Filippo Facci, Libero 12/2/2014, 12 febbraio 2014
I CORAZZIERI PER NEGARE I FATTI FANNO DURARE L’ESTATE SEI MESI
L’estate del 2011 durò sei mesi, un evento meteo-politico di rara portata: è l’unica conclusione che si può trarre dalle esibizioni di disonestà intellettuale che spiccavano su alcuni giornali di ieri. I problemi del governo Berlusconi e l’impennata dello spread cominciano a fine luglio ed esplodono a novembre, eppure le esplicite richieste di Giorgio Napolitano a Mario Monti risalgono a giugno, quando lo spread è tranquillo e il governo pure: da qui, sui giornali di ieri, lo sforzo di ricondurre a una sola e generica «estate 2011» fatti e scadenze ben separati nel tempo: un solo calderone in cui confondere e giustificare l’evidente tentativo del capo dello Stato di sostituire un governo eletto con uno che piacesse all’Europa e poi, certo, a lui. A leggere i giornali, c’è quasi da divertirsi.
IL FRANCO RITIRATORE
A lanciare lo scoop e a ritirare la mano è paradossalmente il Corriere della Sera, quotidiano che - assieme al Financial Times - ha riportato le rivelazioni di Alan Friedman. Scrive Massimo Franco nell’editoriale di prima pagina: «Non deve scandalizzare che di fronte a una situazione in bilico un capo dello Stato sondi la possibilità di governi alternativi ». Non deve scandalizzare: resta da capire perché allora l’abbiano messo in prima pagina, e perché la notizia sia stata ripresa in tutto il mondo. Poi cominciano imprecisioni e ambiguità: Massimo Franco parla appunto del governo Berlusconi e di una «situazione in bilico» che semplicemente non era in bilico, non a giugno. Ma su date e altri dettagli l’editorialista non si addentra, così come «sulla parentesi successiva del Professore che ha voluto far politica è meglio non addentrarsi». In altre parole, Massimo Franco non si addentra da nessuna parte. Lo fa invece Andrea Nicastro, che in una ricostruzione racconta che l’ex premier spagnolo Zapatero rispose un «no secco» alla Merkel e dunque «in due settimane la Spagna andrà al voto», diversamente dall’Italia che «non aveva scadenze elettorali e resisteva a tutti gli inviti che riceveva ad accettare gli aiuti». I virgolettati appartengono alla recente autobiografia di Zapatero, pagina 293: anche il leader spagnolo ha individuato come evento chiave, nell’avvicendamento di Berlusconi, il G20 di inizio novembre 2011.
«L’UNITÀ» VEDE TRAME
L’Unità, come al solito, si proietta in un altro mondo e in un’altra dimensione: più che notizie, ai lettori si impartiscono parole d’ordine. La realtà è semplicemente negata: sotto il titolo di prima pagina si parla di «risibili rivelazioni di Alan Friedman sul Corsera» e, nell’editoriale di Pietro Spataro, di «fumo, certo. Ma anche veleni. Soprattutto vergognose falsificazioni e trame oscure». Cioè: ci sono delle testimonianze (anche video) e ammissioni non smentite degli stessi protagonisti, dopodiché all’evidenza si può dare un diverso peso politico: ma l’evidenza resta, e però secondo l’Unità è fumo, veleni, falsificazioni e trame oscure. L’espressione «vergognosa mistificazione della realtà» ricorre anche nel sottotitolo che cita Enrico Letta, e si somma ad articoli che riportano una collezione di politichese indignato: «Offensiva inaccettabile », «Indegna gazzarra» eccetera. L’Unità è addirittura disposta a dar spazio al ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, che pure si tiene sul generico e parla di «gioco allo sfascio». E c’è pure una penosa parentesi in cui si cerca di smentire ciò che è stato ammesso persino dai diretti interessati, cioè i colloqui tra Monti e Napolitano e gli argomenti trattati; si intervista cioè Pasquale Cascella, ex portavoce di Napolitano, secondo il quale a lui «non risultano» contatti tra Napolitano e Monti, se non per «l’intervento che il presidente avrebbe dovuto compiere a Cernobbio». Vabbè, buonanotte.
ESTATE A «REPUBBLICA»
Veniamo ai professionisti. Massimo Giannini, il corsivista d’intrattenimento politico della Repubblica, mostra agli studenti di giornalismo che farsi leggere è difficile, ma anche non farsi leggere può essere un’arte: «C’è un tratto di surrealismo pynchoniano nella sindrome da complotto che accompagna da vent’anni le avventure di Berlusconi. Una paranoia che ricorda “L’incanto del lotto 49”, le manie ossessive di “Oedipa Mass”, le trame oscure ordite dal “Tristero”». E questo è l’inizio. Più avanti, per chi ci arriva, c’è la consueta mistificazione temporale: «Nell’estate 2011 il governo Berlusconi è già alla frutta». Estate quando? A novembre? «La caduta sembra imminente, già allora». Sì, ma quando? Non è chiaro: tuttavia, ammette Giannini in un sussulto di pudore, «lo spread non viaggia ancora verso quota 500, come avverrà a novembre». Non è a quota 500, quando Napolitano parla con Monti. A dire il vero, a giugno, non è neanche a 400. Neanche a 300. Qual è allora il problema? È questo: «Tra giugno e luglio la legge di stabilità è un Vietnam». Dunque Napolitano allerta Monti per via della legge di stabilità? Non basta, ergo Giannini ci aggiunge: il caso Noemi Letizia, le cene eleganti, Ruby, le telefonate in questura e insomma il fatto che Berlusconi fosse «già penosamente svillaneggiato agli occhi del mondo per i suoi processi». Ma non lo era ancora agli occhi degli elettori, forse. Poi, sempre su Repubblica, ci sono due interviste. In una, Gaetano Quagliariello ammette che nell’estate 2011 il problema erano al limite le «profonde difficoltà della maggioranza». Non lo spread. In un’altra, Emanuele Macaluso spara genericamente che «nell’estate del 2011 la crisi economica era acutissima, il governo non reggeva più l’urto dello spread». Quando, di preciso? L’ha detto: nell’estate 2011, quando tutti erano sotto gli ombrelloni: in novembre.
«IL SOLE» SAPEVA
Sul quotidiano di Confindustria è Stefano Folli a dirla giusta: «Esistono notizie importanti per quello che svelano. E altre che lo diventano per l’uso che viene fatto». Infatti. Il problema è che, nel timore dell’uso che ne venga fatto, molti stanno negando ciò che le notizie svelano. Molti sapevano o immaginavano com’erano andate le cose, tanto che le rivelazioni di Friedman, aggiunge Folli, «raccontano quello che era ben noto da tempo, ma arrivano nel pieno di una crisi inespressa... Friedman ha aggiunto qualche pennellata al dipinto, ma non si può dire che abbia riscritto la storia recente d’Italia». Vero. Il problema è che del dipinto, sui giornaloni nazionali, non c’è mai stata traccia.