Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
I dieci saggi sono saliti al Quirinale e poco dopo Bersani, tenendosi vicino Letta, ha tenuto una conferenza stampa. Napolitano, rammaricandosi del non aver infilato qualche donna nel suo gruppo di consulenti, ha detto che i dieci dovranno trarre le loro conclusioni al massimo entro 8-10 giorni. I conti sono presto fatti: ieri era il 2 aprile, + 10 fa 12 aprile, cioè venerdì della settimana prossima. Il lunedì successivo, 15 aprile, sono convocate le camere per dare inizio alle procedure per l’elezione del presidente della Repubblica. Quindi hanno avuto ragione gli americani a giudicare l’idea dei dieci saggi come un elegante escamotage per arrivare alla partita del Quirinale senza ulteriori compromissioni in una situazione paralizzata.
• E ha ragione Bersani, che ieri ha detto: a questo punto occupiamoci del prossimo presidente della Repubblica.
Sì, il punto più importante del discorso di Bersani è quello dove spiega di considerarsi ancora titolare del pre-incarico. «Io immagino che il mio pre-incarico sia assorbito in questa nuova fase.». Nella conferenza stampa ha perciò ribadito che il suo progetto resta quello: da un lato un governo senza alleanze col Pdl, sostenuto al Senato dalle forze di buona volontà, cioè nella sua mente i montiani e quei grillini che non intendono tenere congelati otto milioni di voti. Sull’altro lato una convenzione, di cui farebbero parte tutti i partiti per discutere di riforme istituzionali. «Affiniamola, vediamola meglio, ma per noi lavorare attorno a questo doppio registro è l’unica soluzione possibile e realistica. Bersani è a disposizione per questa soluzione». Va consideratoa un tratto di pura cortesia istituzionale la frase successiva: «Se Bersani è un problema, Bersani è a disposizione perché prima c’è l’Italia». Badi che Bersani ha ragione di sentirsi ancora pre-incaricato: dopo il colloquio di giovedì scorso, Napolitano non gli ha tolto il preincarico e lui stesso non ha mai dichiarato di aver rinunciato.
• Per questo tipo di stallo è stata trovata l’espressione “congelamento”. Che cosa ha in mente Bersani relativamente al presidente della Repubblica?
«Quello che ha in mente Bersani, lo sa solo Bersani» ha detto ieri il segretario. E sul presidente: «Noi siamo ligi alla Costituzione che ci chiama a lavorare onestamente per una soluzione di larga o larghissima convergenza parlamentare e fino a prova contraria lavoriamo così». Frase che deve essere letta, temo, nel modo più duro: la rosa dei possibili presidenti la facciamo noi e se gli altri la condividono siamo felici. Questi “altri” sono in poca parte quelli del Pdl, e in tanta parte quelli del Movimento 5 stelle. Proprio sul presidente della Repubblica Bersani punta a realizzare quella convergenza che potrebbe far cadere anche la diga che tiene imprigionata la formazione di un governo. Berlusconi, col suo governissimo e il capo dello Stato moderato, mi pare francamente in difficoltà.
• Prodi?
È in questo momento il candidato più probabile. Grillo ha detto: «Con Prodi si cancellerebbe il nome di Berlusconi dalle carte geografiche». Tuttavia sul nome di Prodi ci sono dubbi anche fra i grillini: «In definitiva è quello che ha fatto ministro della Giustizia Mastella». In rete si legge con parecchia insistenza il nome di Gino Strada, il gran medico di Emergency. Con Gino Strada saremmo più a sinistra di Sel. Ma Grillo ha detto che il candidato cinquestelle sarà scelto dalla Rete e se manterrà la parola Strada mi pare più in corsa di Prodi.
• Il Pd può eleggersi il presidente della Repubblica da solo?
Gli mancano nove voti. Ma poi il Pd voterà compatto per il candidato indicato dalla segretaria?
• No?
È in corso la lotta per la conquista del partito, tra i bersaniani e tutti gli altri. Il fatto che Bersani si consideri ancora pre-incaricato tiene fermo l’assalto degli altri alla segreteria, l’apertura del processo per la non-vittoria elettorale, eccetera. Bersani ha un solo modo di salvarsi: fare il governo e presentarsi alle camere, che gli votino pure contro. In ogni caso, andrà avanti e gestirà lui la prossima fase. È esattamente quello che Napolitano, fissato con i famosi “numeri certi”, non gli ha permesso di fare e che – scommette il segretario – gli sarà invece concesso dal prossimo capo dello Stato. Quindi Prodi o Zagrebelski o Rodotà (Gino Strada sarebbe un’esagerazione). Proprio per questo, però, gli antibersaniani del Pdi (i renziani, i franceschiniani, i veltroniani) andranno a cercare un presidente più incline al dialogo col centro-destra, meno propenso a tenere in gioco un segretario che è stato preso a pesci in faccia dalla formazione con cui vorrebbe allearsi.
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