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 2010  settembre 24 Venerdì calendario

Woodcock, il pm delle cause perse - Con l’assoluzione di Vittorio Emanuele di Savoia, il pm Henry John Woodcock raggiunge la quo­ta di 210 innocenti accusati senza fondamento

Woodcock, il pm delle cause perse - Con l’assoluzione di Vittorio Emanuele di Savoia, il pm Henry John Woodcock raggiunge la quo­ta di 210 innocenti accusati senza fondamento. Rafforza il suo pri­mato nella specialità e si candida all’Oscar delle topiche giudizia­rie. Poiché è entrato in magistra­tura alla fine del 1996, la sua me­dia è stata di 15 infelici cui ha tira­to il collo ogni anno. Per ottenere questa prodezza, l’anglo-italiano ha dovuto svilup­pare una tecnica speciale: le in­chieste a salsiccia. Sono così chia­mate quelle che discendono a ca­scata l’una dall’altra, inanellando­si tra loro come i prelibati roc­chi appesi nelle norcinerie. Nato 43 anni fa nel Somer­set, da padre inglese, Henry John è cresciuto a Napoli do­ve la mamma italiana, Glo­ria, si è trasferita dopo la sepa­razione dal marito. La sua pri­ma esperienza in toga, come uditore, si è svolta nella città elettiva di cui ha preso l’infles­sione, mentre l’aspetto,bion­do ed elegante, è quello tipi­camente britannico del ramo paterno. Spostato a Potenza nel 1999, col ruolo di pm, è ri­masto in Basilicata dieci anni esprimendo il meglio di sé. Un anno fa, di questi giorni, è tornato a Napoli dov’è attual­mente in forza alla procura. Il proscioglimento del Savo­ia perché il «fatto non sussi­ste », pronunciato dai giudici romani, è l’ultima delle sue capocciate. La quale, però, come è stato osservato, ha ca­rattere epocale: per la prima volta è stato assolto in toto un rampollo della dinastia che la Storia - a torto o ragione ­ha condannato in blocco. Ve­ro è che il principe era già sta­to graziato dalla magistratu­ra francese per fatti dell’Isola di Cavallo, ma con molte zo­ne d’ombra. Stavolta invece ­grazie a Henry John - dubbi non ci sono: è pienamente in­nocente. È nel decennio po­tentino che Woodcock ha messo a punto la specialità dell’inchiesta a salsiccia. Nel 2002, in contemporanea con una trasmissione tv delle Ie­ne, l’anglo-italiano ha comin­ciato a indagare sulla Moto­rizzazione civile e su presun­te «tangenti Inail». Dalle istruttorie, piuttosto oscure e noiose, ha tratto diversi filoni che hanno alimentato i suc­cessivi funambolismi. Nel 2003, ha visto la luce il «Vip Gate» con il coinvolgimento di personalità politiche, del­lo spettacolo e del giornali­smo. Furono accusate di «as­sociazione per delinquere per la turbativa di appalti» Ni­cola Latorre (segretario di D’Alema), Maurizio Gaspar­ri, Francesco Storace, Tony Renis, la conduttrice di Tele­camere , Anna La Rosa, altri. In tutto 78 imputati. Giunta però davanti al gip, l’inchie­sta si afflosciò come un seno al silicone. Il giudice- consta­tato che i 78 operavano nella Capitale - dichiarò la propria incompetenza territoriale, l’inesistenza di requisiti per l’avvio dell’indagine,l’assen­za assoluta di indizi per i reati contestati. La causa fu spedi­ta al tribunale di Roma, che archiviò la pratica seduta stante. E uno. Nel 2004, Henry John ipotiz­zò dei brogli negli appalti lu­cani. Per sottolineare il lega­me salsicciottesco con le in­chieste precedenti (nate con le Iene), il pm la battezzò Ie­ne 2. Con l’accusa di associa­zione mafiosa furono arresta­te 51 persone e incriminati politici di Fi, Ds, Udeur. Il tri­bunale del Riesame annullò tutto e gettò alle ortiche il la­voro di Woodcock. Il Guarda­sigilli, Castelli, denunciò Henry al Csm. Il sinedrio lo as­solse. Altrettanto fecero il tri­bunale e la Cassazione in ba­se al principio «cane non mangia cane». Con un inter­mezzo del 2006, detto Soma­liagate, il pm interrogò per traffico d’armi un tizio,Massi­mo Pizza, che gli confidò di avere lavorato per Vittorio Emanuele. Così, un mese do­po, debuttò il Savoiagate. Il principe fu trascinato a Po­tenza, messo una settimana in gattabuia e due mesi ai do­miciliari. Ventiquattro gli in­dagati, tredici gli arresti per associazione per delinquere, corruzione, sfruttamento del­la prostituzione nell’ambito del gioco d’azzardo al Casinò di Campione d’Italia. Per es­sersi impicciato oltre il pro­prio ambito territoriale, l’in­chiesta fu sottratta a Henry e divisa in due. Un filone a Co­mo, competente per il Casi­nò. A Roma, il resto. Un anno dopo, i pm lariani chiesero l’archiviazione per Vittorio Emanuele e soci. Il gip la ap­provò in cinque giorni, tanto era evidente. L’altro ieri, la conclusione del ramo roma­no dell’indagine, con la pie­na assoluzione del Savoia da cui avevamo preso le mosse. Ci sarebbe da aggiungere qualche parola sull’indagine di Vallettopoli (2006), sotto­derivato di Vip Gate, col coin­volgimento di Fabrizio Coro­na, Lele Mora e Salvatore Sot­tile (portavoce di Gianfry Fi­ni) per le avances a Elisabetta Gregoraci. Infine, per essere completi, dovrei fare cenno all’istruttoria sull’agenzia di viaggi Visetur scaturita, col solito metodo norcino, dalle intercettazioni di Corona uti­lizzate nell’inchiesta prece­dente. Stando a esse, la Vise­tur avrebbe offerto all’allora ministro dell’Ambiente, Pe­coraro Scanio, viaggi e giri in elicottero. Ma non è il caso di dilungarsi. Un po’ perché or­mai avrete ampiamente capi­to chi è Woodcock e anche perché entrambe le inchieste - tuttora in corso- gli sono sta­te sottratte da tempo per in­competenza (territoriale) e affidate ai giudici naturali. Ho perso il conto, ma una simile sfilza di fiaschi dovreb­be indurre chiunque a lascia­re un mestiere per cui non è tagliato. O, almeno, a rimedi­tare in convento i fondamen­ti della propria vocazione. Re­sta il pericolo che ciascun cit­tadino corre con simili magi­strati. Uno meno ricco e con meno avvocati del Savoia, sta­te certi, ne uscirebbe a pezzi. Da simili avventure hanno avuto le ossa rotte le più coria­cee pellacce d’Italia. Penso a quello che ha combinato il pm Giancarlo Caselli con An­­dreotti, Mannino, Musotto e al suicidio inutile del giudice sardo, Giuseppe Lombardi­ni. Gloria e novene al pm Lui­gi De Magistris- temibile con­corrente di Woodcock per il Guinness - che ha buttato la toga alle ortiche e ora è in poli­tica dove non potrà fare più danni di quanti già non ce ne siano. Un esempio da imita­re. E di corsa.