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 2010  settembre 23 Giovedì calendario

Adjaye David

• Dar-Es-Salam (Tanzania) 1966. Architetto • «[...] designer emergente della scena inglese (“sulla via di diventare un’archistar” ha sentenziato il «Daily Tele graph »), nato in Tanzania [...] da una famiglia di diplomatici del Ghana [...] è stato scelto come leader del gruppo (che comprende anche Freelon, Davis Brody Bond, Smith) che realizzerà il National Museum of African History and Culture sul Mall di Washington: un progetto fortemente sostenuto dal pre sidente Obama (inizio lavori nel 2012, inaugurazione nel 2015) [...] “Sono un nero. Le mie radici sono africane: quello è il mio Dna artistico e da lì arriva la mia ispirazione. La mia fortuna, però, nasce dal vivere a Londra, una città dove l’integrazione è reale e che è all’avanguardia rispetto al resto del mondo. Qui siamo abituati alla diversità da sempre, sarà forse per le colonie” [...] arrivato a Londra quando aveva nove anni (“il primo edificio che mi ricordo è la Piramide di Giza, l’ho vista quando ne avevo solo tre”). [...] Nel palmarès di David Adjaye ci sono il celebratissimo e premiatissimo centro d’arte di Rivington Place a Londra (“ho voluto annullare ogni differenza tra culture”), il Museo d’arte contemporanea di Denver (“una vera cittadella”), l’Idea Store a Whitechapel (nuovo polo londinese del lusso), lo Stephen Lawrence Cen tre di Lewisham, il Bernie Grant Centre di Tot­tenham: tutti progetti segnati da un minimali smo alla David Chipperfield (di cui è stato allievo) ma anche dalle suggestioni della sua Afri ca: le maschere della Sierra Leone come i bron zi del Benin declinati con il cubismo, l’espressionismo o con uno Square painting di Joseph Albers. Grande comunicatore (è tra gli architet ti più presenti nei programmi tv, a cominciare dalla BBC) Adjaye è una star mediatica: perché, certo, ha disegnato il Nobel Peace Center di Oslo ma anche (o forse soprattutto almeno per giornali e tv) la casa dello stilista Alexander Mc Queen, dell’attore Ewan McGregor, di artisti star come Jake Chapman (dei famigerati Chap man Brothers, quelli degli Inferni fatti con i sol datini), Tim Noble o Sue Webster [...] la sua architettura nasce da una grande passione (“è la mia religione” dice addirittura). Una passione che David “divide” con quella per l’arte (è stato anche tra i giurati del Turner Prize): amico strettissimo di personaggi come Olafur Eliasson e Chris Ofili (con loro ha lavorato per la Tate Gallery e per la Biennale di Venezia) definisce la sua familiarità con installazioni, tele e sculture “l’unico modo per dare all’architettu ra quel qualcosa di cui, oggi, ha sempre più bisogno”» (Stefano Bucci, “Corriere della Sera” 17/12/2009).