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 2010  settembre 29 Mercoledì calendario

I FINIANI: ORA FINI SI DIMETTA

La cucina acquistata a Roma dal presi­dente della Camera e dalla sua compa­g­na Elisabetta era destina­ta alla casa di Montecar­lo, come sostenevamo noi del Giornale nono­stante le ripetute smenti­te. Oggi aggiungiamo che non solo la cucina, ma an­che altro mobilio fu scel­to e comperato nella capi­tale e spedito nel Princi­pato. Sembra un detta­glio da poco, ma non lo è. Dimostra che Fini sapeva benissimo di quell’affare e non era «turbato», signi­fica­che nel videomessag­gio agli italiani non ha det­to tutta la verità. Che la si­tuazione si stia facendo sempre più imbarazzan­te lo hanno capito anche i finiani,tanto che l’ideolo­go Alessandro Campi, di­rettore scientifico della fondazione Fare Futuro, ieri ha consigliato calda­mente a Fini di dimettersi da presidente della Came­ra. Non per il fango di Montecarlo - ha precisa­to - ma per aver le mani libere e guidare il nuovo partito senza lacci e con­dizionamenti istituziona­li. Giusto, noi lo sostenia­mo da tempo, ma le cose non stanno soltanto così. In realtà sono diversi i motivi che hanno portato i finiani a chiedere le di­missioni del loro leader. Primo: temono che da un momento all’altro arrivi (cosa molto probabile) la famosa prova regina di fronte alla quale Fini, co­me da lui annunciato, si dovrà dimettere con infa­mia, in quanto complice o fesso. Un rischio che nessuno vuole più corre­re alla luce delle tante bu­gie già smascherate. Que­sta è anche la preoccupa­zione, ed ecco il secondo motivo, che il Quirinale ha fatto filtrare con discre­zione a chi di dovere. Ma a Napolitano interessa so­prattutto tutelare in via preventiva, oltre che Fini, lo scranno della terza cari­ca dello Stato finita ostag­gio del cognato ferrarista, sbeffeggiata in diretta tv da un simpatico ma sco­modo imprenditore (Gaucci) ex fidanzato del­la moglie, succube di una suocera a caccia di appal­ti in Rai. Se lo show doves­se continuare, l’onore del­l’intera Camera rischia di essere triturato nella più ridicola e assurda delle sit­com familiari.
Terzo motivo: non è più sostenibile - né utile al­l’impresa Fli, come dice Campi- la favola del presi­dente super partes. Fini è un giocatore, che scenda in campo, fondi ufficial­mente un partito e vada come vada. Non a caso l’annuncio dell’autosilu­ramento arriva a poche ore del voto alla Camera sul discorso programma­tico di Silvio Berlusconi, bivio decisivo per il futu­ro della legislatura. Incas­sati ieri sette nuovi voti da transfughi dell’opposizio­ne ( cinque ex Udc, due ex rutelliani) il Premier ha deciso di andare alla pro­va di forza ponendo la fi­ducia sul suo documen­to, non concordato (no­nostante una richiesta di Bocchino che sapeva di ultimatum) né visionato prima dai finiani che non hanno così la dignità di terza gamba della mag­gioranza. La palla passa a Fini, che senza lo status formale di alleato dovrà decidere se sostenere o no «il Pdl che è morto» (sue parole) e l’odiato Bossi, non sapendo nep­pure se la sua scelta sarà decisiva, per via dei sette voti transfughi e della ge­nerale paura di tutti i de­putati di andare a casa.