Maria Giovanna Maglie, Libero 12/2/2014, 12 febbraio 2014
LE DIMISSIONI DEL PAPA FORSE NON SONO VALIDE
Il “ritiro” di Benedetto XVI - un anno dopo - si tinge di giallo. Perché emergono “dettagli”che impongono di interrogarsi seriamente sulla sua effettiva validità canonica. Parto da ciò di cui io stesso sono stato testimone personale. Nell’estate del 2011 ricevo da fonte certa la notizia: Benedetto XVI ha deciso di dimettersi e lo farà dopo aver compiuto gli 85 anni, cioè dall’aprile 2012. Scrissi tutto su queste colonne il 25 settembre 2011. Fui seppellito da una valanga di risposte sprezzanti, sia dall’entourage vaticano che dai vaticanisti. Arrivati alla primavera 2012, qualcuno dei vaticanisti fece ripetutamente notare che la mia previsione non si era realizzata. Io risposi che si era in pieno nella tempesta di Vatileaks e per quella ragione il Papa non si era ancora dimesso. Infatti l’11 febbraio 2012, appena chiuso il caso Valileaks, Benedetto XVI comunica il suo clamoroso ritiro (si era sempre nel suo 85° anno).
Tuttavia ancora ieri i rosiconi di “Vatican Insider” scrivevano: «Nel corso degli anni, sui giornali italiani, Antonio Socci e Giuliano Ferrara parlarono, con motivazioni diverse, dell’ipotesi che Joseph Ratzinger si dimettesse. Nessuno, a ogni modo, seppe prevedere la tempistica ». A parte il fatto che la mia era una notizia, mentre l’articolo di Ferrara - uscito mesi dopo - era una sua riflessione culturale, nel mio articolo la tempistica era molto ben definita. Inoltre ieri il cardinale Bertone, con una intervista al “Giornale”, ha rivelato: «Il Papa aveva maturato la decisione da tempo, me ne parlò già a metà del 2012». Poi decise di ritardare un po’ la comunicazione per le tante tempeste che erano in corso. Ma la decisione era stata presa per l’aprile 2012. Proprio come avevo scritto.
DELEGITTIMAZIONE
A questo punto mi sono chiesto come facessero quelle mie fonti a sapere con certezza tutto questo già nell’estate del 2011, due anni prima. Chi e perché era in grado di conoscere una cosa simile? O qualche persona molto vicina al Papa, oppure qualche gruppo di persone che l’aveva con lui “patteggiata” e ottenuta. Ebbene, nell’estate 2011 le persone vicine al Papa non lo sapevano. Dunque ci sono state forze che hanno voluto e premuto per quella decisione fino a “strappargli” una data?
Non credo che sia un’esagerazione complottista, perché oltre ai fortissimi attacchi esterni, che hanno connotato il suo pontificato, Benedetto XVI è stato avversato in modo durissimo fin dall’inizio all’interno del mondo ecclesiastico: è evidente dal documento con cui un gruppo di cardinali anonimi, subito dopo il Conclave del 2005, ha infranto il giuramento sul Vangelo diffondendo un presunto Diario delle votazioni che delegittimava Ratzinger e in pratica gli lanciava il segnale di mollare. Prefigurando subdolamente dei fatti che poi si sono davvero realizzati. Quella delegittimazione pubblica di un Papa appena eletto, da parte di cardinali spergiuri e nascosti dietro l’anonimato, non ha eguali nella storia moderna della Chiesa.
È possibile pensare che da lì si sia dipanata tutta una strategia ostile che evidentemente puntava proprio alle dimissioni del Papa. Nel libro “Attacco a Ratzinger”, del 2010, Andrea Tornielli e Paolo Rodari riportano la dichiarazione di un importante cardinale che, dopo il Conclave del 2005, disse di papa Benedetto: «Due o tre anni, non durerà più di due o tre anni» (e «lo faceva accompagnando le parole con un gesto delle mani, come per minimizzare »).
