Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri, a Milano, consiglio comunale sull’esondazione del Seveso e relativo allagamento con parziale chiusura della metropolitana. La Moratti non era presente, cosa che ha fatto gridare l’opposizione (nell’aula del consiglio a Palazzo Marino il Pd ha steso uno striscione: «La vera calamità naturale per Milano è il sindaco Moratti»). C’era però l’assessore ai Lavori Pubblici, Bruno Simini: ha comunicato che le fermate di Sondrio e Zara sono state svuotate, ha detto che i tecnici sono riusciti ad aspirare i 150 mila metri cubi d’acqua in anticipo rispetto al previsto (ce l’hanno fatta in cento ore, lavorando a 30 metri di profondità), ha ammesso tuttavia che restano da rimuovere fango e detriti, operazione che dovrebbe essere completata tra oggi e domani. Dopo di che bisognerà scendere sotto terra per verificare le condizioni del sistema elettrico, dei binari e degli impianti. C’è infine il problema del treno rimasto immerso. Si dovrà trainarlo fino al deposito San Donato. Smontarlo è impossibile.
• Quindi la metropolitana ricomincia a funzionare al completo?
No. Simini ha detto che le stazioni della M3 «si potrebbero riaprire entro dieci giorni. Lo svuotamento delle gallerie, completato ieri mattina, non è sufficiente. Bisogna procedere – è sempre Simini che spiega ai consiglieri – alle verifiche strutturali. E terminate queste, se non interverranno altri cataclismi, si potrà rimettere in servizio il tratto danneggiato. Lo stesso Simini ha ammesso che i dieci giorni sono una possibilità, però ottimistica. La faccenda ha impegnato finora 500 uomini, provenienti da tutte le strutture: Vigili del Fuoco, Protezione Civile, Vigili Urbani, M5, Metropolitana Milanese infrastrutture e Metropolitana Milanese servizio idrico, A2A ed Amsa.
• Costi?
Si dovranno sborsare 35 milioni di euro per la linea 3 e altrettanti per la linea 5. Fa rabbia perché la linea 5 era a buon punto, stazioni rifinite, binari pronti per i test, tracciato chiuso. Lei sa che la Moratti vuole chiedere alla Regione il riconoscimento per Milano dello stato di calamità. Il ragionamento è questo: «Sono tanti i comuni interessati dal Seveso e non è possibile che tutti i disagi siano scaricati su di noi». Fino ad ora Formigoni s’è mostrato freddo: «Non può essere un sì scontato. E’ un processo da istruire perché si tratta di valutare i danni provocati».
• Facciamo il quadro della situazione? Stazioni chiuse e stazioni aperte?
Centrale è stata riaperta ieri mattina alle 6 e 35. Zara, Sondrio e Maciachini restano chiuse. I viaggiatori dovranno continuare il percorso su dei bus sostitutivi. Le linee 5, 7 e 31 sono state deviate. La linea 4 è stata potenziata. L’esondazione ha messo in seria difficoltà il quartiere di Niguarda e ha creato problemi a decine di migliaia di persone.
• S’è capito poi che cosa è successo?
Sabato scorso tra le quattro e le sei del pomeriggio il Seveso ha straripato. Chi camminava in Fulvio Testi, Zara, Niguarda si è trovato a un tratto l’acqua alle ginocchia. In viale Fulvio Testi e in viale Zara ci sono i cantieri per la nuova linea della Metropolitana, la Lillà, in costruzione per l’Expo 2015. Il fiume ha travolto il cantiere e fatto cadere un’auto dentro la voragine, con questo rompendo le tubature dell’acquedotto che ha riversato altri 60 mila metri cubi nelle gallerie sotterranee, dove corrono i treni. In questo modo la piena ha incrociato il percorso della linea gialla. Le stime dei tecnici, l’altro giorno, parlavano di due mesi per recuperare la situazione. Simini sembra davvero un poco ottimista, anche se si spera che abbia ragione.
• Ma secondo lei potrebbe arrivare il momento di un allagamento generale? Milano corre dei rischi tipo Firenze nel 1966?
Massimo Fini, che è nato dalle parti di Como, ha scritto che «solo a dei pirla poteva venire in mente di insediarsi lì dove si sono insediati. Milano è l’unica grande città non solo italiana ma europea senza un fiume». Non è completamente vero, dato che c’è questo fiumetto di nome Seveso che va poi a finire nei Navigli. Ma insomma: non aver fiumi sarà stato scomodo, ma ha permesso alla città, collocata oltrettuto in pianura, di non finire mai sott’acqua. Fino a 40 anni fa, il Seveso non esondava. Poi nel 1977… Colpa del cemento e delle reti fognarie. Bisognerebbe costruire il famoso scolmatore che alleggerirebbe la portata del Seveso tra Senago e Rho: al bivio di Palazzolo il fiume si troverebbe con 60 metri cubi al secondo d’acqua in meno. Ma, dice Andrea Masciaretti, assessore Pdl al Decentramento: «I comuni dell’hinterland non vogliono un nuovo canale scolmatore. Non vogliono né lavori né fastidi». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/9/2010]
(leggi)