Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  febbraio 12 Mercoledì calendario

Biografia di Bobo Rondelli

• (Roberto) Livorno 18 marzo 1963. Cantautore. Ultimo album: A Famous Local Singer (2013).
• «È il principe delle case del popolo, il re delle sagre, il pirata dei circoli anarchici. È il gatto selvatico della notte, l’eroe popolare di una città. Bobo Rondelli, L’uomo che aveva picchiato la testa, come lo chiama Paolo Virzì nel bel film documentario che a lui ha dedicato. Ritratto di un cantautore anomalo, poeta dei perdenti, sbeffeggiatore dei potenti. (...) “Un solitario dal carattere infame e il carisma istintivo. Una calamita per occhi e orecchie – lo definisce Virzì –. Subito adorato da tutti per quella sua malinconica spavalderia, la vocazione alla sconfitta, la voglia di andare sempre in c... a tutti, soprattutto a quelli del ‘palazzo’. Insomma Bobo riassume tutti i tratti antropologici dei livornesi: orgogliosi, irriverenti, fierissimi della loro identità, con un attaccamento per la loro città un po’ folle, che li fa guardare con commiserazione agli ‘altri’, a quelli che abitano a Parigi o New York”. “Bobo è un global-local”, lo definisce David Riondino, amico di Rondelli come il jazzista Stefano Bollani, come Nada... (...) “Lui è il cantastorie che potrebbe conquistare il mondo solo se volesse”, prosegue Virzì. Un nuovo De André? “De André era più sofisticato, meno ironico. Il tono di Bobo, fortemente tragicomico, mi fa più pensare a Tom Waits, Celentano, Jannacci... O anche, per tratti poetici disperati, a Piero Ciampi. Un altro livornese eccessivo e geniale. L’idolo di Bobo insieme con Gianmaria Testa”. A dichiarare subito il suo grano di follia, la scelta del nome del gruppo di Rondelli, Ottavo Padiglione, come il reparto psichiatrico dell’ospedale di Livorno. Titolo dell’album che li fa conoscere: Ho picchiato la testa. Un buon successo, Bobo sembrava pronto a sfondare. Perché non sia successo resta un mistero che, azzarda Virzì, forse si può spiegare proprio con quel non voler staccarsi dalle origini, da una tribù di cui ti senti il paladino. Un accartocciarsi su di sé quasi a voler snobbare una fama e un consenso più estesi» (Giuseppina Manin) [Cds 11/5/2009].
• «Il livornese ha un’anima anarchica, libertaria e anche un aspetto rabbioso se vogliamo ma nel livornese prevale comunque la voglia di aprirsi, ascoltare gli altri. Il livornese ha bisogno di ridere, di condividere gioie e situazioni. A Livorno succedono cose stupefacenti, si incontrano ancora anime che possono ancora stupire. Non è ovviamente l’unica città, anche a Napoli ad esempio è ancora possibile incontrare persone interessanti» (a Marco Pipitone) [Fat 19/10/2013].
• «Chi lo conosce, con gli eccentrici baffi che lo proiettano in una cartolina degli anni ’50, con il costume a righe orizzontali e una canottiera smanicata, sa che le sue canzoni non somigliano a nulla, si trovano a metà strada tra la poesia popolare e una saggezza intrisa d’ironia. Gli piace scherzare, questo è sicuro: “A chi verrà a sentirmi dico di non aspettarsi nulla – ridacchia Rondelli – ma alla fine va bene anche per chi deciderà di non venire, tanto mi pagano uguale. Mi sento una grande prostituta da palcoscenico, come ‘donnaccia’ (il termine usato da Bobo era più comune, ndr) sono rinomata”. (…) “Fortunatamente non m’hanno preso a Sanremo – spiega dialogando sull’essere considerato un artista di nicchia – se qualcuno mi criticasse in caso di maggior successo replicherei ‘magari avessi venduto qualcosa’! C’è un abuso del delegare la purezza a chi canta due stornelli. Da parte mia c’è sempre stato il rifiuto all’idea di star, mi definisco un grande ‘brodo Star’. Del resto il contatto con il mondo commerciale, con gli alberghi a 5 stelle, può frenare la voglia di raccontare sé stessi”» (Michele Bellucci) [Mes 12/2/2014].