non abbia memorie esclusivamente municipali». Come dire: possono menare lo stesso vanto anche i leader della Padania?