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 2014  febbraio 12 Mercoledì calendario

SORPRESA: A FINE 2012 ARRETRATI DELLO STATO PER “SOLI” 60 MILIARDI


Il governo Letta si è impegnato per quaranta miliardi di euro, ne ha versati finora 22. Un buon risultato, visti i tempi e le mille difficoltà burocratiche. Ma immaginate il pagamento degli arretrati dello Stato nei confronti dei suoi creditori come una corsa sulla lunga distanza: non conta quanto ci si è lasciati alle spalle, ma la strada che manca al traguardo. L’arbitro che sorveglia, l’occhiuta Commissione europea, non ha mai capito dove tracciare quella linea. A quota cento, come stimò l’allora ministro Passera? Addirittura oltre, a 120 miliardi, come hanno sostenuto alcune associazioni d’impresa? O ci si può fermare a 90, come ha autorevolmente ipotizzato la Banca d’Italia? A marzo dell’anno scorso - quando ancora Letta non si era insediato - il commissario Antonio Tajani chiese pubblicamente lumi all’Italia: non ha mai ottenuto risposta. Ma dopo ormai un anno di lavoro, nei corridoi di Tesoro e Ragioneria circola una cifra dello stock di debito accumulato al 31 dicembre del 2012, quello su cui si è concentrato il lavoro del ministro Saccomanni e dei suoi uffici. Non è un numero ufficiale, ma è considerato «credibile» dai tecnici. E soprattutto, al netto del debito accumulato nel 2013 ancora da stimare, fissa l’asticella ben al di sotto di quel che si è finora ipotizzato: al massimo 60 miliardi di euro.
Possibile uno scarto del genere rispetto alla stima della Banca d’Italia? Possibile. La vicenda degli arretrati dimostra le conseguenze nefaste della riforma del Titolo quinto della Costituzione, ciò che ha permesso a migliaia di Comuni, Province, Regioni, aziende sanitarie, società controllate ed enti decentrati di fare debiti senza rispettare i vincoli dello Stato pagatore. L’allora ministro Grilli impiegò quasi un mese per contare più di ventimila soggetti autorizzati. Le sole partecipate degli enti locali a fine 2011 hanno accumulato 2,2 miliardi di perdite. Gli ultimi dati emersi dal monitoraggio del Tesoro dicono che si è allargato il fenomeno dei debiti fuori bilancio, di enti che affidano commesse con la promessa futura di pagamento. Colpa - per così dire - del Patto di stabilità interno, unico argine al federalismo irresponsabile che però blocca le spese in modo rozzo e penalizza gli enti virtuosi: la cassa è bloccata, l’autorizzazione a spendere sulla carta no. Tesoro e Comuni discutono da tempo come superarlo, e la sua riforma è legata a doppio filo alla proposta lanciata dal segretario Pd Renzi di rivedere tutta la materia. Per ora il fenomeno è tutt’altro che risolto: l’Ance ha di recente denunciato fino a sette mesi di attesa per il saldo delle nuove fatture. L’Unione degli industriali di Torino ha presentato denuncia a Bruxelles, che il 3 febbraio ha messo l’Italia sotto procedura di infrazione per il mancato rispetto della direttiva.
La Commissione ha fatto dei pagamenti alle imprese una bandiera. Riteneva e ritiene che sia il modo più rapido per far confluire soldi nelle casse delle imprese, asciugata dalla crisi e dalla stretta al credito. Ormai un anno fa - era 18 marzo 2013 - Tajani e il vicepresidente Olli Rehn chiedevano all’Italia di fare in fretta, sottolineando che «la liquidazione di debiti commerciali potrebbe rientrare tra i fattori attenuanti» nella valutazione dell’andamento dei conti pubblici. Allo stesso tempo la Commissione si diceva pronta «a cooperare per aiutare l’attuazione del piano di liquidazione» e ad accogliere «la disponibilità di informazioni più dettagliate ed aggiornate sull’ammontare di tale debito ad ogni livello dell’amministrazione». Chiedeva numeri esatti per uscire dalle secche dei dubbi contabili. Nelle intenzioni dei due, avrebbero dovuto essere comunicati entro settembre. «Non abbiamo avuto notizie ufficiali», spiega una fonte europea. Nei contatti informali - raccontano da Bruxelles - Roma non faceva fatica ad ammettere le insidie di arrivare a mettere le cifre nero su bianco, visto che «non vengono contabilizzate numerose poste, ad esempio i pagamenti connessi a contenziosi legali». Al Tesoro garantiscono che la lunga corsa per raggiungere il traguardo prosegue, nella speranza che nel frattempo l’irresponsabilità di alcuni non lo sposti troppo oltre. Crisi di governo permettendo.