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 2010  settembre 29 Mercoledì calendario

Dove gli italiani diventano ratti da cacciare (+ commento Ferdinando Camon) - Una campagna pubblicitaria choc trasforma gli italiani e i romeni in ratti che affondano i denti nel formaggio Canton Ticino

Dove gli italiani diventano ratti da cacciare (+ commento Ferdinando Camon) - Una campagna pubblicitaria choc trasforma gli italiani e i romeni in ratti che affondano i denti nel formaggio Canton Ticino. Iniziata su Facebook è finita su enormi cartelli pubblicitari nelle strade. Il ratto piastrellista transfrontaliero Fabrizio, sul manifesto sotto accusa, è protetto da un elmetto giallo. Giuseppe, 50 anni, muratore di Cannobio, di giallo ha i denti devastati da cure al risparmio e le dita precocemente invecchiate dalla nicotina. Tutte le mattine si alza alle 5 per oltrepassare la frontiera in tempo per l’apertura del cantiere. Macina chilometri di lungolago dove incrocia eleganti ville circondate da parchi in cui, grazie al microclima, le palme convivono con gli abeti. Lui però a Cannobio vive in un bilocale e sospira mentre legge lo slogan che campeggia sui muri di Locarno, «45 mila frontalieri» illustrati come topi, volgarmente definiti ratti, che divorano una forma di formaggio. «Pensavo che il razzismo nei nostri confronti fosse terminato con gli Anni Settanta - dice -. E invece eccoci di nuovo qua a essere pubblicamente insultati». E la dialettica a suon di rimbrotti più o meno scurrili si consuma anche sul sito della campagna pubblicitaria xenofoba www.balairatt.ch. Da ieri mattina il Canton Ticino è rappresentato come una grossa di formaggio e gli stranieri che vi lavorano o che ne limitano il sistema bancario, come dei volgarissimi topi. Che, come dice il proverbio, «quando il gatto non c’è, ballano». Il gatto simboleggia il permissivismo che, secondo il promotore della campagna pubblicitaria xenofoba, favorisce un tale banchetto. Protagonisti dello scialo al gruviera sono: il topo-piastrellista Fabrizio frontaliere di Verbania; l’avvocato lombardo Giulio che con il suo scudo raffigurante tre monti respinge il franco svizzero (mai allusione al ministro all’Economia Tremonti è stata più chiara di così); il romeno Bogdan che con la mascherina blu stile Banda Bassotti è l’inequivocabile esemplificazione del malvivente. E pazienza se il papà dei tre terribili ratti è figlio di due immigrati calabresi. Il pubblicitario Michel Ferrise non prova imbarazzo a rinnegare le sue radici. «Il committente mi aveva chiesto un messaggio forte, provocatorio e io ho eseguito. Ma di certo non odio né gli italiani, né i romeni. Anche se in effetti qualche problema lo stanno creando». Fiato sprecato cercare di conoscere l’identità di chi ha commissionato la pubblicità. «Non posso svelare il segreto». La ridda di voci in proposito è una girandola impazzita. Molti pensano che mister x possa essere un banchiere svizzero stanco della volontà di Tremonti nel voler sottrarre ricchezze e lavoro al sistema creditizio elvetico. Qualcuno è più propenso a credere si tratti di un imprenditore (ma perché mai, considerato che trae convenienza dal lavoro meno caro dei frontalieri?). I politici di destra ticinesi, intanto, negano di essere i mandanti dell’operazione. Ma la accolgono a braccia aperte. «Da anni ci battiamo per i diritti della popolazione svizzera», osserva il presidente della Lega dei ticinesi, Giuliano Bignasco. «I temi sono proprio i nostri - aggiunge Pierre Rusconi, presidente dell’Udc di Locarno, da non confondere con quello italiano, che con il 30% dei consensi costituisce il primo partito in Svizzera -. Da anni ripetiamo anche noi no ai frontalieri, no ai delinquenti dei Paesi dell’Est, no a una politica bancaria che non ci tutela». E Paul, barista svizzero doc, ribadisce che «c’è già poco lavoro per noi, basta con il sostenere chi arriva da oltre confine». Nel Canton Ticino, su 300 mila residenti (di cui 150 mila rappresenta la forza occupazionale), 45 mila lavoratori sono frontalieri. Il 20% della popolazione è straniera e rimpolpa per il 60% le celle del carcere. Musica per le orecchie della propaganda razzista. Del tutto stonata per il parlamentare Pdl Marco Zacchera (area An), che è anche sindaco di Verbania. Ieri sera, in Parlamento, ha chiesto al presidente della Camera Fini di sollecitare il governo a prendere posizioni «sulla campagna anti-italiani in atto in Canton Ticino. È vergognoso definire i frontalieri italiani ratti e chiamare in causa come ratto il ministro Tremonti. Oltre a