Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ci sono tragedie che si consumano a stadi: prima un dramma, che ne genera poi un altro ancora più grande.
• Per esempio?
Per esempio il caso della donna assassinata a Napoli. Una signora di 51 anni, incensurata, che ha lavorato tutta la vita, con due figli maschi grandi avuti dal primo marito e due bambine nate dal rapporto col suo secondo compagno, conosciuto a Santo Domingo. Una donna piena di vita, solare, che abitava, con la mamma invalida di 72 anni, in una palazzina al terzo piano nel centro di Portici. Aveva fatto la segretaria di un avvocato in città, poi s’era impiegata in un’agenzia di viaggi al porto di Napoli.
• Come si chiamava?
Teresa Buonocore. Lunedì mattina, pantalone blu e maglietta gialla, è uscita per andare al lavoro a bordo della sua piccola Hyundai Atos grigia. Ha preso l’autostrada, poi ha imboccato via Ponte dei Francesi. Siamo nel quartiere di San Giovanni a Teduccio. Qui la affianca un motorino, con due tizi a bordo. La stanno sorpassando a destra, in modo da trovarsi vicinissimi al bersaglio. Quello che sta dietro le spara due colpi calibro 9, la prende al braccio e al collo. L’utilitaria sbanda, finisce sul marciapiede dall’altra parte della strada. La poveretta rantola. Il motorino si ferma, il killer scende, si avvicina alla macchina e spara altri due colpi addosso a Teresa, finendola. Se ne vanno. Una di quelle storie che, apparentemente, è molto difficile dipanare.
• Dove sta la cosa che ha detto all’inizio, la tragedia che si consuma a stadi?
A 500 metri dalla palazzina dove abita Teresa, sta la famiglia Perillo, marito moglie e una figlia piccola. Il capofamiglia, Enrico Perillo, è un geometra che s’è fatto imprenditore. Questa sua figlia diventa amica di una delle figlie di Teresa. Le due bambine giocano insieme. Le due bambine si trovano a casa di Perillo con altre amichette. È l’anno 2008. Perillo violenta le amichette della figlia. Sono bambine di otto anni. Questo è il primo stadio della tragedia.
• Teresa ha denunciato il pedofilo?
Sì. E si è costituita parte civile al processo. Una madre-coraggio. Perché Perillo non è solo un pedofilo: è stato condannato una volta per omicidio preterintenzionale (una faccenda di gelosia). Ed è un maniaco di armi, che è capace di costruirsi da sé. Si tratta dunque di un uomo violento. Ma questo non spaventa Teresa, che testimonia contro di lui. Risultato: condanna in primo grado per Perillo a 15 anni di reclusione e pagamento di una provvisionale, da versare alla Buonocore di 50 mila euro. I termini per la scadenza della provvisionale scadevano adesso. Secondo la polizia il movente del delitto è questo – i Perillo non volevano pagare - unito all’odio per la donna che non aveva esitato a mandare in galera lo stupratore.
• Come ha fatto Perillo a organizzare l’omicidio? Perché, se l’ipotesi di cui lei mi parla è vera, lui non può che essere il mandante.
L’accusa sembra piuttosto solida. Tre anni fa, nel bel mezzo delle indagini, la porta dello stabile dove abita la donna era stato bruciato da ignoti, e l’incendio non s’era propagato solo grazie all’intervento tempestivo del portiere dello stabile. Adesso Perillo è rinchiuso nel carcere di Modena. Ma la polizia pensa che l’assassinio sia opera materiale di due persone e che forse c’entrino anche la moglie e il fratello del violentatore. È persino possibile che il violentatore sia all’oscuro di tutto e che a ordire l’omicidio siano stati i familiari per non pagare i 50 mila euro. Ma insomma, nella stessa notte tra lunedì e martedì, sono state fermate quattro persone: Patrizia Nicolino, la moglie, di professione medico; Lorenzo Perillo, il fratello; Alberto Amendola, di professione tatuatore, e Giuseppe Avolio, i due esecutori materiali del delitto. Hanno 26 e 21 anni. Sono accusati di omicidio, detenzione e porto illegale di arma da fuoco, relativo munizionamento e porto illegale di arma da fuoco. Il killer materiale sarebbe Amendola che è stato arrestato e – secondo le prime indiscrezioni – ha confessato di aver ricevuto istruzioni dai familiari. I quali poi tenevano in un garage di loro proprietà un autentico arsenale: due pistole mitragliatrici, cinque pistole e 2.632 cartucce di vario calibro, di queste cartucce molte a palla blindata, perforanti ed a pallettoni. Poi due giubbotti antiproiettili, 18 caricatori, 6 valigette per armi, 3 fondine e materiale relativo alla custodia delle armi. L’arma del delitto è stata trovata e, a quello che si sa, proveniva proprio da questo deposito. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 23/9/2010]
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