Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  settembre 29 Mercoledì calendario

DENTRO IL VULCANO VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEL RITMO DELLA TERRA - ROMA

Un´esplorazione alla Jules Verne, nel centro della Terra. Ha i tratti dell´eccezionalità l´esperimento che, nei prossimi giorni, prenderà il via a Bagnoli. È un progetto che si propone di perforare uno dei vulcani più pericolosi al mondo: quello dei Campi Flegrei. Si inizierà con un pozzo pilota che raggiungerà i 500 metri di profondità. Durante la perforazione si metteranno a punto i meccanismi necessari per spingersi poi fino a 4 mila metri, dove si incontreranno temperature che potranno toccare anche i 500° centigradi.
«La scelta del luogo è dettata innanzitutto dal fatto che si trova sul bordo della caldera (è così si chiama la parte sprofondata del vulcano principale, ndr) e questo ci permette di ricostruire la stratificazione di tutte le eruzioni che vi sono state nel passato», spiega Giuseppe De Natale, dell´Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e coordinatore del Campi Flegrei Deep Drilling Project.
Le eruzioni più antiche di questo vulcano risalgono molto probabilmente a circa due milioni di anni fa, ma di questi fenomeni si hanno pochissime informazioni. È solo da circa 40 mila anni, invece, che è possibile ricostruire le conseguenze delle eruzioni. Una di queste, avvenuta 39 mila anni or sono, fu così violenta da disperdere le polveri su gran parte della Campania e molto probabilmente ebbe conseguenze di non poco conto sul clima del pianeta. Un´altra spaventosa eruzione si verificò circa 15 mila anni fa. Da allora si sono contate una sessantina di altre eruzioni, più o meno violente. L´ultima attività è stata quella registrata nel 1538 sul Monte Nuovo, dopo un periodo di quiescenza di circa tremila anni. Si è trattato di una delle eruzioni di minore intensità che sono siano state documentate.
L´area vulcanica dei Campi Flegrei è nota anche per il bradisismo, quel movimento lento del suolo che negli anni tra il 1970 e il 1972 e successivamente tra il 1982 e il 1984 ha portato a un sollevamento del suolo che in pochi mesi ha raggiunto anche i 3,5 metri. «Con questo pozzo vogliamo studiare l´acquifero che esiste in profondità, il quale probabilmente è causa di questa variazione del livello del suolo - continua De Natale -. L´acqua infatti, se scaldata dal magma sottostante, crea una forte pressione e questo può determinare un sollevamento notevole del terreno. Un fenomeno che si è manifestato anche in altri grandi caldere, come a Yellowstone o a Long Valley. Lo studio dell´acquifero è importante anche perché la gran parte dell´attività eruttiva dei Campi Flegrei, soprattutto quella esplosiva, è legata proprio all´interazione tra gli acquiferi e il magma sottostante».
Ma non c´è pericolo che il pozzo finisca nella camera magmatica causando esplosioni pericolose? «No - ribadisce De Natale - perché sappiamo da altri studi che il magma è molto profondo e poiché ha una temperatura di circa 1.000 gradi centigradi i nostri sensori ci fermeranno quando saremo a una temperatura di 500 gradi. Quindi, ancora molto lontani dal magma».
Di diverso avviso però è un gruppo di ricercatori dell´Università di Napoli Federico II. «Sondaggi in aree geotermiche hanno già provocato negli anni recenti incidenti drammatici in Islanda, Nuova Zelanda e a Fiumicino, in Italia. Sul sondaggio nel Lazio e sull´incidente che si è verificato nel 2007 è stato pubblicato un articolo scientifico a firma del professor Franco Barberi, presidente della commissione Grandi rischi della Protezione civile», spiega Benedetto De Vivo, ordinario di Geochimica ambientale. «Inoltre - fa presente il ricercatore dell´Università di Napoli in un recente articolo su Nature - non si può non rimanere esterrefatti di fronte alla decisione di collocare, tra l´altro, un´attività industriale all´interno di un´area sulla quale è in corso una bonifica e che, una volta recuperata, dovrebbe essere destinata a parco pubblico, attività residenziali e altro». Dubbi legittimi. Tuttavia, secondo l´Ingv, l´attenzione che verrà posta durante il lavoro sarà tale da impedire ogni forma di incidente e tutti i fanghi di perforazione (che sono inquinanti) saranno trattati per impedire qualunque forma di inquinamento nell´area di lavoro.