Francesco Semprini, La Stampa 24/9/2010, pagina 1, 24 settembre 2010
Nell’isola dove Tulliani è già famoso - Intestazioni fai da te e documenti fantasma. Si infittisce il giallo della lettera del governo di Saint Lucia sul legame tra Giancarlo Tulliani, cognato di Fini, e le società off-shore che hanno rilevato la casa di Montecarlo un tempo proprietà di An
Nell’isola dove Tulliani è già famoso - Intestazioni fai da te e documenti fantasma. Si infittisce il giallo della lettera del governo di Saint Lucia sul legame tra Giancarlo Tulliani, cognato di Fini, e le società off-shore che hanno rilevato la casa di Montecarlo un tempo proprietà di An. Nella piccola isola caraibica l’affare Tulliani è diventato un caso nazionale e dopo la pubblicazione della missiva, sospettata da alcuni di essere un falso, riportata da due giornali dominicani, Listin Diario ed El Nacional, è la televisione locale a mostrare nel notiziario di prima serata di mercoledì la stessa copia. Si tratterebbe della fotocopia della lettera con la quale il 16 settembre il ministro della Giustizia di Saint Lucia, L. Rudolph Francis, comunica al capo del governo dell’isola caraibica che il beneficiario delle società off-shore è Giancarlo Tulliani. Abbastanza perché il nome «dell’italiano coinvolto con un politico importante» sia sulla bocca di tutti. Specie per una realtà tranquilla come Saint Lucia, paradiso fiscale oltreché del turismo di lusso, tappa obbligata delle navi da crociera - ne vediamo almeno tre attraccate al porto - e un’economia basata soprattutto sulla produzione e il commercio di banane. Che il caso Tulliani abbia portato una ventata di novità ce ne accorgiamo già all’arrivo all’aeroporto Hewanorra: «Un giornalista - ci dice il funzionario della dogana -. Penso che ne vedremo parecchi in questi giorni». «Tulliani? Certo, è quello del telegiornale di ieri sera», ci dice Godfree, l’autista che ci porta nella capitale Castries. «E’ diventato famoso qui anche se io non l’ho mai visto e sembra che nessuno lo abbia conosciuto in passato», prosegue. Per arrivare nell’unico centro urbano di questo gioiello dei Caraibi bisogna percorrere per un’ora e mezzo l’unica strada a due corsie che attraversa il Paese con guida a sinistra (retaggio della dominazione britannica). A metà strada carichiamo un poliziotto, il suo nome è Goffrey; anche lui ha sentito di Tulliani e dice che una delle due società, la Timara (l’altra è la Printemps), l’aveva sentita nominare ma che era sicuro che fosse di un uomo d’affari inglese e non di un italiano. Arrivati a Castries la prima tappa è National Printing Corporation, la stamperia che rifornisce il governo di carte intestate e documenti e che provvede anche alla realizzazione fisica dei testi di legge. «Noi dovremmo essere gli unici a rifornire lo Stato - ci dice Junior Aimable, assistente nella contabilità dell’azienda -, ma se quella lettera sia nostra non lo posso proprio dire». A chiarire le cose è Denny Inglis, assistente del manager di National Printing, che modelli alla mano ci spiega la differenza tra i documenti che loro forniscono e quelli che i singoli ministeri realizzano per conto proprio attraverso un form digitale. «Lo fanno per gli atti meno solenni, se li fanno da soli scaricandoli con computer e hanno lo stesso valore», ci dice Inglis, il quale poi precisa che per conto del dipartimento di Giustizia è diverso tempo «che non stampano documenti». All’ufficio dell’Attorney General a parlarci è prima la sua assistente, la signorina Williams, la quale sostiene che nel suo ufficio non ci sono prove dell’esistenza di questa lettera che, essendo ufficiale, «dovrebbe essere registrata agli atti». Ma a creare incertezze è un’altra funzionaria del ministro della Giustizia. Non vuole dirci il nome - «non ha bisogno di saperlo e a me non è dato comunicarlo» -, allontana la Williams e ci dice che la lettera è «confidential» e che quindi loro potrebbero non essere al corrente della sua esistenza. «Possiamo parlare con il ministro?», chiediamo. «No, è fuori dal Paese e torna la prossima settimana, e anche la storia della conferenza stampa è assolutamente priva di fondamento, lui non è qui e non ci sarà per giorni». Esattamente l’opposto di quanto ci dicono nell’ufficio del Primo ministro, due palazzi accanto a quello del dipartimento di Giustizia. Dapprima Sharol Donaky, l’assistente del capo del governo di Saint Lucia, ci conferma che agli atti non c’è traccia di quella lettera e che loro dovrebbero saperne. Più cauto è Danny Labourne, responsabile dei rapporti con la stampa dell’ufficio del Primo ministro: «Al momento non possiamo commentare ulteriormente, è una questione che va inquadrata nel suo insieme - ci dice con tono difensivo -. Ma domani se ne potrà sapere di più, perché il ministro della Giustizia divulgherà una nota ufficiale sulla vicenda». «Ma ci hanno detto che era fuori dall’isola e che non sarebbe tornato per giorni». «No - risponde Danny -. Ci ho appena parlato e mi ha confermato appunto che sarà di ritorno domani». Il colloquio suscita le risate degli altri funzionari, a conferma del clima di grande scetticismo che c’è sull’isola intorno alla vicenda. «Sembra tutto così strano - ci confida una delle assistenti dell’ufficio che chiede di non essere nominata -. Una specie di telenovela che piace tanto alla gente del posto».