ledere l’immagine dell’Italia e dei suoi cittadini che in Svizzera lavorano, producono e pagano le tasse, rischia di creare tensione sociale». L’onorevole Zacchera lancia anche un appello anche ai colleghi elvetici: «Mi rifiuto di pensare che un Paese come la Svizzera, con alle spalle oltre 500 anni di democrazia, possa accettare simili espressioni». Nel frattempo, il battage pubblicitario annuncia nuove sorprese. Sabato, per le vie di Bellinzona - capitale del Canton Ticino - circoleranno tre enormi comparse travestite da ratti. Un bel colpo mediatico, soprattutto se si pensa che è il fantomatico committente dell’offensiva pubblicità ha speso appena 20 mila franchi, quasi 15 mila euro. Grazia Longo *** ADDORMENTARSI ITALIANI E SVEGLIARSI RATTI - Un personaggio di Kafka, destandosi una mattina, si trovò tramutato in scarafaggio: «Che cosa m’è accaduto?», si domandò terrorizzato. Il terrore non lo molla più. Noi, lettori occidentali, pensavamo che il grande scrittore praghese, ebreo, intuisse e rappresentasse gli incubi delle minoranze oppresse: essere declassati da uomini ad animali. Ma pensavamo tutto questo sforzando il cervello, per intuire una condizione che non sarà mai nostra: noi siamo occidentali, siamo europei, siamo cristiani, le condizioni a-umane o sub-umane non possono toccarci, sarebbe una contraddizione della storia, e noi siamo autori di storia, padroni della storia. Noi italiani, poi, siamo il centro della cristianità, il cuore dell’arte e della genialità. Mai saremo visti, dai fratelli europei, come animali repellenti o feroci. Non siamo lupi. Non siamo scimmie. Ed ecco, dalla civilissima Svizzera, e dalla parte più italiana della Svizzera, il Canton Ticino, esce uno spot pubblicitario che ci raffigura come topi, anzi toponi. I toponi sono topi grassi. Perché mangiano molto formaggio. Svizzero. Non lo fanno, ma lo mangiano. Entrano in casa e sbafano tutto. Peggio che ladri, sono ladri e rapinatori e parassiti insieme. La didascalia dice: «I ratti invadono la Svizzera italiana», ma il messaggio è: «I ratti italiani invadono la Svizzera». Perché non ci siano dubbi sull’identificazione uomini-topi, i topi, tre, hanno dei nomi. Uno si chiama Fabrizio, vive a Verbania ma va a lavorare in Ticino. Il secondo si chiama Bogdan, è romeno, non ha né casa né lavoro: come uomo, un sotto-uomo, come topo, un sotto-topo. Il terzo si chiama Giulio, e fa l’avvocato. Un Giulio che fa l’avvocato è Tremonti, e Tremonti è descritto poco dopo come citrullo, disonesto, dannoso ai suoi concittadini, sabotatore delle oneste e professionali banche svizzere. Perché, introducendo lo scudo fiscale, richiama dalla Svizzera i capitali illecitamente esportati. Dei tre tipi che incarnano la malaumanità europea, noi italiani siamo presenti in due. La società svizzera-ticinese è laboriosa, risparmia e accumula (il formaggio è lì pronto, una forma enorme), «guadagna bene» (lo dice il testo, con legittimo vanto), insomma rappresenta il benessere capitalistico, e chi sta bene Dio è con lui. Noi italiani siamo il male, e facciamo il male. Non noi napoletani o noi siciliani, insomma noi italiani del Sud, facilmente e ingiustamente disprezzati dal Nord: ma noi italiani del Nord, anzi del Nord del Nord, noi frontalieri della Svizzera. Noi rubiamo il lavoro. Ci facciamo pagare con una cicca, e così eliminiamo ogni concorrenza. I lavoratori svizzeri sono troppo umani e dignitosi, non si fanno pagare da straccioni. E poi hanno una moneta buona, solida, stabile. Non hanno l’euro, ballerino e spregiato. Noi italiani del Nord, sottolavoratori della zona euro, siamo accecati dal salario decente e dal franco. Ma queste non sono esattamente le accuse che noi, italiani del Nord, rivolgiamo agli europei dell’Est e agli africani del Nord? Vengono da aree dove il lavoro è zero, hanno monete rifiutate dalle nostre banche, qui fanno i sottolavori sporchi o malsani o rischiosi che noi scartiamo, si accontentano delle sottopaghe che noi sdegniamo, qui vivono la loro miserabile sottovita, e noi li accusiamo di rubarci i posti (se non ci fossero loro, li occuperemmo noi), entrare nelle case sfitte, e ripagarci stuprando le nostre donne, rubando nelle nostre case, e riempiendo le nostre prigioni. Non diciamo «siete topi», ma gli incendiamo gli insediamenti, per farli scappare. Come gli svizzeri con noi. Gli italiani ai confini della Svizzera sono ratti, dicono, «e noi vogliamo derattizzare». Testuale. È un calcio in pancia che ci sveglia di soprassalto. Apriamo gli occhi, e ci troviamo trasformati in topi. Ferdinando Camon