23 settembre 2010
IL BRAND “MARCHIONNE”
La vicenda dell’amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, è legata alla valutazione del brand “Marchionne” da parte dei principali azionisti di questo istituto, il maggiore e l’unico realmente internazionale dell’Italia. Da ultimo è stato imputato a Profumo il fatto di non avere tenuto informati il presidente Dieter Rampl e gli azionisti di controllo sull’ingresso dei nuovi soci di minoranza libici e sugli aumenti delle loro quote di partecipazione. Ciò ha dato l’impressione che Profumo si sia comportato troppo secondo il modello di gestione manageriale delle grandi imprese, in cui è l’ad – e non il gruppo di controllo – che prepara i piani strategici e che effettua le decisioni operative. John Elkann per esempio, a nome dell’accomandita che controlla la Fiat, lascia che sia Sergio Marchionne a decidere la strategia. Riservandosi di mandare via l’ad se i piani aziendali e le azioni per applicarli non abbiano successo. Invece questa distinzione di ruoli sembra non essere gradita innanzitutto alle fondazioni bancarie, sebbene esse per loro natura siano organizzazioni non lucrative che non dovrebbero interferire troppo nelle scelte manageriali delle banche. Le fondazioni sono rimaste alla dottrina della “concertazione” fra i vari poteri e alla antica regola del grande capitale italiano, per cui i voti si contano, non si pesano. Ma quest’impostazione ha un inconveniente, dato dal fatto che il brand “Marchionne” ha un rilevante valore aggiunto, di efficienza e credibilità. Ciò è particolarmente importante in periodi come questo, per una banca che è uscita complessivamente bene – ma non del tutto indenne – dalla crisi. Tanto è vero che i suoi prestiti alla clientela, rispetto allo scorso anno, sono sensibilmente diminuiti, come quelli di Intesa Sanpaolo e di Monte dei Paschi, mentre i prestiti delle banche popolari, e di altre banche minori sono aumentati. Si può discutere se, nell’attuale impasto glocal, vincerà il local provinciale o l’internazionalizzazione, ma senza dubbio questa prospettiva richiede manager autonomi. Anche nel caso della sostituzione di Profumo, il dilemma è destinato a ripresentarsi.