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 2014  febbraio 12 Mercoledì calendario

CONTI SALVI, RIPRESA FRAGILE IL BILANCIO DI PALAZZO CHIGI


Nove mesi e mezzo vissuti in una strettoia. Da una parte la necessità di non abbandonare la linea del rigore.
Dall’altra l’attesa di una ripresa che sarà ufficializzata solo dopodomani, quando per ironia della sorte potrebbe essere già dimissionario. Si può riassumere così la parabola del governo presieduto da Enrico Letta, che nelle aspettative e nelle sue stesse intenzioni avrebbe dovuto rappresentare una sorta di ripartenza, dopo la fase emergenziale gestita da Mario Monti. Alla fine il bilancio è in chiaroscuro: la caduta economica si è certamente arrestata e nell’ultima parte del 2013 si sono manifestati anche i primi deboli segnali del ritorno alla crescita. Ma il rasserenamento del quadro generale, che comunque resta per alcuni aspetti incerto e non privo di rischi, non si è tradotto in un miglioramento sensibile delle condizioni di imprese e famiglie.
Per la verità alcune condizioni esterne erano favorevoli: le scelte della Bce di Mario Draghi hanno permesso di riportare in sicurezza il mercato dei titoli di Stato, facendo scendere lo spread verso la soglia dei 200 punti. Anche le Borse hanno avuto un andamento fortemente positivo. Ma tutto ciò non ha aiutato il governo, paralizzato dai veti politici, a imprimere una svolta: emblematica è la vicenda della tassazione immobiliare che ha assorbito il lavoro del premier e dei ministri fin dal mese di maggio senza che si sia ancora arrivati ad una soluzione definitiva.
LE ATTESE DI APRILE
Quando Enrico Letta e i ministri hanno prestato giuramento, il 28 aprile dello scorso anno, si attendeva ancora per la seconda metà dell’anno una chiara inversione del ciclo economico. Le cose sono andate in modo un po’ diverso; a mano a mano che passavano le settimane, si è capito che la ripresa, pur evidente nel dinamismo di alcuni settori della nostra economia, in particolare quelli orientati all’export, sarebbe comunque stata lenta e fragile. E dunque non in grado di assicurare un pur limitato progresso sul mercato del lavoro. Per il quarto trimestre, dopo il risultato piatto del terzo, è atteso una modesta crescita del prodotto interno lordo (+0,1 secondo gli analisti, venerdì l’annuncio dell’Istat) che comunque rappresenterebbe il ritorno al segno positivo dopo due anni e mezzo. Anche la produzione industriale risulta in risalita negli ultimi tre mesi dell’anno, seppur meno del previsto per l’inatteso scivolone di dicembre. I principali centri di ricerca ipotizzano per il 2014 un Pil in progresso ma tutt’altro che brillante, intorno allo 0,7 per cento.
Dal fronte dell’occupazione niente di nuovo, se non la conferma di una tendenza allarmante: i disoccupati erano 3 milioni e centomila a maggio, sono cresciuti fino a dicembre di altre 130 mila unità circa, che corrispondono più o meno al calo degli occupati. Il tasso di disoccupazione è aumentato di mezzo punto percentuale, dal 12,2 al 12,7. La dinamnica dei prezzi, che già la scorsa primavera appariva del tutto sotto controllo, ha dato segni di ulteriori raffreddamento arrivando a uno 0,7 per cento che magari non sarà il preludio della deflazione ma certo segnala la persistente debolezza della domanda.
LA PRESSIONE FISCALE
Risultati più incoraggianti emergono dai conti pubblici. L’esecutivo in carica ha ereditato dal precedente un rapporto deficit/Pil al 3 per cento che ha permesso al nostro Paese di uscire dalla procedura di disavanzo eccessivo.
Lo stesso livello dovrebbe risultare confermato per il 2013, anche se la commissione europea chiede maggiori sforzi sulla discesa del debito prima di concedere gli attesi margini di manovra riservati ai virtuosi.
La necessità di non mollare la presa sul risanamento dei conti ha prodotto una pressione fiscale inchiodata ai livelli più alti di sempre.
Era al 44 per cento nel 2012, lo scorso anno si dovrebbe essere collocata un po’ più su, al 44,3 per cento, nonostante la sostanziale cancellazione dell’Imu sull’abitazione principale: alla debolezza dell’Iva, condizionata dal ciclo economico, ha fatto da contrappeso il buon andamento delle tasse sostitutive sui capital gain, sostenuto dal buon andamento della Borsa (il Ftse Mib è cresciuto dai 16.700 punti di maggio fino a sfiorare i 20.000). Per il 2014 in base al quadro macroeconomico della legge di stabilità l’incidenza di imposte e contributi dovrebbe iniziare a ridursi, seppur in modo appena percettibile: l’anno però è appena iniziato e molti elementi che condizioneranno la percentuale finale non sono ancora noti.
IL DEBITO PUBBLICO
Il debito pubblico, appesantito anche dallo sblocco dei pagamenti arretrati delle amministrazioni pubbliche e dall’obbligo di partecipare ai vari fondi anti-crisi costituiti a livello europeo, ha superato in valore assoluto quota 2.100 miliardi ma a dicembre dovrebbe ridiscendere verso i 2070, con un’incidenza sul Pil che si colloca ad un elevatissimo 132,9 per cento, circa sei punti in più rispetto a fine 2012. A questo aumento delle passività complessive corrisponde per fortuna un clima tranquillo sul fronte dei tassi, che permette di ipotizzare qualche risparmio sulla spesa per interessi. Lo spread tra il Btp e il Bund tedesco che Enrico Letta ha trovato a circa 270 punti è sceso fino a 200, il che auspicabilmente dovrebbe creare condizioni più favorevoli per il credito alle imprese: comunque è una base favorevole per chi dovrà governare nei prossimi mesi.