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 2013  aprile 03 Mercoledì calendario

CARLA BRUNI - VIVA LE DONNE


Jeans, pullover, neppure un filo di trucco. Carla Bruni si muove veloce nella stanza, non riesce a stare ferma: si alza per farmi un caffè, poi cerca sotto i divani la sigaretta elettronica che ha perso, e quando finalmente si siede si strofina la lana addosso dicendo che ha sempre freddo. Il corpo è ancora quello filiforme, quasi adolescenziale, della top model che è stata.

Non diresti mai che Giulia – la figlia avuta dal marito ex presidente francese Nicolas Sarkozy – è nata solo un anno e mezzo fa. «Perché ora mi vede magra, fin troppo, forse. Ma durante le gravidanze sono sempre ingrassata moltissimo».
La Bruni autoironica vista sul palco a Sanremo – dove ha cantato Chez Keith et Anita, un omaggio a Keith Richards dei Rolling Stones, alla sua musa Anita Pallenberg e ai tempi andati dell’amore libero, della musica e della marijuana – non era una messinscena, e questa intervista prende subito una piega molto lontana dal cliché di donna fredda e imperscrutabile che la stampa le ha cucito addosso. Siamo qui per parlare del suo quarto disco, Little French Songs – fatto di quella canzone più altre dieci –, ma non c’è traccia del «parlo-solo-della-mia-arte» dietro cui i suoi colleghi spesso si nascondono. Si racconta senza paletti, in tono confidenziale, con il viso a pochi centimetri dal mio.
Non si atteggia a Première dame, anche se ha smesso di esserlo neppure un anno fa. E sembra essere passato ancora meno tempo, ad ascoltare il brusio politico che infuria attorno a Nicolas. Si parlava già di una sua ri-discesa in campo – la popolarità dell’attuale presidente François Hollande, che lo ha sostituito nel maggio 2012, è a picco – quando è scoppiato uno scandalo che potrebbe dissolversi e lasciarlo ancora più forte, oppure mettere fine alla sua carriera pubblica. Sarkozy è sotto indagine dopo che due ex collaboratori della novantenne Liliane Bettencourt, la donna più ricca del mondo, l’hanno accusato di averle estorto una donazione per la campagna presidenziale del 2007. Un’accusa che lui giudica «assurda». E lei – che ha dedicato un brano del disco, Mon Raymond, a un marito descritto come «un cannone» – definisce «impensabile» l’idea «che un uomo come lui possa essersi approfittato della fragilità di una signora che ha l’età di sua madre».

Che effetto fa lasciare l’Eliseo, tornare a essere una semplice cittadina?
«Mi sento più libera, soprattutto nelle interviste. Il ruolo di mio marito imponeva prudenza».
Anche nella musica doveva essere più prudente?
«Direi di no, a parte il fatto che ho scelto di non fare concerti in quel periodo. Per quanto riguarda i contenuti, non sono mai stata molto attenta (ride, ndr). Del resto non mi ispiro a questioni politiche o sociali. Scrivo cose romantiche, al massimo aggiungo un po’ di trasgressione per fare il solletico».
Infatti anche in questo disco emerge il suo passato di donna libera e anticonformista.
«È vero. Ma quella di cui scrivo e canto è un’utopia, la libertà adolescenziale, quella degli anni Settanta, di Chez Keith et Anita. Un’utopia perché la libertà assoluta non esiste: la libertà esiste solo se ci sono limiti da varcare».
Parlando con Vogue Francia si è definita «borghese». Quando pensa di esserlo diventata?
«Non intendevo piccolo borghese, io sono sempre la stessa donna, e ho una formazione artistica. Mi sento borghese nel senso che amo la famiglia, i pranzi con i figli, la routine dei giorni uguali agli altri. Mi piace il matrimonio e l’abitudine all’altra persona che ne deriva, il senso di intimità. Non mi interessa la follia della passione che fa strappare i capelli».
Eppure nella sua vita prima del matrimonio ha vissuto passioni, conosciuto eccessi, frequentato rockstar, l’esatto contrario della tranquillità che descrive. Che cosa l’ha fatta cambiare?
«Gli incontri, il caso. Non rinnego niente del mio passato, gli anni che ho vissuto dai miei venti ai trenta sono stati molto belli, ma anche senza fondamenta, effimeri. Invece dopo ho costruito. La solitudine è bella quando sei giovane, poi diventa brutta. Chi rimane solo non vive bene».
Quello tra lei e suo marito, ha sempre detto, è stato un colpo di fulmine. Sarebbe successo lo stesso se vi foste incontrati qualche anno prima?
