ROSALBA CASTELLETTI, la Repubblica 29/9/2010, 29 settembre 2010
IRAN, NUOVO GIALLO SU SAKINEH "SARÀ IMPICCATA MOLTO PRESTO" - PRIMA
l´annuncio della procura generale iraniana: Sakineh Mohammadi Ashtiani è stata condannata a morte per complicità in omicidio e non più per adulterio, e verrà punita con la forca, non più con la lapidazione. Poi la smentita del ministero degli Esteri: «Le due accuse devono essere ancora riesaminate». Dopo quattro anni di iter giudiziario e mesi di mobilitazioni internazionali, da Teheran continuano a giungere notizie contrastanti sulla sorte della vedova iraniana.
A fugare ogni speranza di salvare la donna quarantatreenne era stato lunedì sera il procuratore generale e portavoce dell´autorità giudiziaria iraniana, l´ultraconservatore Gholam-Hossein Mohseni-Ejei. «Secondo la decisione del tribunale, Sakineh è stata condannata per omicidio e la condanna a morte prevista per questo delitto (l´impiccagione, ndr) ha la priorità sulla pena prevista per il reato d´adulterio (la lapidazione, ndr)», aveva detto in conferenza stampa raccontata dal Tehran Times. Un annuncio che ben si inseriva nella scia dei precedenti tentativi delle autorità iraniane di rispondere alle pressioni internazionali spostando l´attenzione dalla condanna per adulterio a quella per omicidio. «Se rilasciare tutti gli omicidi deve essere una questione di diritti umani, allora tutti i Paesi europei dovrebbero fare lo stesso», si era spinto a dire a inizio settembre il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Ramin Mehmanparast, mentre lo stesso presidente Mahmoud Ahmadinejad aveva denunciato da New York la politica occidentale dei «due pesi e due misure» opponendo alla mobilitazione occidentale per Sakineh il «silenzio» sull´esecuzione negli Usa della disabile Teresa Lewis.
Sempre coerentemente con le precedenti provocazioni iraniane, Mohseni-Ejei lunedì aveva poi aggiunto: «Il caso non deve essere politicizzato». Se il figlio di Sakineh, Sajjad Ghaderzadeh, ieri aveva subito precisato che l´annuncio ufficiale della condanna arriverà solo fra due settimane, ad aprire margini per altri colpi di scena è stato l´intervento di Mehmanparast. «La procedura giudiziaria non è ancora completata e il verdetto finale sarà annunciato solo al suo termine», ha detto durante il suo consueto briefing settimanale con la stampa.
Secondo alcuni osservatori, dietro al susseguirsi di annunci e smentite sul caso di Sakineh, altro non ci sarebbe che un braccio di ferro tra potere religioso e laico: l´annuncio del portavoce dell´autorità giudiziaria iraniana che fa capo alla Guida Suprema, l´ayatollah Ali Khamenei, avrebbe avuto il solo obiettivo di screditare Ahmadinejad che a New York aveva negato l´esistenza di una condanna alla lapidazione, mentre la smentita di Mehmanparast s´iscriverebbe nella volontà di Ahmadinejad di smarcarsi da Khamenei.
Quel che è certo è che, mentre la comunità internazionale si mobilita con appelli e manifestazioni per Sakineh, la macchina della repressione iraniana non si arresta. Proprio ieri è giunta notizia della condanna a oltre 19 anni di prigione contro Hossein Derakhshan, il "padre dei blogger iraniani" in isolamento in carcere già da due anni. E nelle carceri iraniane, oltre a Sakineh, vi sono altri 24 iraniani - 20 donne e quattro uomini - che rischiano la morte sotto il colpo delle pietre e oltre 800 prigionieri politici, decine dei quali condannati a morte.