Torno Armando, Corriere della Sera, 24 settembre 2010, 24 settembre 2010
© “IL CUORE DI CRISTALLO” DI LINA BOLZONI
Einaudi.
L’ autoritratto dell’ anima
L’ immagine del cuore di cristallo è custodita in una poesia che Pietro Bembo inviò a Lucrezia Borgia. Evoca la descrizione dai riflessi metafisici conservata nel Canzoniere di Petrarca: «Certo cristallo o vetro/ non mostrò mai di fore/ nascosto altro colore,/ che l’ alma sconsolata mai non mostri/ più chiari i pensier’ nostri» (XXXVII, 57-61).
Amore e amicizia si alimentano guardando dentro il cuore desiderato, attraverso l’ artificioso volo dei riflessi. Il gioco intellettuale nasconde un universo di figure, filosofie, poesia. Fu la ricerca, a volte disperata, di una trasparenza tra il dentro e il fuori, il volto e l’ anima. Vi parteciparono forse anche i suoni con il libro dei Madrigali per cantare et sonare a uno, doi, e tre soprani, scritto nel 1601 da Luzzasco Luzzaschi per il «concerto delle dame» della duchessa d’ Este.
Ed è questo il tema affrontato da Lina Bolzoni, italianista della Normale di Pisa molto presente ad Harvard, nel suo ultimo libro intitolato appunto Il cuore di cristallo (Einaudi, pp. 402, 34). Pagine che inseguono il disperato bisogno di trasparenza celato nei ritratti doppi, siano essi opere con coperchio o dipinti anche sul verso della tela, da quelli noti di Piero della Francesca alla Ginevra de’ Benci di Leonardo. Singolari prodotti nei quali la pittura ha cercato di ghermire segreti che furono privilegio della sola poesia, della parola: la struttura doppia cambia le regole del tempo, la partecipazione dello spettatore è sconvolta, l’ occhio la coglie dopo una prolungata lettura, la mente dilata i suoi percorsi tra esteriorità e interiorità.
Il ritratto a Ginevra de’ Benci, per esempio, reca sul verso un’ impresa, composta da uno sfondo di porfido sul quale un ramoscello di ginepro sta al centro di una corona nata dall’ intreccio tra un ramo d’ alloro e uno di palma. Un cartiglio, che lega il tutto, recita: «Virtutem forma decorat»; motto che si può tradurre: «con la bellezza adorna la virtù», o meglio: «la bellezza adorna la virtù».
A Washington, per vederla pienamente, Ginevra va osservata appunto recto e verso. Pittura e immagine simbolica diventano indissolubili. La felice interazione tra aspetto esteriore e doti interiori diventa il disegno di un’ anima, alimentando dialoghi senza fine. La figura tenta una gara con la parola, anzi esse rinegoziano i loro confini.
La Bolzoni ha ricostruito, tra l’ altro, i testi che commentano l’ amore tra Bernardo Bembo e la giovane Ginevra de’ Benci; mostra come questi scritti siano il viatico per osservare e decifrare sin nei dettagli il lavoro di Leonardo.
C’ è di più: Bernardo prima di recarsi a Firenze come ambasciatore della Serenissima, dove si innamora e poi si lega d’ amicizia a Lorenzo de’ Medici, Marsilio Ficino e al circolo neoplatonico fiorentino, era stato nelle Fiandre.
Qui ebbe rapporti con Hans Memling, uno dei sommi fiamminghi. Emerge una feconda contaminazione: non ci fu soltanto un rapporto tra parola e immagine alla base del ritratto doppio, ma anche uno scambio segreto di poetiche e di tecniche tra Nord e Sud, non ancora completamente inventariato e valorizzato.
Il percorso getta luce sugli Asolani di Pietro Bembo, figlio di Bernardo. L’ opera, che riflette in ogni pagina il Convito di Platone, rappresenta apparentemente la verità sull’ amore, sulla poesia e sulla corte; in realtà mette in scena i diversi modi di intendere tutto ciò, le molteplici opzioni che l’ autore e i suoi amici - Tommaso Giustiniani, Vincenzo Querini, poi eremiti - dibattevano.
Anche qui, un gioco tra immagini e parole. Esso coinvolge anche l’ Orlando Furioso di Ariosto, le sue poesie (la canzone per Alessandra Benucci); nonché Castiglione con il suo Cortegiano, per il quale ci sono non poché novità interpretative partendo dal ritratto della duchessa di Urbino nascosto dietro uno specchio. Sconvolti i canoni, la Bolzoni ricorda che l’ autoritratto - i dialoghi degli Asolani sono tali - ha dei doppi, quasi sempre segreti. Così come per la filosofia le note in margine: Franck Cabane ha mostrato in un recente saggio L’ Ecriture en marge dans l’ oeuvre de Diderot (Honoré Champion, Paris 2009) che il filosofo francese chiosava continuamente le opere altrui, «mais il écrit aussi en marge de lui-même». Leonardo aveva anticipato tutti? Come si fa a rispondere? Di certo lasciò queste parole: «Ogni dipintore dipinge se medesimo».