Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La situazione politica è in una tale fibrillazione che ieri sera giravano voci su eventuali dimissioni dello stesso Napolitano, spinto dalla moglie Clio stufa di stare al Quirinale e a suo tempo contraria anche al secondo mandato. I pettegoli dicono che marito e moglie avrebbero litigato e che il marito avrebbe spiegato alla consorte, alla fine rassegnata, che in questo momento non può mollare, essendo ancora aperti tutti i capitoli delle riforme istituzionali promesse lo scorso aprile. Le dimissioni darebbero il via libera a Prodi, non troppo malvisto da quelli che ufficialmente spingono per Renzi, perché sarebbe l’unico in grado di moderare il sindaco.
• La caduta, all’apparenza prossima, del governo Letta non sarebbe una sconfitta (e neanche l’unica sconfitta) del presidente?
Sì e no. Renzi ha promesso al Capo dello Stato una maggioranza più ampia dell’attuale. Cioè intese più larghe, nella linea di Napolitano.
• Ma siamo sicuri che la cosa avverrà? Che cioè Letta lascerà Palazzo Chigi per far posto al sindaco di Firenze?
Ieri mattina Letta è salito al Quirinale e il Colle ha poi definito l’incontro con l’aggettivo «rapido». È bastata questa parola, ad alcuni analisti, per stabilire che il presidente della Repubblica ha deciso di cambiare cavallo. E in effetti: l’incontro dell’altra sera con Renzi è durato due ore, mentre quello con Letta il minimo indispensabile per salutarsi. Il capo dello Stato è poi volato in Portogallo per una visita di Stato, il capo del governo è invece venuto a Milano e ha fatto sapere che presenterà agli alleati di governo un patto di coalizione, «una proposta molto concentrata sui temi economici che convincerà tutti i partiti, anche il Pd».
• Cioè non ha nessuna voglia di lasciare Palazzo Chigi.
Il problema è che deve convincere soprattutto i suoi. La finale di questo match tra i due leader democratici si giocherà domani nel corso della direzione del partito, anticipata apposta di una settimana. Resta da chiarire, nel caso il Pd voti per il cambio di cavallo, quale procedura si seguirà. Le crisi extraparlamentari sono una brutta cosa, sempre esecrata, ma per spianare la strada a tutti quanti Letta dovrebbe fare proprio quello che in questo momento sembra non volere, cioè dimettersi spontaneamente. L’altra strada è quella di una sfiducia in aula, che però dovrebbe essere promossa e votata proprio dai democratici. È un’ipotesi molto sgradevole da prendere in considerazione, per il partito. Il presidente della Repubblica non può, come sa, licenziare un governo, la cui vita è legata solo alla benevola acquiescenza del Parlamento.
• Ma allora in che senso Napolitano avrebbe «cambiato cavallo»?
Per quello che se ne sa, Napolitano è sempre stato contrario al licenziamento di Letta. Quando Renzi è andato da lui l’altra sera, il capo dello Stato gli ha subito spiegato che uno scioglimento anticipato delle Camere era fuori discussione: nessuna legislatura, nella storia d’Italia, è durata meno di un anno. Non erano sul tavolo, quindi, che due ipotesi: o la prosecuzione del governo Letta, magari dopo un piccolo rimpasto, o un governo Renzi. Teniamo conto che le tribù italiane sono in genere assai scontente di Letta e premono per un incarico al sindaco di Firenze, senza aspettare le elezioni. Perché aspettare, dicono, quando la soluzione è bell’e pronta? Si pompa anche l’altro argomento, al quale credo poco, secondo cui per l’Italia in questo momento sarebbe drammatico votare. In ogni caso, l’ora di Renzi sembra prossima.
• Come ha fatto, in ogni caso, il sindaco ad ammorbidire la resistenza del presidente sul proprio ingresso a Palazzo Chigi?
L’argomento decisivo sarebbe stato il calcolo dei voti di cui sarebbe forte la nuova maggioranza al Senato. Un "governo Leopolda" (c’è già il nome, preso dalla stazione di Firenze dove il sindaco organizza i suoi mega convegni) potrebbe contare sul consenso dei 108 democratici, dei 31 alfaniani, degli 8 di Scelta Civica incluso Monti, dei plotoni di Casini e Mauro (dodici senatori), dei 14 del gruppo Misto, degli 11 di Gal, dei sei dissidenti grillini, e di qualche voto dei vendoliani per un totale di 194 senatori contro i 174 della maggioranza attuale. Sulle riforme costituzionali, poi, voterebbero a favore anche quelli di Forza Italia. Insomma, la maggioranza di Renzi risulterebbe più solida della maggioranza di Letta. Tra le dichiarazioni di ieri del presidente del Consiglio c’è infatti anche questa, molto significativa: «La Provvidenza agirà sul destino mio e del governo». Ai commentatori è apparsa molto manzoniana.
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