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 2010  settembre 29 Mercoledì calendario

INTERVISTA A PIETRO MENNEA

Povero Mennea, nel senso di Pietro, un nome, una garan­zia, inutile fare presentazioni. C’è rimasto proprio male.E su In­ternet ha lanciato il grido di dolo­re: «Ragazzi,sto guardando«Por­ta a Porta » e ho appena scoperto che non sono mai esistito!!!». Ro­ba da Tapiro (magari arriverà) a Bruno Vespa e ai suoi interlocuto­ri, che poi erano Gianni Petrucci, presidente del Coni, Livio Berru­ti, campione olimpico di Roma nei 200 metri, oltre a Nino Benve­nuti, un altro che non ha bisogno di presentazione, e gli ospiti del salotto. Riavvolgiamo il nastro. Cos’è successo? Venerdì scorso, nel «Porta a Porta» dedicato alle Olimpiadi di Roma nel 1960, Ve­spa chiede a Petrucci: «Perché non abbiamo avuto un altro Ben­venuti o un altro Berruti? ».E l’in­solitamente distratto Presidente del Coni ha replicato parlando di un mondo che cambia, di piccoli paesi che prendono forza. In­somma ha dimenticato che, se Benvenuti non ha avuto eredi, l’Italia dell’atletica ha visto nasce­re Mennea con vittorie e record mondiale al seguito. Personag­gio ed emblema in tutti i sensi.
Mennea che dire?
«Che il presidente del Coni è bocciato in storia dello sport. Sa­rà meglio torni a scuola. Se vuole gli faccio lezione, mezzora alla settimana».
Strana dimenticanza....
«Che vuole! Il mondo è fatto di cose mediocri. Non posso pren­dermela più di tanto, non si può star sempre dietro a tutto. Han­no dimostrato i loro limiti».
Anche Vespa e Berruti?
«Guardi, darei il tapiro d’oro a Vespa e Petrucci, quello di bron­zo a Berruti che è meno colpevo­le. Ma quando dice che ha vinto solo con il talento, manda un messaggio negativo ai ragazzi. Talento e qualità vanno allenate, servono sacrifici per arrivare. Va­le in tutti i campi».
Berruti è stato un grande campione...
«Ma io ho vinto qualcosa in più. Lui, con il suo talento, pote­va raccogliere di meglio, andare più in alto. Io avevo meno talen­to, ma sono andato oltre. Ho co­minciato con gli atleti del ’ 68 a Cit­tà del Messico e ho chiuso con la generazione di Carl Lewis. Un lungo arco di tempo, vent’anni di storia. Ho partecipato cinque volte alle Olimpiadi e fatto quat­tro finali olimpiche. E solo una volta ho trovato lo stesso avversa­rio: Don Quarry. Da quando ero ragazzino ho affrontato più di 630 sprinters, oltre 530 gare. Co­minciavo a correre a maggio e concludevo a ottobre: davo sem­pre un segnale di esistenza. Pen­so di essere andato al di là dello sport».
Per completare: e adesso co­sa fa?
«Mi dedico solo alla professio­ne legale e fra poco andrò in pen­sione. Ho chiuso con la politica, ma faccio ancora parte della commissione europea dei supe­­resperti di sport».
Magari, nel mondo, la ricor­dano più che a «Porta a Por­ta »?
«Ci può scommettere: ho in­contrato persone che hanno la­vorato nelle miniere belghe. Li ho visti piangere, orgogliosi di es­sere italiani come me e con me. Sono andato in Australia, Ameri­ca: la gente nostra mi ha ringra­ziato per quello che ho fatto. Poi vedi la tv e ti cascano le braccia».
Suvvia, conceda la dimenti­canza da abbaglio tv?
«Ma Petrucci è presidente del Coni! Non puoi parlare delle Olimpiadi di Roma e dimentica­­re la storia.
Lo sa che Ileana Salva­dor, l’ex marciatrice,ha chiama­to dalla Svezia: ha visto ed è salta­ta sulla poltrona».
Parliamo di poltrone da pre­sidente: su Facebook c’è qualcuno che vuole Men­nea presidente... dell’atleti­ca.
Vero?
«Si, lo so: è nato questo gruppo che mi vorrebbe. E mi fa piacere. Ho fatto capire, però, che sono operazioni decise altrove. Bello che ci sia una volontà di base, ma è difficile che vada in porto. Fare il presidente non è la mia ambi­zione di vita, soprattutto ora che sto per andare in pensione. Però se vogliono un contributo... Ed è la prima volta che un social network lancia un’idea del gene­re ».
Quali sono i problemi del­l’atletica?
«Non c’è gente motivata che creda a qualcosa. Ci vorrebbe un esame universitario per vedere chi è preparato e chi no. Io accet­to un esame con chiunque».
Lo sport è corro­so da molti pro­blemi...
«Quando incon­tro gli studenti, ne ho incontrati più di mille sul territorio, dico che lo sport può farti diventare Usain Bolt e dare una svol­ta alla vita. Ma lo sport ti può prepara­re alla vita di tutti i giorni: questo conta. Si deve parlare di la­voro, sacrificio, dedi­zione, non bisogna essere superficiali».
Un voto allo sport di oggi?
«Dico solo, attenzione a non fi­nire come la Grecia e come quelli che hanno organizzato le Olimpi­adi: in crisi economica. L’Inghil­terra ha detto che, se avesse previ­sto la crisi, avrebbe rinunciato ai Giochi del 2012».
Quindi abbandoniamo l’idea dei Giochi a Roma?
«Dico: non dobbiamo dimo­strare a nessuno di essere capaci, ma pensiamo agli aspetti econo­mici. Il nostro sport, grazie ai 470 milioni di contributi, è il più ricco al mondo. Però il 75% delle meda­glie di Pechino è stato vinto dai gruppi militari».
Bene, allora come sfidare il futuro?
«Credo nell’associazionismo sportivo. Può farcela dove altri hanno fallito. Ora tutto passa per la scuola. Servono altre soluzioni per la funzione educativa dei gio­vani. Questa è la sfida».