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 2010  settembre 24 Venerdì calendario

NON SOLO SAKINEH: A MORTE IL "RE DEI BLOG"

In questi giorni in cui l’opinione pubblica mondiale è assorbita dalla vicenda di Sakineh è bene ricordare un altro caso di violazione dei diritti umani e di soppressione della libertà d’informazione: il caso di Hossein Derakhshan. Un nome che in Occidente non dice molto, ma che in Iran è un simbolo nato, e indissolubilmente legato, alle potenzialità della rete come mezzo di diffusione dell’informazione, e della libera espressione del pensiero.
HOSSEIN classe 1975, nasce dal seno dell’élite politico-religiosa iraniana. Negli anni la passione per la discussione e il dibattito lo porterà a dare vita ad una prolifica attività di weblogging. Nel 2001 pubblicherà una guida su come creare weblog in persiano che otterrà un successo immediato, diventando ispirazione per molti giovani desiderosi di intraprendere la stessa strada. La popolare attività in rete lo incoraggerà a non tenere nascoste le proprie riflessioni politiche che, spesso controverse, spiazzeranno più di una volta le figure religiose e intellettuali di spicco in Iran. Tra il 2006 e il 2007 Hossein compie due viaggi in Israele che documenta ampiamente online. Sebbene l’obiettivo di questi viaggi fosse avviare un dialogo pacifico tra i due paesi e offrire agli iraniani una visione diversa su Israele e sul conflitto in Medio Oriente, la natura dei suoi commenti e le analisi che egli offre danno vita ad aspri dibattiti, che lo convinceranno dell’inopportunità di ritornare in patria. Definito ormai come “l’anello di congiunzione tra il brulicante mondo dei weblog iraniani e l’Occidente”, accreditato come il “padre del blogging iraniano”, Hossein continuerà la sua attività da Toronto, dove si era trasferito dal 2002 prendendo la cittadinanza canadese. Qualche anno più tardi, nel 2007, deciderà di spostarsi in Europa e di iscriversi a un Master a Londra. Durante il periodo inglese sembra che il desiderio di ritornare a Teheran, la città natale, fosse diventato sempre più pressante per lui, ormai desideroso di offrire pubbliche spiegazioni in prima persona ai connazionali riguardo alle proprie posizioni politiche. Decide quindi di rientrare per ritrovare la famiglia e la propria identità culturale. Vuole essere a casa per celebrare Nooroz: il nuovo anno iraniano, l’anniversario della Rivoluzione.
IL 17 OTTOBRE 2008 pur sapendo di correre un rischio, torna a Teheran, credendo che il fervente clima politico pre-elettorale gli possa dare la possibilità di esprimersi. Ma dopo solo due settimane viene arrestato a casa dei suoi genitori, in circostanze misteriose. Durante i primi due mesi di detenzione i familiari non riusciranno ad avere notizie del figlio. Fonti ufficiali confermeranno che Hossein si trovava nella prigione di Evin. Durante la detenzione gli viene negato il diritto basilare all’autodifesa. Non vengono offerte ragioni ufficiali, e nessun familiare può contattarlo. Negli 8 mesi che seguono la famiglia non riesce ad avere informazioni neppure sul suo stato di salute. Solo nel luglio 2009 i familiari verranno informati che Hossein era uscito dall’isolamento ed era in attesa del processo. Infine, all’inizio del 2010 inizia il processo a porte chiuse, ed è di pochi giorni fa la richiesta di condanna a morte da parte dell’accusa. La famiglia finora non ha mai voluto rendere pubbliche le informazioni sul caso del figlio ma di recente si è mossa per attivare una campagna mediatica di sensibilizzazione dell’opinione pubblica nella speranza di salvare quel figlio simbolo della voglia di libertà delle giovani generazioni iraniane.