«Impossibile: non ci saremmo sopportati. La fortuna è incontrare la persona che ti piace e con cui funziona in quel momento lì».
E come funziona, tra voi, da quando Sarkozy non è più presidente?
«È diverso, certo. All’Eliseo si vivono momenti di grande pressione, stress, paura, senso di responsabilità per il fatto di dover gestire un Paese e la vita di milioni di persone. In quei momenti il fatto di essere in due, forti e innamorati pazzi, è stato un rifugio prezioso. Per me e, credo, anche per lui».
Come sta Nicolas senza politica?
«Meglio, credo. Poi, si vedrà: è difficile che le tigri diventino vegetariane».
Preoccupata, quindi?
«Di vivere con una tigre? Non vorrei che si annoiasse in casa, che si mettesse a girare in tondo come in una gabbia. Non so se una persona può cambiare la propria natura».
Lei sarebbe contenta se lui tornasse in politica?
«La serenità che abbiamo oggi è bellissima. Ma non mi opporrei mai a una decisione di ricandidarsi: per quarant’anni la politica è stata la sua vita».
Però lei dà l’idea di essere una donna che richiede attenzioni. Non le è mai pesato vivere con un uomo ambizioso e così assorbito dal lavoro?
«In realtà credo fosse molto più preso dal lavoro prima, da giovane. Oggi è un uomo molto sentimentale, affettivo, con me e con i bambini (Sarkozy ha altri due figli, Pierre, 27 anni, e Jean, 26, dal primo matrimonio con Marie-Dominique Culioli, e Louis, 15, dalla seconda moglie Cécilia Ciganer-Albéniz; Carla ha avuto Aurélien, 11, dal filosofo Raphaël Enthoven, ndr)».
Come si vive in una famiglia allargata?
«Io sono arrivata dopo il diluvio in casa di Nicolas, dopo i divorzi e la confusione, quindi è stato facile per me, sono stata accolta bene. Diverso, molto più conflittuale, sarebbe stato se lui avesse divorziato per me. Per cui ho un ottimo rapporto con tutti: con i ragazzi, ma anche con le sue ex mogli».
Compresa Cécilia?
«Assolutamente. La famiglia allargata è qualcosa che conosco molto bene (la Bruni ha scoperto a 28 anni di non essere figlia biologica dell’industriale e compositore Alberto Bruni Tedeschi, che l’aveva cresciuta, ma dell’imprenditore Maurizio Remmert, giovane amante della madre Marisa, ndr) e in casa nostra è normale rimanere in buoni rapporti con gli ex: mia madre, per dire, si vede a pranzo con l’ex di mia sorella (l’attore Louis Garrel, che fino a inizio anno era fidanzato con Valeria Bruni Tedeschi, ndr). Io ho sempre mantenuto eccellenti rapporti con gli uomini del mio passato. E con le donne che sono venute prima e dopo di me. Amo le donne, la loro bellezza, la loro forza».
Nessuna gelosia?
«Nessuna. Verso le donne provo sentimenti di sorellanza. O materni: quando vedo una donna bella e molto più giovane, mi ispira benevolenza, come verso una figlia».
L’invidia delle altre però l’avrà sentita.
«Poco, in realtà, perché riguarda la mia immagine pubblica, non quello che sono veramente».
A proposito di immagine: certe sue dichiarazioni passate hanno fatto pensare che lei non si senta più italiana.
«Mi sento italiana, a casa ho sempre parlato italiano, la nostra lingua, con i miei genitori e i miei fratelli (Valeria e Virginio, scomparso a 46 anni per complicazioni legate all’Aids, ndr). Ma vivo in Francia da quando ho cinque anni. Nel disco canto una canzone in italiano, Dolce Francia, che rappresenta proprio questa mia doppia anima».
Perché è andata a Sanremo?
«Perché è l’evento musicale per eccellenza, molto considerato anche qui in Francia. Mi hanno invitato e ho subito detto sì».
Con Luciana Littizzetto avevate fatto le prove?
«Un po’, nel pomeriggio. Luciana, oltre che brillante, è molto gentile. E soprattutto in questo momento, la gente ha tanto bisogno di leggerezza».
Come mai è salita sul palco in tailleur pantalone?
«Ero malvestita?».
No, ma un po’ semplice. Forse troppo.
«Io mi sento più a mio agio con i pantaloni. E poi un vestito molto elegante per me è impegnativo anche piscologicamente, perché è legato alla mia immagine di modella, o a quando mio marito era presidente. Non c’entra niente con la musicista che è salita su quel palco».
Sia sincera: che cosa pensa del nostro Paese?
