Federica Bianchi, L’espresso 23/9/2010, 23 settembre 2010
DRACONIANA ATENE
Nel cuore di settembre Atene è in svendita. Gli sconti estivi non sono finiti. Al contrario. Le vetrine dei negozi sono tappezzate di cartelli a sfondo rosso che annunciano sconti del 50, del 60 e perfino dell’80 per cento. Le boutique di Ermou, un tempo una delle vie dello shopping più caro d’Europa, annunciano "dieci giorni di grandi offerte" e promettono "dieci giorni di felicità". I venditori ambulanti africani sono spariti dai bordi dei marciapiedi, tenuti lontani da squadre di poliziotti urbani, i loro articoli falsi poggiati su stracci di tela sono considerati pericolosi concorrenti di quelli esibiti sugli scaffali. Ad annunciare ribassi del 70 per cento c’è perfino Strogylos, una storica boutique per uomini lungo Stadiou, l’aristocratica strada del centro diventata sinonimo di proteste e dimostrazioni. Dove non c’è un cartello, c’è una serranda abbassata. Secondo un rapporto della Federazione nazionale del commercio greco, da giugno un quarto dei negozi del centro storico ha chiuso i battenti. Nel resto della capitale, dove abita quasi la metà della popolazione greca, a dichiarare bancarotta è stato il 15 per cento degli esercenti. E altri 150 mila li imiteranno questo autunno. "Resisterò fino a dicembre, poi se le cose non miglioreranno sarò costretto a chiudere", spiega Socrates Haritatos, 58 anni, proprietario di EA, un negozio di oggetti decorativi per la casa: "La situazione è drammatica. Le vendite sono crollate del 60 per cento dall’anno scorso. Il negozio è vuoto, i clienti abituali spariti. Ho licenziato il mio assistente e ottenuto una riduzione del 20 per cento sull’affitto. Adesso non mi resta che aspettare". Settimane prima che la legge sulla flessibilità del lavoro entrasse in vigore, alcuni negozianti hanno chiesto ai dipendenti di accettare tagli dello stipendio del 20 per cento per non perdere il posto di lavoro. Le statistiche ufficiali pongono il tasso di disoccupazione vicino al 12 per cento (rispetto all’8,6 dell’anno scorso), ma fonti interne al ministero del lavoro ammettono che il tasso è più vicino al 15, con punte comprese tra il 30 e il 40 per gli under 25 e addirittura del 70 nel nord della Grecia. "Ci stanno togliendo il futuro", spiega una giovane manifestante dell’estrema sinistra lungo le vie piovose di Salonicco, la seconda città greca, dove il primo ministro Giorgio Papandreou la settimana scorsa ha annunciato le prossime misure a una platea di politici e imprenditori: "Sono loro che devono pagare", continua lei, puntando il dito verso il palazzo in cui è raccolta in ghingheri e all’asciutto l’élite del Paese: "Dicono che senza queste misure la Grecia affonderà, ma chi è la Grecia? La Grecia non è Papandreou, non sono le banche: siamo noi. E noi siamo già affondati".
Dallo scorso aprile il governo ha attuato misure draconiane che hanno quasi dimezzato il deficit di una nazione condotta alla bancarotta da anni di malversazione. Erano le condizioni imposte da Unione europea e Fondo monetario internazionale per ricevere un prestito salva vita di 110 miliardi di euro. Ma il costo sociale è altissimo. I salari pubblici sono stati decurtati in media del 15 per cento, le pensioni del 10 e l’Iva alzata al 23 per cento su molti prodotti. La classe media ha visto il suo potere di acquisto ridursi complessivamente del 20 per cento. I ricchissimi che non sono costretti a cambiare stile di vita preferiscono limitare gli eccessi in attesa di un clima più sereno. "Sfoderare una Ferrari nel centro di Atene non è una buona idea di questi tempi", chiosa l’ambasciatore italiano Francesco Trupiano. Nei primi otto mesi dell’anno le vendite di automobili sono crollate del 41 per cento, seguendo la stessa tendenza dei beni di lusso.
Passata una sbornia durata vent’anni, i greci stanno imparando a vivere con meno, in linea con quanto la (scarsa) produttività del Paese consente loro. Vacanze e serate fuori casa sono state drasticamente limate. Trovare un tavolo al popolare ristorante Kuzina, ai piedi dell’Acropoli, è possibile anche all’ultimo minuto. Le discoteche dell’area del Pireo, dove c’erano ingorghi anche alle tre del mattino, sono vuote. Ma non sempre basta. "I miei amici manderanno i loro figli alla scuola pubblica quest’anno", spiega Lydia Abastado, una web designer di 37 anni che ha perso il lavoro in aprile. A settembre le richieste di un posto negli asili pubblici di Atene sono aumentate del 10 per cento rispetto all’anno scorso: "È il modo più indolore per sopravvivere di colpo con un quarto dello stipendio in meno". Ma è un sacrificio. Il sistema educativo greco è classificato al 118esimo posto su 139 nazioni, secondo un rapporto del Global Economic Forum.
