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 2010  settembre 23 Giovedì calendario

NON CADE IL PRIMATO DELL’ASSEGNO DI ROMITI

Scala la classifica delle superliquidazioni dei manager italiani ma non scalfisce il primato, forse imbattibile, di Cesare Romiti, dall’alto dei 101,5 milioni lordi ricevuti il 22 giugno 1998, dopo 24 anni al vertice della Fiat accanto a Giovanni Agnelli. Con i 40 milioni lordi della buonuscita – cifra ufficiosa ma non smentita – di cui due milioni andranno in beneficenza, che Alessandro Profumo ha concordato con UniCredit per dare le dimissioni, il banchiere genovese va al secondo posto nella graduatoria delle liquidazioni pagate ai dirigenti di società italiane quotate, secondo un’elaborazione del Sole 24 Ore.

Profumo in realtà ingaggia un testa a testa con Matteo Arpe, il giovane banchiere che cadde il 31 maggio 2007 dopo il braccio di ferro con Cesare Geronzi, presidente di Capitalia, pochi mesi prima che l’intesa tra il potente banchiere di Marino e Profumo portasse all’incorporazione di Capitalia in UniCredit. Operazione che, a detta di molti, ha indebolito i conti dell’ex Credito Italiano. Successivamente i rapporti tra Profumo e Geronzi, passato alla guida di Mediobanca e dall’aprile scorso alle Generali, si sono guastati.

Quaranta milioni, se spalmati per i 13 anni in cui Profumo è stato amministratore delegato, corrisponderebbero a un accantonamento annuale – se si vuol tentare un paragone con il Tfr "terreno" dei lavoratori dipendenti – di circa tre milioni. Una somma stellare, anche per un manager che aveva lo stipendio più alto tra i banchieri italiani: oltre nove milioni lordi nel 2007, 3,47 milioni nel 2008, 4,27 milioni nel 2007.

Arpe lasciò Capitalia nel 2007 dopo esserne stato alla guida per quattro anni ricevendo 37,42 milioni lordi, di cui 31,22 milioni di «indennità per risoluzione rapporto di lavoro», 1,278 milioni di Tfr, oltre a 4,45 milioni tra stipendio e bonus per appena cinque mesi di lavoro. Se si rivaluta l’intera somma con i coefficienti Istat che tengono conto della svalutazione per l’inflazione, la somma equivale a 39 milioni del 2009 (coefficiente 1,0446). Se si fa l’adeguamento monetario Istat, il primato di Romiti si allontana ancora di più. I 101,5 milioni del 1998 diventerebbero 128 milioni rivalutati nel 2009.

Di Arpe va ricordato che, uscito da Capitalia, deteneva cinque milioni di stock option esercitabili al prezzo di 4,1599 euro, rispetto a un prezzo di borsa dell’epoca di 7,392 milioni. Il pacchetto di opzioni incorporava dunque una plusvalenza virtuale di 16 milioni lordi. Nel novembre successivo Arpe disse all’Espresso che non aveva esercitato le opzioni perché non ne aveva bisogno e che la plusvalenza netta aveva «un valore virtuale di quattro milioni circa».

Profumo non ha mai esercitato stock option. Il banchiere possiede però 3.373.171 azioni della banca, secondo il bilancio a fine 2009. Sono frutto in larga parte di assegnazioni gratuite come premio oltre allo stipendio (due milioni di azioni assegnate gratis tra il 2006 e il 2008, quando valevano circa 10 milioni), cui sono seguiti negli anni della crisi acquisti sul mercato di circa 840mila azioni pagate da Profumo. Nel 2009, con l’aumento di capitale gratuito per i soci, la partecipazione si è incrementata di 520.329 azioni. Ai prezzi correnti (ieri -4% a 1,823 euro) il pacchetto vale circa 6,15 milioni. Molto meno dei 15 milioni di euro incassati da Arpe con la vendita di oltre 2,17 milioni di azioni Capitalia, frutto di suoi investimenti, cedute alla banca con il diritto di recesso nella fusione Capitalia-UniCredit.

Profumo – ha reso noto la moglie – destinerà due milioni in beneficenza. Un gesto simile lo fece Giovanni Bazoli, quando a fine 2007 ricevette un’indennità speciale di fine mandato dell’ex Banca Intesa. Al banchiere andarono 10 milioni lordi e la banca, su sua indicazione, ne assegnò in beneficenza altri 5 milioni.