23 settembre 2010
Beppe Fiorello: due vite parallele, resta il mistero sull’amicizia ROMA — Pare che, in realtà, non si siano mai incontrati
Beppe Fiorello: due vite parallele, resta il mistero sull’amicizia ROMA — Pare che, in realtà, non si siano mai incontrati. Eppure tante cose avevano in comune Costante Girardengo, grande campione di ciclismo, e Sante Pollastri, pericolo pubblico numero uno. La loro storia, già raccontata in una celebre canzone di Francesco De Gregori, ora diventa una miniserie in due puntate: «La leggenda del Bandito e del Campione», prodotta da Red Film per Rai Fiction, in onda il 4 e 5 ottobre su Raiuno con la regia di Lodovico Gasparini. Il campione Simone Gandolfo (a fianco) interpreta il ciclista Costante Girardengo (1893-1978) Il bandito è interpretato da Giuseppe Fiorello, il campione da Simone Gandolfo. La vicenda, tra verità e finzione, è liberamente ispirata al libro di Marco Ventura, sceneggiata da Andrea Purgatori e Debora Alessi. Racconta Fiorello: «Erano entrambi nati a Novi Ligure alla fine dell’Ottocento, provenivano da povere famiglie di contadini e avevano entrambi la passione per le due ruote. Se la storia della loro amicizia sia vera o falsa ha poca importanza. È comunque una gran bella storia, fatta di miseria, di voglia di riscatto e di buoni sentimenti». La fotografia di un’Italia che non c’è più. Siamo negli anni Venti. Costante e Sante vivono le loro giornate spingendo sui pedali, faticando e sbuffando per far girare le ruote della bici sulle strade sterrate delle campagne nebbiose del Nord. Ma mentre il primo continuerà a lottare in sella alla sua bicicletta, raggiungendo la gloria, il secondo diventa un fuorilegge. «Si narra che lo sia diventato per vendicare una ragazza del paese — riprende Fiorello — Era stata brutalmente violentata e Pollastri, sapendo chi era stato, voleva dargli una lezione. Incidentalmente lo uccise e si dette alla fuga. Le strade dei due amici si separano, ma entrambi restano due fuggitivi: Costante fugge per seminare gli avversari, Sante per seminare i carabinieri». Osserva Gandolfo: «Il ciclismo, come la boxe, è sempre stato lo sport dei poveri». Sono anni duri, di sacrifici e fatica, tristezze e splendori. Pare che Sante si comporti all’inizio come una sorta di Robin Hood, togliendo ai ricchi per dare ai poveri. Poi, dopo essersi guadagnato anche la fama di anarchico, la latitanza a Parigi. Interviene Gandolfo, che in tv ha già vestito i panni di Fausto Coppi: «Girardengo era un contadino che andava a gareggiare in bici, come andasse a zappare la terra, affrontava le salite di petto, era uno scalatore, un mastino, un tipo massiccio. Tutto il contrario di Coppi che invece era soprannominato "l’airone" per la sua innata leggerezza». La leggenda vuole che Pollastri, ormai braccato, venne arrestato nel 1927 a Parigi, proprio mentre assisteva a una gara di Girardengo: «Lui sapeva che l’avrebbero preso - dice Fiorello - ma decise di andare ugualmente al velodromo: non voleva perdersi la finale di ciclismo, in cui il suo amico poteva finalmente battere l’avversario francese. Forse per una soffiata, fu individuato dalla polizia: prima lo colpirono a morte, poi lo ammanettarono». Qui, con una scena rocambolesca, finisce il racconto televisivo. Nella realtà, Pollastri fu condannato a 30 anni e inviato a scontare la pena sull’isola di Santo Stefano (Ventotene). Morirono a un anno di distanza l’uno dall’altro: Girardengo nel 1978, Pollastri nel ’79. Riprende Gandolfo: «Vorrei restituire al pubblico l’immagine di un uomo profondamente onesto, legato alle tradizioni e alla famiglia». Conclude Fiorello: «Una volta tanto, mi è capitato un personaggio ricco di sfumature, di chiaroscuri. Perché se Costante rappresenta il bene a tutto tondo, Sante è il male, ma a modo suo anche un eroe romantico, eterno adolescente. Un simpatico guascone, sfrontato e sfacciato, che non ha paura di niente e di nessuno. Il destino, però, ha voluto che si trovasse dalla parte sbagliata».