Va ricordato anche l’inquietante “appunto” consegnato a Benedetto XVI il 30 dicembre 2011 dal cardinale Dario Castrillòn Hoyos, nel quale si riferivano le cose che un altro cardinale, Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, nel novembre 2011 avrebbe detto ad alcune persone in colloqui avuti a Pechino. Il cardinale Romeo, secondo l’estensore del rapporto, avrebbe «aspramente criticato Papa Benedetto XVI». Infine «sicuro di sé, come se lo sapesse con precisione il cardinale Romeo ha annunciato che il Santo Padre avrebbe solo altri dodici mesi da vivere. Durante i suoi colloqui in Cina ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12 mesi». Tale documento uscì poi sulla stampa nel febbraio 2012 e fece scalpore, ma fu subito dimenticato, anche dai media (sempre superficiali). Declassato a chiacchiera di qualche svagato che aveva frainteso tutto, immaginando attentati e cose simili.
Di certo quel rapporto aveva aspetti strani, ma alla luce di ciò che è davvero accaduto nei dodici mesi successivi, si può dire fosse proprio casuale la previsione certa dell’uscita di scena di Ratzinger? Di sicuro, con tutto questo oscuro subbuglio di Curia, appaiono poco credibili oggi dichiarazioni come quella fatta a caldo, al momento delle dimissioni del Papa, dal cardinale Sodano: «Un fulmine a ciel sereno». Sodano - che era Segretario di Stato nel 2005 e fu sostituito da Benedetto XVI nel 2006 - è poi colui che, come decano del Sacro Collegio, ha gestito il nuovo Conclave del 2013. E resta l’uomo forte della Curia.
La vicenda delle dimissioni di Papa Benedetto è sempre più misteriosa. E pure imbarazzante. Non a caso, per l’anniversario del ritiro, si sono lette cose surreali, come la dichiarazione del cardinale Cottier che ad “Avvenire” ha detto: «Con molta lucidità egli ha misurato le proprie forze e il lavoro da fare. E ha deciso che non si può forzare la Provvidenza». Restare al suo posto sarebbe stato «forzare la Provvidenza»? E in quale bignami della teologia sarebbe scritta una simile castroneria, offensiva per Papa Benedetto e pure per la Provvidenza stessa, che non è ritenuta in grado di guidare le vite umane? Forse che il Conclave del 2005 andò contro la Provvidenza?
REQUISITO NECESSARIO
Eccoci dunque davanti alla domanda cruciale: quella sulla “rinuncia” di Benedetto XVI. L’11 febbraio 2013 egli l’annunciò solennemente «ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà». Non è ammissibile dubitare delle sue parole, quindi il suo fu un gesto libero. Tuttavia per ottenere una decisione in tal senso si può premere in molti modi. Non necessariamente con un’imposizione diretta. C’è chi ha avanzato l’ipotesi che il Papa abbia sentito ventilare eventi catastrofici per la Chiesa che, in cuor suo, riteneva di poter scongiurare facendosi da parte. In questo caso avrebbe preso liberamente la sua decisione, ma quanto sarebbe valido il suo ritiro?
Il problema della validità canonica delle sue dimissioni è enorme. L’invalidità infatti - secondo alcuni canonisti - non riguarda solo il caso di costrizione, ma è da discutere anche in altri casi. Per esempio ci si può domandare se il Pontefice in cuor suo ha messo nella decisione il concorso della volontà, cioè se si è ritirato - oltreché esteriormente - anche interiormente. Sembra una questione aleatoria,ma nelle cose di Dio il cuore, che Lui solo vede, è determinante. Infatti perfino per i sacramenti è necessario questo requisito. Nella consacrazione dell’eucaristia ci vuole materia, forma e intenzione: se manca anche solo uno di questi elementi il sacramento è invalido. Per esempio se manca l’intenzione interiore del sacerdote di consacrare, se egli formula le parole ma non ha l’intenzione di consacrare, la consacrazione non è valida.
Benedetto XVI si è ritirato anche interiormente? Oltre al linguaggio delle parole c’è quello dei gesti. Quello che vediamo è che ha scelto di continuare a stare «nel recinto di Pietro», di vestire in abito bianco, di definirsi «Papa emerito» e di continuare a chiamarsi Benedetto XVI (si firma così). Inoltre ha rifiutato il cambiamento del suo stemma che lo riportava a cardinale, tenendo ancora quello con le chiavi di Pietro. Il Vaticano ha fatto sapere che Benedetto «preferisce non adottare un emblema araldico espressivo della nuova situazione creatasi con la sua rinuncia al Ministero Petrino».
Sappiamo che nella Chiesa c’è anche il “magistero tacito”. Forse questo è il caso. E di certo Benedetto è in accordo con Francesco. Un bel mistero.