Segre Cesare, Corriere della Sera, 24 settembre 2010, 24 settembre 2010
GLI 80 ANNI DI STAJANO
Può sembrare limitativo affermare che Corrado Stajano è grande soprattutto come scrittore.
Ma il soprattutto non esclude affatto le altre qualità; al contrario, può aiutare a metterle meglio in luce. Perché una volta detto che è un impareggiabile indagatore del mondo politico italiano, che illumina situazioni e disegna personaggi estremamente significativi, tanto che il succedersi dei suoi libri costituisce quasi un sommario della nostra storia contemporanea, non si è colto l’ essenziale.
L’ essenziale è proprio lo stile della sua pagina, che stimola l’ attenzione e l’ intelligenza del lettore, rende indimenticabili episodi, o persino frasi e gesti, crea una partecipazione al narrato ma anche ai suoi significati più profondi. L’ impegno etico nell’ investigare sensibilizza ogni punto della ricerca, mette le basi per un giudizio che alla fine è inutile pronunciare, tanta è la saldezza delle sue progredienti motivazioni.
L’ esperienza fatta dal giornalista diventa esperienza del lettore; la complessiva amarezza che ne sgorga risveglia una presa di coscienza dell’ umana malizia, che in certe situazioni - non ultima quella che viviamo -, è esercitata fin dall’ alto ed accentuata dall’ indifferenza e dalla rassegnazione dei più.
Eppure Corrado Stajano ha fiducia nei suoi simili: i suoi libri sono pieni di dialoghi con le persone che ha conosciuto, borghesi e operai, intellettuali e politici; con particolare preferenza per le virtù ignorate o disprezzate: ci sono ritratti a tutto tondo, ci sono giudizi sintetici, al vetriolo se occorre.
Si vedano per esempio in Promemoria (1997) i medaglioni, favorevoli o no, su Cofferati e Mancini, su Larizza e Giuseppe Fiori, su Spadolini e Scognamiglio. L’ umanità che interessa a Stajano si rispecchia anche nel paesaggio urbano, il quale esibisce i segni della propria storia e delle passioni che questa storia hanno pervaso.
È proprio di qui che nasce il primo istinto dello scrittore. Il quale è un grande camminatore; e raccoglie, leggendo le lapidi sui muri e sui monumenti, osservando il sovrapporsi degli strati architettonici o dei residui (rovine) di momenti passati, una massa di notizie che finiscono per costituire lo sfondo dell’ indagine progettata.
Dunque Stajano è un narratore itinerante; ma anche un narratore giudicante. E qui ancora è in opera lo scrittore. Perché le sue indagini non sono esposte in modo neutro, magari con un’ orazioncella finale. Anzi la condanna, più di rado la lode, non esclusa l’ ammirazione, non si esaurisce in sé: ogni volta vengono scoperchiati con dolorosa sorpresa i pozzi, spesso pozzi neri, dai quali le malefatte e i crimini hanno attinto, le connessioni apparentemente innocue tra il visibile e il male. E allora le connotazioni e gli stacchi temporali possono essere espressi solo con la maestria dello scrittore.
Intreccio vale anche trama; e quando Stajano costruisce magistralmente i suoi intrecci narrativi, è quasi inevitabile che essi corrispondano, con il valore più sinistro della parola, a delle trame. Lo scrittore vien fuori quando Stajano si concentra, piuttosto che sul «che cosa», sul «come» e, possibilmente, sul «perché». Infatti è quasi naturale che qualcuno delinqua; ma se il delinquente è uomo delle istituzioni, e magari congiura con altri uomini delle istituzioni, allora c’ è qualcosa di orribile che si muove al di sopra o al fianco di noi, che compromette la nostra tranquillità di cittadini e di elettori.
Le trame, Stajano le scopre lentamente, con impegno tenace, con ricerche documentarie, attento ai caratteri, alle situazioni, alle reticenze, alle strizzate d’ occhio; narra i momenti e i modi del loro realizzarsi, crea una suspense che a momenti ci fa sperare in un esito meno tragico di quello effettivo, che pure conosciamo. Giorno per giorno, ora per ora seguiamo il concatenarsi delle cause, il progressivo scivolare verso la conclusione infausta.
E questo calendario s’ intreccia, come i montaggi incrociati frequenti nel cinematografo, con altre trame, contemporanee e connesse: per esempio nel Disordine (1993) il computo decrescente delle giornate e delle ore di vita del generale Dalla Chiesa s’ intreccia con il numero crescente dei morti di mafia, conseguenza del suo tentativo di ripulitura dell’ ambiente palermitano.
Per La città degli untori (2009) l’ analisi narratologica deve farsi ancora più complessa, perché non esiste più una trama centrale, ma varie trame, appartenenti a tempi diversi, e divenute contemporanee nella visione e nella valutazione dell’ autore. Infatti il libro è una radiografia di Milano, in episodi significativi, e in relazione a eventuali progressi o peggioramenti della sua salute morale.
Solo una lunga esperienza di scrittore poteva permettere di tracciare un disegno così complesso. Le interrogazioni a cascata, procedimento retorico antichissimo, accentuano l’ angosciosa ricerca del giusto e del buono, che sono l’ obiettivo ultimo di Stajano. Anche, si suppone, il nostro.
**** Biografia Nato a Cremona il 24 settembre 1930, Corrado Stajano ha scritto molti libri di denuncia sui mali italiani Tra i più noti: «Il sovversivo» (Einaudi, 1975), «L’ Italia nichilista» (Mondadori, 1982), «Un eroe borghese» (Einaudi, 1991), «La città degli untori» (Garzanti, 2009)