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 2014  febbraio 12 Mercoledì calendario

CHE SUCCESSO, RAGAZZI MI FACCIO INVIDIA DA SOLO

Chiedete a Checco Zalone quante volte ha visto il suo ultimo film. «Fino alla nausea, dal montaggio in poi, non lo posso più vedere!». Altro che nausea, un successo. «Sole a catinelle» con i suoi 52 milioni di euro è il maggiore successo del cinema italiano e il terzo in assoluto (dopo «Avatar» e le due uscite di «Titanic» del 1998 e del 2012). Cifre che fanno tremare i botteghini: «Eh sì, pare me!» ammette Luca Medici in arte Checco Zalone. Con il suo film, uscito lo scorso 31 ottobre nei cinema italiani (e che ora arriva nelle edicole con Sorrisi, in dvd), ha polverizzato molti record.
Il cinema italiano respira. Qualcuno le ha detto grazie?
«A me personalmente no. Inutile essere ipocriti, c’è una competizione forte che rasenta l’invidia, ma che io accetto. Addirittura a volte sono invidioso di me stesso, io mi scindo spesso fra Luca e Checco e questo Checco mi sta cominciando a stare sulle p...».
Nel 2013 i cinema italiani hanno contato 97,4 milioni di spettatori, e oltre 8 milioni sono stati per «Sole a catinelle».
«Gli altri 89 milioni però mi hanno deluso. Sono amareggiato per gli altri 89 milioni».
Beh, più o meno un italiano su sette è andato a vedere il suo film.
«Persino gli intellettuali, persino i blogger! È stato un effetto a catena, si è innescato un meccanismo per cui ognuno si sentiva obbligato a dire la sua, e spesso la sua era negativa e polemica».
A quali polemiche si riferisce?
«Un 50% degli intellettuali italiani ha criticato il film o meglio ha avuto da ridire sulla sproporzione tra la qualità del film è il successo riscosso».
I critici hanno anche scritto: «Checco, un eroe dei nostri tempi», «il supereroe del popolo». Non sono stati così cattivi.
«Erano già renziani quando hanno visto il film».
Si sente un po’ eroe?
«Eroe è una parola eccessiva. So che questo incasso ha salvato dei posti di lavoro, non mi va di dire quali, ma ne ha salvati parecchi. Spero di non aver solo allungato l’agonia, ma da qui a definirmi eroe ce ne passa».
Chi è per lei un eroe dei nostri tempi?
«Non ce ne sono, io sono pessimista. L’eroe è quello che fa tutto per gli altri. Se dicessi papa Francesco sarei retorico. Lo dirò al prossimo film».
Ha già un’idea per un nuovo film?
«Per ora nessuna. Di certo non sarà l’anno prossimo, ma fra due anni».
In «Sole a catinelle» ha raccontato l’Italia ai tempi della crisi.
«Era un storia abbastanza universale, in tutta Europa c’è la crisi, ovunque esiste un Molise, un posto non contaminato dalla civiltà, dappertutto ci sono fabbriche che chiudono o la ragazza sinistroide con velleità di artista. Forse dei tre film che ho fatto questo è il più esportabile».
Per Checco Zaione, invece, niente crisi.
«Questa è stata la chiave vincente del film, non ci siamo pianti addosso. Ho rappresentato un personaggio che rasentava la follia, con il vizio dell’ottimismo. Il successo del film è dovuto a una storia semplice e comprensibile.
Adesso quando si sveglia la mattina, il primo pensiero è?
«Il latte con i biscotti. Il prossimi obiettivo è perdere sei chili, adesso ho la mente libera per impegnarmi. Ogni tanto vado a trovare il produttore Pietro Valsecchi e ho visto che è in formissima, fa ginnastica un’ora ogni mattina».
Insomma Checco Zalone «resta umile», come recitava il titolo del suo tour teatrale.
«“È sempre più difficile restare umili”, diceva però l’inizio dello spettacolo di Paolo Migone. Io non faccio tantissime cose, in tre anni ho fatto due film e un tour. La cosa più bella della ricchezza è poter rinunciare: non ho più bisogno di dire sì a tutto».
Ha composto altre canzoni dedicate a sua figlia Gaia?
«Ne basta una, “Dall’ovaia a Gaia”. Però mi sono comprato il pianoforte a coda. Di una prestigiosissima marca italiana, in un attacco di patriottismo. Passo la mattina a suonare, poi guardo in video Stefano Bollani e mi arrabbio perché non sarò mai come lui. Allora gli scrivo: “Ma come fai?”».
Però ha composto un brano per il nuovo film di Pio e Amedeo, le due iene «ultra», che uscirà a marzo.
«Ho composto solo la musica. La canzone s’intitola “Fuggi da Foggia”, è un detto barese, che fa da ritornello. Il testo l’hanno scritto Pio e Amedeo, ma io da Bari non l’ho capito: è in foggiano, una lingua sconosciuta…».