L’economia, largamente basata sulla capacità di acquisto dei consumatori interni, è in ginocchio. Con i consumi scesi del 7,7 per cento, il prodotto interno lordo è calato del 3,7 dall’anno scorso, mentre l’inflazione si avvicina alla soglia del 6 per cento, tra aumento delle imposte e gli effetti dei cartelli economici che strangolano il Paese. Ad aumentare di prezzo sono perfino i beni di prima necessità: un sacco di farina costava 20 euro due settimane fa e 27 adesso. Pane e pasta da ottobre saranno più cari. E la situazione è destinata a peggiorare ulteriormente durante i mesi di quello che sia annuncia l’inverno più difficile della recente storia greca. "Chi volesse aprire un nuovo business in Grecia adesso sarebbe un pazzo", si sfoga Dimitrios Dringogias, un imprenditore di Larissa che ha gli uffici a Kolonnaki, i Parioli ateniesi:"Manca ogni certezza sul livello di tassazione che è ogni mese più alto, le banche non prestano più soldi e tutti vogliono essere pagati immediatamente per timore che la controparte possa chiudere improvvisamente".
Papandreou ha capito che la classe media non ce la fa più, che i sacrifici imposti ai dipendenti con i tagli salariali rischiano di essere persino inutili se crollano consumi e investimenti (e, con loro, le entrate fiscali). Così la scorsa settimana nel discorso annuale di Salonicco ha concesso di anticipare all’anno prossimo la riduzione della tassazione sugli utili reinvestiti al 20 per cento (dal 24). "Dobbiamo aiutare quelle aziende che vogliono sopravvivere", ha detto. E poi ha spinto l’acceleratore sull’adozione di misure volte ad attrarre quegli investimenti di cui la Grecia ha disperato bisogno per evitare un default che non è ancora scongiurato. Secondo il rapporto del Global Forum, la Grecia non solo è all’ultimo posto nell’Europa a 27 in termini di competitività, ma al 128esimo posto su 139 paesi per l’ammontare degli sprechi negli investimenti pubblici. Tanti i nuovi annunci del governo: la creazione di 110 mila posti di lavoro, di cui 25mila permanenti, attraverso nuove licenze per la costruzione di parchi solari ed eolici - "la grande opportunità greca" come la definisce l’europarlamentare Anni Podimata; l’apertura del mercato nelle professioni chiuse - un tasto dolente visto che il numero di licenze dei camionisti, ad esempio, è rimasto invariato dal 1970 nonostante il Pil sia nel frattempo triplicato; la chiusura delle imprese statali tenute in piedi da anni di clientelismo; la ristrutturazione delle ferrovie, la liberalizzazione dell’azienda energetica statale, la lotta all’evasione e alla corruzione. Ed è forse quest’ultima battaglia quella di cui la Grecia ha più urgente bisogno per rimpinguare le casse statali e risollevare il morale sociale. Il "Brookings Institute" pone il costo della corruzione all’8 per cento del Pil.
L’introduzione la scorsa primavera di una norma che richiede ai cittadini di raccogliere gli scontrini fiscali per ottenere una riduzione delle tasse ha avuto talmente successo che non sono in pochi a sognare un cambio di mentalità nazionale. "Quando perfino lo stabilimento balneare mi ha dato spontaneamente lo scontrino per l’affitto del lettino ho capito che possiamo farcela", racconta Abastado. Ma è solo la punta dell’iceberg. "La Grecia ha il sistema fiscale più ingiusto di tutta l’Unione europea", spiega Tasos Teloglou, un giornalista del quotidiano "Kathimerini": "Chi è potente non paga le tasse perché ritiene che questo sia un suo privilegio". L’Ipee, l’agenzia incaricata della raccolta delle tasse (istituita nel 1998 su insistenza degli americani) non solo è numericamente inadeguata a svolgere il suo lavoro, ma è anche profondamente corrotta. In una prefettura della Grecia centrale la raccolta fiscale di un anno ammontava a 14 mila euro, in quella di Corinto a 100 mila euro, nonostante l’ausilio di 20 uomini. Il totale dei depositi delle banche greche raggiunge i 245 miliardi di euro, quello dei depositi greci nelle banche svizzere i 100 mila miliardi. E ancora: secondo la stampa greca l’armatore Procopiou ha effettuato 120 investimenti immobiliari sulla terra ferma attraverso società off shore, senza mai versare un euro all’erario.
"La nostra è tutta un’economia off shore", sottolinea Teloglou. La sfida ora è riportare le risorse in patria. Fonti vicine al primo ministro spiegano che è in corso una trattativa informale tra governo e grandi evasori per fare rientrare i capitali, consentendo a questi ultimi di pagare soltanto una sanzione del 5 per cento sul modello dello scudo fiscale italiano. Contemporaneamente il ministero delle Finanze sta preparando una nuova legge che obbligherebbe i sospettati di evasione a versare il 45 per cento dell’ammontare evaso stimato dal Fisco e contestato dall’imputato prima dell’inizio di un’eventuale causa contro il ministero delle Finanze. Il ministero di Giustizia da parte sua sta lavorando a nuova legge soprannominata "Fastjust" (giustizia veloce) che dovrebbe chiudere quelle scappatoie legali che fino ad oggi hanno permesso a tanti di farla franca dichiarando di non avere i mezzi per pagare le imposte.
"Siamo stati fortunati ad avere questa crisi", osserva Yannis Stournaras, direttore dello Iobe, un think-tank economico di Atene: "Il sistema politico, ostaggio di imprenditori e sindacati, era incapace di fornire questa medicina". L’intera struttura economica e istituzionale del Paese è coinvolta. La "piccola rivoluzione", come l’ha definita Papandreou, dovrebbe toccare anche la scuola e la legge elettorale. "Stiamo cambiando le regole del gioco affinché i politici possano rispondere non più ai poteri forti dell’economia ma soltanto ai loro cittadini", ha dichiarato il primo ministro. Se il Paese glielo permetterà, passerà alla storia come l’uomo che ha traghettato la Grecia in Europa. Questa volta definitivamente.