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 2014  febbraio 12 Mercoledì calendario

JIMMY, L’INFILTRATO NELLA ‘NDRANGHETA CHE SVELA I RAPPORTI CON LA MAFIA USA

C’è un matrimonio dietro il traffico di droga che Fbi e polizia italiana ritengono di aver smantellato con l’operazione che ieri ha portato a 24 arresti in Italia e negli Stati Uniti: le nozze italoamericane tra Franco Lupoi, nato a Brooklyn 44 anni fa, ed Elisabeth Simonetta, nata a Toronto nel 1973, figlia di Nicola Antonio Simonetta, sessantacinquenne di Gioiosa Jonica, in provincia di Reggio Calabria. Lupoi — indagato al di là dell’Oceano per tratta di esseri umani, traffico di stupefacenti e riciclaggio di denaro — è considerato vicino alla famiglia Gambino, uno dei cinque gruppi mafiosi più famosi e famigerati di New York; Simonetta ha precedenti per droga sia in Italia che in Canada, e secondo gli inquirenti è in ottimi rapporti con la cosca Ursino, ‘ndranghetisti di Gioiosa Jonica.
Genero e suocero sono ora in cella, Lupoi negli Usa e Simonetta in Italia, caduti nella rete dell’operazione New Bridge che ha svelato le nuove dinamiche del narcotraffico tra le due sponde dell’Atlantico. Negli anni Ottanta i Gambino stringevano accordi con la mafia siciliana, dai Bontate ai corleonesi di Totò Riina; oggi fanno affari con la ‘ndrangheta, «arrivata ormai ai livelli più alti dei circuiti delinquenziali internazionali», spiega il capo della polizia Alessandro Pansa. Di qui il contatto tra i Gambino e i calabresi, facilitato dal doppio legame — parentale e organizzativo — tra Lupoi e Simonetta.
Tra i due s’è però infiltrato un agente sotto copertura dell’Fbi, nome in codice «Jimmy», interessato a comprare eroina e vendere cocaina. Affare invitante per i calabresi, nonostante i i dubbi iniziali sul conto di quel signore americano; è stato Lupoi a garantire per lui, e a fargli allacciare il contatto italiano con gli Ursino e i trafficanti a loro collegati. Hanno concluso un acquisto di eroina, ne hanno pianificato uno molto più lucroso di cocaina, ma come Donnie Brasco nel famoso film del 1997 interpretato da Al Pacino, dopo aver incontrato gli uomini della ‘ndrangheta Jimmy riferiva ai suoi superiori dell’Fbi, che hanno avviato l’indagine insieme al Servizio centrale operativo della polizia italiana e alla squadra mobile reggina.
Ad esempio dopo la prima riunione in un appartamento di Brooklyn, il 20 aprile 2012, con Lupoi e Simonetta. O il successivo 22 luglio, quando all’aeroporto di Fiumicino Jimmy incontra Lupoi, diretto in Calabria con moglie e figlio, per consegnargli i soldi necessari ad affittare una macchina e comprare una scheda telefonica per le conversazioni riservate. È su quel numero di cellulare che vengono registrate le conversazioni finalizzate all’acquisto di eroina. Quattro giorni dopo lo stesso Lupoi chiama Jimmy per definire il prezzo della droga, paragonata a un’automobile. «Senti, la Mercedes... il prezzo... euro o dollari?», domanda Jimmy. Lupoi chiarisce che l’affare si farà in euro, e si accordano su una cifra variabile tra 22.000 e 23.000 euro al chilo.
I referenti calabresi per la fornitura di eroina sul versante italiano, secondo l’indagine condotta dalla Procura antimafia di Reggio, sono Francesco Ursino (figlio di Antonio, capo ‘ndranghetista detenuto) e Giovanni Morabito, detto u’ scassaporti , della nota famiglia di Africo. L’acquisto di droga va a buon fine, solo che Jimmy la consegna all’Fbi; sia quella comprata in Italia, sia quella presa negli Usa con l’intermediazione del «cinese» Alexander Chan, amico di Lupoi. Così si passa al piano più grande: l’esportazione di polvere bianca, di provenienza sudamericana, dagli Usa alla Calabria. È ancora una relazione dell’infiltrato Jimmy dell’ottobre 2012, riversata ai colleghi italiani, a svelare i piani di Lupoi. Il quale riferiva «di aver intrapreso (tramite Chan, ndr ) dei proficui rapporti con un membro di un “cartello” criminale messicano (“Freddy”) al fine di realizzare un traffico di cocaina su larga scala tra il Sudamerica e l’Italia. Un progetto già in fase avanzata, che si sarebbe dovuto concretizzare con l’acquisto di circa un milione di euro di cocaina da parte di alcune “famiglie” calabresi le quali, per il tramite di Lupoi, una volta entrate in possesso della droga, avrebbero saldato l’intera partita in contanti... La droga sarebbe dovuta partire con una nave mercantile da un porto della Guyana, viaggiando stipata all’interno di un grosso carico di pesce surgelato, e dopo 10-15 giorni circa il cargo avrebbe raggiunto il porto di Gioia Tauro. Da quel momento in poi gli acquirenti avrebbero dovuto attendere lo scongelamento naturale del pescato assieme a un emissario dei “cartelli” prima di poter entrare in possesso dello stupefacente che, accertatane quantità e qualità, avrebbero quindi liquidato un emissario di quei “cartelli” inviato in Italia per l’occorrenza».
Nel linguaggio in codice utilizzato le telefonate registrate l’affare viene definito «matrimonio», che non a caso doveva essere organizzato «a base di pesce», stante anche il coinvolgimento di un imprenditore del settore ittico (arrestato pure lui) per coprire il trasporto della merce. Poi si passa alla scelta di una società per l’importazione di frutta in scatola, la New Sococo Enterprise con sede a Georgetown, capitale della Guyana. Ma mentre si definiscono i dettagli , in Malesia vengono sequestrati 76 chili di cocaina nascosti nei barattoli della Sococo Enterprise . L’affare salta. Lupoi comincia a cercare altre strade per l’importazione di cocaina, mentre deve affrontare le ire della moglie Elisabeth che ha scoperto una sua relazione con una donna polacca. Anche questa vicenda familiar-sentimentale viene intercettata dalle microspie della polizia, ed è entrata nel mazzo di prove raccolte per bloccare il traffico internazionale di stupefacenti sul «nuovo ponte» che collega la ‘ndrangheta calabrese con la mafia americana.