«Che al di là del momento politico ed economico – che del resto è drammatico ovunque – il nostro è un Paese meraviglioso, per l’arte, per la cultura, ma soprattutto per la gente e la sua umanità. Non so quanti italiani se ne rendano conto».
L’ha sorpresa il boom elettorale del Movimento 5 Stelle?
«La democrazia funziona così. Bisogna cercare di capire, più che dare giudizi».
A proposito di giudizi. La canzone Le pingouin descrive un uomo rozzo e maleducato, e molti ci hanno letto un riferimento a Hollande, che durante il passaggio di consegne ha scortesemente ignorato suo marito.
«Il “pinguino” è il vicino che ti buca le gomme se non parcheggi bene la macchina, quello che ti incontra e dice: “Ti trovo ingrassata”, quello che ti rovina la giornata con le sue piccole cattiverie. Non ci sono riferimenti precisi, è una sottile vendetta che mi sono voluta concedere nei confronti di chi mi ha fatto del male».
Negli anni passati all’Eliseo, i veleni non sono mancati. Che esperienza è stata, per lei?
«Completamente diversa da tutto ciò che ho vissuto prima. Da un certo punto di vista brutale, per la violenza di una campagna elettorale che non ha risparmiato la nostra famiglia. Da un altro punto di vista bellissima, specie per gli incontri che ho potuto fare. Quello con Nelson Mandela, per esempio. Vorrei scrivere un libro, ma per ora mi sono limitata a prendere appunti. Con le rime me la cavo, ma la prosa per me è difficile».
Potrebbe farsi aiutare dal suo amico Michel Houellebecq: le ha già scritto il testo di una canzone, no?
«Vive isolato in Irlanda, non risponde al telefono, solo per vederci e metterci d’accordo su quel testo mi ha fatto impazzire, figurarsi se dovessimo lavorare insieme a un intero libro. Eravamo nel mio salotto ad ascoltare la canzone e lui a un certo punto fa: “Che sofferenza pensare a tutti i giovani che si baceranno su questa musica e non saremo noi, non potremo più essere noi”. E io: “È vero, Michel, ma che cosa ci possiamo fare?”».
Ha paura della vecchiaia?
«Abbastanza. È triste. La vedo sul viso, sul corpo. Il collo e le spalle mi danno particolarmente fastidio».
Una figlia piccola non aiuta a sentirsi giovane?
«I figli portano gioia. Me li godo, passo molto tempo con loro. Mi piace l’idea della famiglia, più ancora che della 
coppia. Se non li avessi fatti con la mia pancia, li avrei adottati».
Già da giovane sognava di sposarsi e diventare madre?
«No, in generale non riesco a immaginare la vita in prospettiva. E poi la famiglia dipende molto dal legame che hai con il tuo uomo. Nicolas è il primo a cui mi sento così unita, una cosa sola».
La bambina è stata cercata?
«Molto, ma non sapevo se sarei stata all’altezza: non ho un istinto materno innato, e infatti i figli non li ho fatti presto. Il primo periodo dopo la nascita di Aurélien è stato sconvolgente: cambia tutto di te, ogni cosa ti sfugge, non puoi più controllare niente. Ma alla fine capisci che è uno sconvolgimento meraviglioso. Con Giulia è andata meglio perché, la seconda volta, smitizzi il neonato, sai che se piange non è grave».
È una mamma ansiosa?
«Ansiosissima. L’idea che debba lasciarli per andare in tournée in autunno mi fa già stare male. Ma, chissà perché, ci si preoccupa meno per le femmine. Come se i maschi fossero più fragili».
Lo sono?
«Penso di sì. Anche gli uomini come mio marito, così virili, all’apparenza fortissimi, in realtà sono molto fragili: non devono mostrare cedimenti all’esterno e non frequentano abitualmente le loro debolezze, per cui, quando arrivano, ne vengono sommersi».
Lei si ritiene una donna forte?
«Molto sensibile, ma non fragile».
Se in casa c’è un problema chi lo affronta meglio?
«Siamo in due, e ci scambiamo i posti. Gli uomini di oggi sono più femminili, e questo è bello perché nel rapporto c’è più movimento, più dialogo. Quelli della generazione di mio padre non dicevano una parola».
Pensa mai che tra lei e suo marito potrebbe finire?
«Mi sono sposata molto tardi, e l’ho presa come una cosa seria: non riesco a immaginarmi separata, e nemmeno con un altro uomo. Vorrei che durasse fino alla morte. Detto questo, un legame tiene solo se sei consapevole di potertene disfare in qualunque momento. Se dimentichi l’eventualità del fallimento, dimentichi l’essenziale».