Cristiana Raffa, Pagina99 12/2/2014, 12 febbraio 2014
LE IENE: MEMORIA CORTA, CODA LUNGA
ROMA. Se è esploso in Italia un caso Stamina lo dobbiamo anche a Le Iene. Il programma televisivo ha cavalcato nei mesi scorsi la novità come cura miracolosa. Il tono usato è quello che conosciamo tutti: dissacrante e “vicino alla gente”, in quel caso “la gente” sono malati gravi. Davide Vannoni è il guaritore che la iena Giulio Golia seguiva da tempo: sbugiardato il primo dalla comunità scientifica e il secondo da quella dell’informazione.
Vannoni nei giorni scorsi è stato rinviato a giudizio per tentata truffa, dovrà rispondere alle accuse di danni alla regione Piemonte per aver tentato di ottenere un finanziamento in modo fraudolento.
È il caso più recente di movimento d’opinione generato o corroborato dal programma in onda ogni mercoledì sera su Italia1. Ne abbiamo viste parecchie di questioni scottanti nello show Mediaset, dai minorenni che si drogano a quelli che si prostituiscono in cambio di un telefonino, dalle cartomanti truffaldine alle presunte vittime di malagiustizia o malasanità. Il racconto è quello di un paese reale condito di ironia dissacrante, così si ride un po’ mentre ci si indigna.
Dal 1997 il format basato sull’argentino “Coiga quien caiga”e scritto per l’Italia da Davide Parenti, ha conosciuto alti picchi, ma mai cadute (attualmente è circa al 15% medio di share). Soprattutto ha generato la community online legata alla social tv più folta e loquace che si sia mai vista in Italia. «La pagina Facebook de Le Iene ha superato i 3 milioni di fan, è lo show con più fan in assoluto», spiega Vincenzo Cosenza, social media strategist di Blogmeter azienda che monitora le conversazioni in rete. «Hanno saputo coltivare la volontà di partecipazione del pubblico con una presenza costante sui social network anche durante i periodi di pausa dalla messa in onda». Le interazioni giornaliere (like, share, post in bacheca) secondo Blogmeter sono in media 21.700 e ogni post genera circa 1900 interventi. Nel mese di gennaio 2014 sono stati 35 mila gli utenti a commentare. Su Twitter l’account ha 650 mila followers, terzo dopo @SkyTg24 e @SkySport che però non sono trasmissioni bensì canali. Interazioni per ognitweet:98.
Secondo Giovanni Boccia Artieri, sociologo della comunicazione all’Università di Urbino, si tratta del programma che raccoglie più engagement, cioè coinvolgimento: «Il motivo è legato sia alla fascia d’età a cui si rivolge, 18-30 anni, che corrisponde al pubblico più attivo in rete, sia alle tematiche trattate. E un programma generalista con contenuti e toni polemici, parla alla pancia del paese nella dimensione più populista e di intrattenimento».
Il mix vincente, argomenti hard e tono dissacrante. «La vera novità però è la coda lunga delle conversazioni che genera in rete», precisa Boccia Artieri. Per coda lunga si intende la durata nel tempo delle argomentazioni legate al programma. Infatti l’hashtag #leiene domina i trending topic su Twitter per molte ore dopo la fine della puntata, spesso per tutta la mattinata seguente. Ma come è possibile che, nonostante le critiche e le evidenze di dubbia affidabilità il programma ancora generi tanta attenzione e adesione da parte del pubblico? Secondo Cosenza la risposta è in parte nella, cura della community: «La presenza de Le Iene sui social, come sapienti e costanti foraggiatori dei fan, compensa le pecche informative». Per Boccia Artieri c’è di più e va ricercato nelle dinamiche di adesione alle cause che hanno fatto la fortuna anche di un movimento politico in questi anni: «In rete le persone sono molto ricettive rispetto a un linguaggio sopra le righe, ironico e tagliente, fulminante e lapidario. Se ci pensiamo bene è esattamente il linguaggio che Beppe Grillo usa da sempre». Grillo infatti non ha modificato il suo linguaggio di eccessi, neanche quando esponenti del suo movimento sono stati eletti in Parlamento, e le analogie con le modalità e le argomentazioni de Le Iene sono molteplici: «La veridicità dei fatti o la conferma delle fonti non sono una priorità, secondo quello schema comunicativo» – precisa il professore. «In fondo Stamina è un argomento controverso, il pubblico può perdonare una caduta ai suoi beniamini». Lo fa, come lo ha fatto con la storia del metodo Di Bella nel 1997, ma evidentemente di anticorpi non ce ne siamo fatti abbastanza: «Siamo il paese dei guelfi contro ghibellini. Qui la comunicazione che chiede di schierarsi funziona sempre».