Emilio Marrese, la Repubblica 3/4/2013, 3 aprile 2013
IL MIO FILM HA ANTICIPATO I GRILLINI MA NON HA PREVISTO LA LORO ARROGANZA
ROMA — Gli italiani il presidente l’hanno già eletto: è Claudio Bisio. «Benvenuto presidente!» è secondo in classifica (dietro i Croods) da dieci giorni con oltre 5 milioni d’incasso. E Fabio Bonifacci, 50enne bolognese, è lo sceneggiatore che ha inventato Peppino Garibaldi, il bibliotecario-pescatore montanaro che nella pellicola di Riccardo Milani si ritrova per sbaglio al Quirinale per ricoprire la più alta carica dello Stato. E fare la rivoluzione.
Questo è cinema a orologeria, Bonifacci.
«La nostra ambizione era quella di anticipare la cronaca, ma fare un film richiede tempo e quindi ci accontentiamo della contemporaneità. L’idea del produttore Nicola Giuliano e risale a sette anni fa, io ho iniziato a scrivere nel 2010 quando Grillo aveva tre consiglieri comunali, Berlusconi la più ampia maggioranza nella storia parlamentare e Napolitano un presidente tutto sommato defilato».
Chissà quanti cambi di copione in corsa...
«È stata una rincorsa continua: noi davanti e la realtà a inseguirci. Pensi al presidente Peppino che rinuncia allo stipendio. Ora lo fanno tutti, è una moda. In una precedente versione della sceneggiatura, a un certo punto Bisio nominava una commissione di 12 esperti per risolvere i problemi del paese: giuro che è vero. Io e il produttore ci siamo detti: no, non è credibile, nella realtà non può succedere, va bene prendersi qualche licenza ma questo è troppo. E la scena è stata cancellata».
L’hanno etichettato come un film grillino.
«Nasce dalla stessa rabbia popolare, ma non finisce grillino. A differenza dei grillini, Bisio ha l’innocenza di Chance-Peter Sellers in “Oltre il giardino”: è un uomo senza vanità, non pensa alla sua immagine. E comincia a sbagliare quando inizia a dire io anziché noi. Alla fine si rende conto che essere nuovi non basta: servono le competenze... E si accorge anche che si diventa in fretta come tutti gli altri, perché in politica ogni giorno devi prendere decisioni che ti allontanano dai tuoi ideali».
Nel film non c’è un politico che si salvi: una gara al più cialtrone e corrotto.
«Be’, l’Inferno di Dante è più interessante del Paradiso. Ma Peppino alla fine punta il dito sui telespettatori: quelli che evadono, parcheggiano in doppia fila... Siete così migliori voi a casa? Io non credo che i politici siano tutti come li descrivo, ma quelli così hanno guidato il gioco nel Paese negli ultimi anni, e hanno dato l’impronta. No, non credo che il Pd sia uguale al Pdl, ma l’errore è stato non essere abbastanza diverso».
Ha votato M5S?
«Solo una volta alle amministrative. Stavolta ero tentato, ma non l’ho fatto perché non mi fido. Non mi piace l’autoritarismo di Grillo, né l’arroganza di chi pensa di saper fare tutto meglio degli altri. Come diceva il mio allenatore di calcio: anche gli avversari hanno due gambe e una testa. Quelli che pensano di essere gli unici a saper fare qualcosa, storicamente hanno sempre prodotto solo guai. I sogni di Grillo sono anche i miei, ma i sogni non si sposano con gli insulti e la violenza verbale».
Gli cambierebbe sceneggiatura.
«Mi pare anche assurdo che quelli arrivati per fare trasparenza siano i meno trasparenti di tutti. Non puoi dire “andiamo a Roma per raccontare i segreti delle stanze del potere” e poi non raccontare neanche quello che hai in testa».
E a Bersani che discorso scriverebbe?
«Farei parlare solo Renzi, che ho votato alle primarie. E che non vorrei facesse la fine della pizza fredda, come l’Ulivo che era una bella idea nel ‘96 e arrivò vecchio in tavola dieci anni dopo. Renzi è ancora caldo, ma il suo potere è già diminuito rispetto a 4 mesi fa».