Mario Ajello, Il Messaggero 12/2/2014, 12 febbraio 2014
DI PIETRO-ZELIG RIMETTE LA TOGA DA GIUSTIZIERE AD AVVOCATO
IL PERSONAGGIO
ROMA Tonino Di Pietro è arrivato al suo destino da zelig che da pm si trasforma in avvocato. Il suo collega di sfortunate avventure politiche, Antonio Ingroia, con cui Di Pietro è stato distrutto nelle urne in una improbabile Rivoluzione Civile, s’era già trasformato in avvocato da magistrato che era. Ed entrambi, i due rottamati con una grande futuro dietro le spalle, nella reincarnazione nel nuovo ruolo si distinguono per la plateale insensibilità al conflitto di interessi. Si può fare - caso Ingroia - l’avvocato in un processo che è stato istituito da pm dalla stessa figura che poi si ripresenta con addosso un altro tipo di toga e stiamo parlando del dibattimento sul presunto patto Stato-mafia di cui mancano anche le tracce? Di Pietro, idem: non gli basta di essere padre, padrone, cassiere, immobiliarista, carnefice, vittima dell’Italia dei Valori. No, vuole esserne anche l’avvocato e rappresentarne le ragioni - chi può stare nel giusto dopo aver candidato in Parlamento De Gregorio? - nel dibattimento sulla compravendita dei senatori da parte di Berlusconi. Era proprio necessario rivedere Tonino in toga, sia pure di un’altra specie?
IL RIECCOLO
E’ stato necessario a se stesso, il quale da una toga partì nella sua assai discutibile avventura di leader politico e da una toga, ma non più una toga da pm, cerca ora di ripartire cercando visibilità, dicendo rieccomi, rispolverando il dipietrese - quanti strafalcioni ha sparato ieri a Napoli l’avvocato «che c’azzecca!»? - e mirando a ricollocarsi in politica se sarà capace di trovare un posticino al sole, che di solito lassù non c’è, nell’Europarlamento di Strasburgo.
Ecco come rimetto la toga e ritorno in ballo. E giù foto, ieri, nell’aula napoletana: una di profilo? Eccola. A tutto tondo? Venghino, signori, venghino. Mentre ruggisce? Sì, prego. E sembra il leone di Madagascar che si mette in posa mentre i visitatori dello zoo di New York gli fanno clic fingendo di esserne impauriti: oh, quanto è cattivo. Grrrr..... E si pavoneggia l’ex pm neo-avvocato fu poliziotto ma anche operaio e muratore e quasi ministro (con Berlusconi) e due volte ministro (con Prodi) e via così (compreso sex symbol quando fu votato come la star più erogena del mondo insieme ad Harrison Ford) e insomma: «Oggi sto per la prima volta dall’altra parte, quella degli avvocati, e le prime volte a me piacciono tanto». Ci sta provando con qualcuna in aula, fingendo di essere vergine, il Di Pietro ogni volta uguale e sempre fintamente diverso? Sarebbe stato gustoso vederlo anche lui, magari con toga anti-ghiaccio, in qualche alpeggio della Val d’Aosta dove doveva andare a lavorare l’amico Ingroia - «Ma lassù c’andate voi!», fu il suo diniego risultato inelegante agli occhi dei valligiani - e Berlusconi si pregustava la scena: «Non vedo l’ora di vedere quella specie di pm ridotto a intercettare gli stambecchi sulle montagne». Vederli tutti e due, Antonio e Antonio, sarebbe stata - non solo per il Cavaliere - goduria massima. Ma vabbè.
«Non ho mai tolto la toga dal mio cuore», ha annunciato ieri l’ex toga neo-toga: «E’ solo che ho cambiato tipo di toga». Ma lo Zelig molisano e dipietrista - genitore del figlio Cristiano che in ossequio all’Italia dei Disvalori decideva nomine ministeriali per conto di papà a quel tempo ministro delle Infrastrutture - di abiti ne ha cambiati parecchi. Senza mai spiegare bene il perchè. E, come diceva Enzo Biagi, «dribblando tanti ostacoli e molto spesso la coerenza».
IL TRATTORE
Contadino, prima e poi, ora e allora. E operaio in Germania ma anche muratore e poliziotto quaggiù. Impiegato al ministero della Difesa e segretario comunale nel comasco. Pm a Milano e super-star di Mani Pulite («Io a quello lo sfascio», disse di Craxi dopo essere stato sodale di qualcuno del giro craxiano) e poi Berlusconi gli offre il ministero dell’Interno, La Russa lo propone per il ministero della Giustizia, Previti lo adora («Nel Polo lo accoglieremo a braccia aperte») e Cossiga lo vuole mandare al Quirinale: «Ha le qualità morali per essere capo dello Stato». Ministro? Sì, nel ’96. Senatore, nel ’97. Segretario di partito ma anche padrone delle case e dei conti del partito in un mix di pubblico e privato? Sì, e siamo all’Italia dei valori. Talent scout di statisti? Ma certo: vedi, oltre a De Gregorio, il lancio in politica di Scilipoti (che è medico ma magari farà l’avvocato anche lui in caso di disgrazia) e, da non dimenticare, Razzi. Ministro di nuovo? Sì, nell’Unione prodiana e stava con Prodi l’ex pm ma poi anche no. Politico finchè dura - e in Italia i processi sono lenti anche quelli non giudiziari - l’onda lunga dei tempi in cui era un giudice eroe tutt’altro che ingiudicabile. Ma poi si è andato a schiantare a causa dei giochini finanziari di tanti suoi colleghi dell’Idv. E infine, Ingroia. Un disastro più un disastro. Ma si può sempre recuperare. Ad esempio, indossando la toga (quella nuova) più per sete di spot che per amor di giustizia.