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 2013  aprile 03 Mercoledì calendario

BAMBINI SCHIAVI, UNA PIAGA APERTA

Fatima ha smesso di piangere al tramonto del Giovedì Santo. Nell’ospedale di Agadir l’ave­vano portata che sembrava un tiz­zone. Era una piccola cameriera, Fatima, come almeno altre 60mila bambine marocchine. I suoi ’pa­droni’, un poliziotto e una inse­gnante che l’avevano comprata an­ni prima per pochi dinari, l’hanno torturata per ore con la brace viva. Era successo altre volte, ma la set­timana scorsa la schiava bambina è morta. «Non faceva bene il suo la­voro », hanno provato a spiegare i due aguzzini. Nei giorni preceden­ti altre piccole schiave comprate nei villaggi più poveri avevano fatto la stessa fine.
Il fatturato annuo del traffico degli esseri umani è stimato in 10 miliar­di di dollari. Donne e bambini so­no la merce più scambiata nei ba­zar delle vite a perdere. «La tratta delle persone – ha ammonito papa Francesco il giorno di Pasqua – è proprio la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo».
Secondo le Nazioni Unite ogni an­no nel mondo 1,2 milioni di bam­bini sono trafficati e sfruttati. E l’U­nicef denuncia come annualmen­te oltre mezzo milione di giovani donne vengano deportate in Euro­pa occidentale per essere sfruttate nel mercato del sesso a pagamen­to.
«La tratta degli esseri umani richie­de una risposta forte, fondata sulla assistenza e la protezione delle vit­time, l’applicazione rigorosa delle norme della giustizia penale, insie­me a una regolamentazione delle politiche migratorie e del mercato del lavoro», sostiene Yury Fedotov, vicesegretario generale dell’Onu e direttore esecutivo dell’Undoc, l’a­genzia contro la criminalità e il traf­fico di droga. L’allarme è confermato dal ’Rap­porto Globale sulla tratta delle per­sone 2012’, recentemente ultima­to dall’Ufficio Onu di Vienna. Il dos­sier indica una riduzione comples­siva dell’età media delle vittime, re­gistrando un aumento del traffico di minori, finalizzato al lavoro forza­to e alle più bieche forme di sfrut­tamento, come l’accattonaggio e l’imprigionamento nei locali per pedofili. Due terzi di tutti i mino­renni schiavizzati sono bambine avviate allo sfruttamento sessuale. La stragrande maggioranza delle persone rivendute dai moderni ne­grieri sono donne, che rappresen­tano dal 55 al 60 per cento delle schiave rilevate a livello globale. Tut­tavia, la percentuale totale di don­ne adulte e ragazze minorenni rag­giunge in alcune aree (come i Pae­si Arabi e il sudest asiatico) il 75 per cento del totale.
Ogni ora in India undici bambini vengono inghiottiti dai trafficanti di piccoli schiavi. ’Venduti’ a ricche famiglie per farne domestici, ope­rai in fabbriche e laboratori artigia­ni, oppure ceduti alle organizza­zioni che gestiscono l’accattonag­gio e la prostituzione. E cresce, in tutto il mondo, il traffico di esseri umani finalizzato all’espianto di or­gani. Come ha scoperto l’estate scorsa il Salvation Army, l’organiz­zazione di beneficenza che assiste, sotto incarico del ministero della Giustizia di Londra, gli adulti finiti nella rete del commercio di perso­ne. L’Esercito della salvezza aveva individuato una ragazza fatta arri­vare illegalmente nel Regno Unito per espiantarle gli organi e vender­li poi al mercato nero. Il primo ca­so del genere scoperto in Gran Bre­tagna.
«Tra le forme di sfruttamento, il la­voro forzato è quello in più rapido aumento – si legge nel rapporto –. Rispetto al 18% registrato nel pe­riodo 2003-2006, i casi di tratta a fi­ni dello sfruttamento produttivo so­no raddoppiati nel periodo 2007-2010, fino a raggiungere il 36%».
All’interno di questo quadro, ci so­no significative variazioni regiona­li. Mentre la quota dei bambini vit­time accertate è il 68 per cento in A­frica e nel Medio Oriente, e il 39 per cento in Asia del Sud, Asia orienta­le e Pacifico, la proporzione dimi­nuisce al 27 per cento nelle Ameri­che e al 16 per cento in Europa cen­trale.
Quasi metà dei casi di traffico ac­certati a livello mondiale si verifi­cano all’interno della stessa regio­ne. Oltre il 75% dei flussi sono «a percorso breve o medio». Questo perché il ’commercio’ risulta più facile e meno rischioso per i traffi­canti, che sulle brevi distanze man­tengono un maggior controllo del loro ’mercato’.
A volte le vie dell’esportazione ille­gale di esseri umani conoscono per­corsi inconsueti. L’anno scorso è stato scoperto un tunnel lungo 700 metri scavato a sei metri di profon­dità e dotato di un binario per un piccolo vagone con il quale i con­trabbandieri trasportavano sigaret­te, merci e persone dall’Ucraina al­l’Unione europea attraverso il con­fine con la Slovacchia. L’ingresso della galleria in territorio slovacco si trovava in un edificio destinato a uffici, quello in Ucraina era in un appartamento privato nella città di Uzhgorod.
Nelle oltre cento pagine di rappor­to Onu, viene raccontato un mon­do che i trafficanti cercano di na­scondere con ogni mezzo. Emerge che dietro quasi ogni prodotto che acquistiamo, dal cibo all’abbiglia­mento all’elettronica, si nasconde lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, del forte sul debole. E un consu­matore medio, che disponga di un computer laptop, una bicicletta, un paio di scarpe a buon prezzo, ha buone probabilità di aver involon­tariamente contribuito a mettere in catene centinaia di schiavi.
Tra le democrazie in via di svilup­po, l’India è il caso peggiore. Se­condo uno studio indipendente condotto sulle denunce di spari­zione di minori, dal 2008 al 2010 (ul­timi dati disponibili), sono spariti 117.480 bambini, la maggior parte a Mumbai, Calcutta e New Delhi. Ma queste cifre si riferiscono esclu­sivamente ai ragazzini rapiti e per i quali le famiglie hanno presentato esposto alla polizia. Sfugge invece a qualsiasi stima il numero di quan­ti vengono messi in vendita dai ge­nitori. L’incremento del benessere nel ceto urbano ha infatti aumen­tato la richiesta di ’piccoli schiavi’ per lavori domestici. Il fenomeno è particolarmente acuto nella capi­tale indiana, dove nel 2011 si sono perse le tracce di 1.442 minorenni. Una buona notizia, però c’è: ri­spetto al Rapporto Globale 2009 è stato notato un aumento del nu­mero degli Stati che infliggono con­danne ai trafficanti di uomini. Tra il 2003 e il 2006, circa il 40% dei Pae­si non aveva mai istruito un pro­cesso, ora questo numero si è ri­dotto al 16 per cento.