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 2010  settembre 23 Giovedì calendario

MILANO —

Intanto, una cosa è certa: tutta quell’eroina nelle mutande non gliel’hanno nascosta per vendetta né Totti né Trapattoni, che hanno alibi di ferro. Per il resto, la vicenda di Byron Moreno rimane incredibile. Il passo da ex arbitro — scarso, corrotto, macchietta fin che si vuole, ma pur sempre incensurato — a trafficante internazionale di droga non parrebbe così immediato, eppure è di questo che le autorità giudiziarie americane lo accusano: importazione e traffico illegale di eroina, un reato che vale 10 anni di galera.
(Ansa) L’ex arbitro Byron Moreno, oggi commentatore sportivo, scoperto all’aeroporto John F. Kennedy di New York con 6 chili di droga nelle mutande

Quello strano signore cicciottello di 40 anni è stato arrestato alle 23.50 di lunedì all’aeroporto JFK di New York dov’era sbarcato da un volo proveniente da Quito, in Ecuador, dove i controlli evidentemente non sono impeccabili. Fermato in dogana e perquisito, gli agenti gli hanno trovato addosso 10 confezioni di eroina di buona qualità, per un peso complessivo di 6.205 grammi e per un valore di 400mila dollari.

L’ex arbitro aveva provato a farla franca avvolgendosi addosso l’eroina in 10 buste di plastica, ma il problema per lui stava all’origine. In una soffiata. Come ha spiegato infatti l’agente speciale del servizio immigrazione e dogane Usa, Carlos Soto, «avevamo saputo da un’informazione confidenziale che Moreno sarebbe arrivato per introdurre consapevolmente eroina negli Stai Uniti». Lo aspettavano, insomma. E sono bastate loro un paio di domande per capire che il pesce era caduto nella rete. Byron ha mostrato infatti «segni di evidente nervosismo», è stato perquisito e ha rivelato il malloppo.

Moreno ora è in prigione a New York. Il giudice della Corte di Brooklyn ne ha ordinato la detenzione in carcere, negandogli il diritto di cauzione. Il suo avvocato d’ufficio, Michael Padden, ha spiegato che sta valutando le circostanze che hanno portato «a questa spiacevole situazione», ma il futuro per l’ex arbitro — che forse non era al primo «viaggio di lavoro» negli States — si presenta assai complicato, anche se con una possibile via d’uscita. «Rischia 10 anni — ha spiegato il procuratore antinarcotici di Quito, Jorge Solorzano — ma può sempre collaborare...». La droga, ritengono infatti gli inquirenti, non era sua e proprio Canal Uno, la tv di Quito per la quale Moreno svolgeva l’attività di commentatore sportivo, ha spiegato: «Si sospetta che vi sia dietro una banda di ecuadoriani legati al calcio che inviano droga negli Usa e in Europa».

In Italia, naturalmente, la vicenda sta suscitando diverse reazioni. Come ha detto ieri il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete «non si possono mettere in connessione le due situazioni». Un conto insomma è essere un pessimo arbitro e un conto essere un (maldestro) criminale e un uomo con evidenti problemi. «Temo che la droga c’entri poco con quello che Moreno combinò allora», ha aggiunto Franco Carraro, al posto di Abete a quell’epoca.

Fra i protagonisti di quella sera coreana, però, nessuno è tanto disposto all’indulgenza. A parte la battuta di Gigi Buffon («Nel 2002 quella droga non ce l’aveva nella mutande ma in corpo») e l’analisi di Christian Panucci («La colpa era stata della Fifa che si affidò a un incapace»), c’è chi è ancora avvelenato.

Giovanni Trapattoni, furibondo testimone sulla panchina azzurra dell’espulsione di Totti e del gol annullato a Tommasi (ma, si spera, anche dei clamorosi errori dei suoi giocatori), si è dichiarato «non più di tanto stupito: confermo un po’ quello che pensavo a quel tempo di Moreno. Ricordo quella partita, l’episodio di Totti e l’annullamento del gol sacrosanto di Tommasi. Meritavamo di andare avanti. Ora magari si rileggerà sotto una luce diversa la storia di Trapattoni sulla panchina azzurra...». Durissimo e impietoso poi l’ex nazionale Angelo Di Livio: «Avevamo dei sospetti allora vedendo il suo modo di fare e l’espressione. È una persona che va fatta sparire dal mondo dello sport, non merita rispetto». Un po’ di compassione, però, adesso che ha toccato il fondo, forse sì: la rovina e 10 anni di galera non si augurano neanche al peggior arbitro della storia del calcio.